
L’estate sta finendo, è tempo di bilanci. L’estate 2015 la possiamo ricordare come l’estate degli “attacchi”. Alla nostra cultura, alla nostra identità, al nostro buonsenso. A cominciare dall’incessante afflusso di migranti disperati alle frontiere, provenienti soprattutto da quel mare in cui ci siamo bagnati per trovare ristoro dall’afa infernale di luglio.
Guardando la linea dell’orizzonte chi, almeno per un momento non ha immaginato di intravedere un barcone della speranza? Chi invece, ad agosto, ha posto come meta Roma Città eterna, ha partecipato, suo malgrado, alle vicende di corruzione e di malaffare capitoline, immancabile coronamento in stile «nostrum» – nel tipico italico moderno – ad un passato glorioso e gaudente.
Quanti invece hanno scelto la vacanza d’arte non potevano non sentirsi offesi dai disagi provocati dagli scioperi nostrani, lasciati fuori dalla visita al museo o al sito perché il giorno o l’ora non erano quelli giusti o rimasti a terra in aeroporto per volo soppresso causa incendio.
Per non parlare delle immagini, vere o presunte, che i media ci hanno restituito sulle distruzioni di siti patrimonio mondiale dell’umanità – e, con essi, l’uccisione dei loro custodi estimatori – per mano assassina dei fondamentalisti religiosi. La sensazione somiglia sempre più ad “attacchi” provenienti da ogni fronte, che non abbiamo provocato, ma ne subiamo le conseguenze, che non viviamo in prima persona, ma che in qualche modo ci appartengono.
Ci ricordano la finitezza dell’uomo che, da buoni cristiani, abbiamo il dovere di non dimenticare, per poter meglio affrontare quelle sfide con tutto ciò che da noi è diverso.
Catia Carducci