Lo scorso 11 gennaio si è insediato il Consiglio delle donne di Macerata (vedi a fondo pagina il servizio di èTv Macerata a cura di Tiziana Tiberi). Tra le aventi diritto a comporre questa assise, Ninfa Contigiani è stata eletta come nuova presidente, mentre la vice presidenza è andata a Cristina Monachesi. Per comprendere meglio le finalità di quella che, nelle parole della presidente, si porrà come una «commissione operativa e tematica» non soltanto in favore dell’universo femminile ma anche in unione con i colleghi uomini, la stessa Contigiani illustra nel dettaglio le funzioni del Consiglio e commenta per Emmausonline i recenti fatti di cronaca.

Ninfa Contigiani - Foto Comune di Macerata
Ninfa Contigiani – Foto Comune di Macerata

Presidente Contigiani, da chi è composto il Consiglio delle donne di Macerata?
Lo statuto del Comune prevede l’esistenza di quest’organismo che ha subito, nell’arco nella vecchia amministrazione, diversi cambiamenti nella forma e nelle sue presenze. Ad oggi, è composto da due tipi di rappresentanze: la prima formata dalle donne elette nel Consiglio comunale, sia della maggioranza che delle opposizioni, l’altra, invece, fa riferimento a quelle Associazioni, agli Enti e alle realtà sociali interessanti e interessate alle questioni femminili. Come in tutti gli organismi plurali, c’è bisogno di una figura che in qualche modo funga da coordinatore ed questo il compito che le colleghe hanno deciso di darmi e che ho accettato con piacere.

Quali sono i primi obiettivi della vostra agenda?
Il primo è quello di partecipare alla vita amministrativa quasi alla pari di una commissione consiliare. Il Coniglio delle donne, infatti, funge quasi da organo tematico, o almeno noi vorremmo fosse così, ovvero una commissione che si dedica a guardare ogni problematica dal punto di vista femminile. Ciò significa voler incidere sulle scelte del bilancio, dei servizi ed anche mettere in campo delle proposte ex novo. In secondo luogo, il Consiglio è un organismo che, proprio perché composto da tanti profili professionali e personali diversi, porta con sé una grande pluralità che consentirà di poter svolgere un ottimo lavoro culturale e sociale.

Sono state già individuate alcune esigenze delle donne maceratesi?
Le esigenze concrete che riguardano le donne sono spesso legate alla possibilità di accesso ai veri servizi che, ad esempio, devono essere strutturati con orari più flessibili o con una modalità che consenta loro di non fare i conti con troppe complicazioni. Banalmente, per quanto poi non lo sia nella sostanza, le donne hanno anche bisogno di vivere in una città che abbia una viabilità più semplice e che le agevoli nel trasporto dei bambini con i passeggini. È evidente, poi, il loro bisogno di essere più ascoltate, di volta in volta su questioni particolari, senza che sia lasciata cadere nel vuoto ogni richiesta avanzata. Inoltre, le donne hanno bisogno di individuare una modalità efficace per esprimere la loro partecipazione rispetto a una dinamica finora dominante e impeditiva.

Rispetto all’accesso alla politica e alle cariche pubbliche, che giudizio può dare alla situazione attuale?
Sono stata una gran sostenitrice della preferenza di genere, una legge che in quest’ultima tornata amministrativa ha mostrato di poter funzionare, rispondendo alle esigenze di partecipazione delle donne senza porle in conflitto con chi già presente in politica. Nell’attuale Consiglio siamo finalmente presenti in un numero rispettoso e rappresentativo di quella che è la realtà sociale, cioè sostanzialmente il 50% della popolazione. Credo che siano due le cause principali della scarsa, ma sempre più in crescita, partecipazione delle donne alla politica e alla vita civile: oltre alle difficoltà concrete proprie della quotidianità di ogni donna, ci sono anche una storica assenza delle donne dalla vita pubblica stabilita per legge che ha comportato la loro estraneità culturale ed emozionale. Tuttavia, le donne ambiscono al potere non in modo autoreferenziale, ma per realizzare qualcosa che sia tangibile.

Le violenze di genere sono purtroppo ancora di attualità. Il Consiglio delle donne come pensa di intervenire in tal senso?
Intanto, la nostra idea è che una qualsiasi attività da mettere in campo dovrà essere ottenuta relazionandosi con gli uomini. Successivamente, rispetto al tema della violenza di genere, dobbiamo sfatare il mito dei «panni sporchi da lavare in casa”. Di conseguenza, ciò che il Consiglio potrà fare è lavorare sostenendo i servizi dedicati, e sul fronte culturale e su quello della comunicazione per affermare come la violenza sia un problema sociale, dove le donne sono vittime, ma, allo stesso tempo, dalla condizione di vittime debbono poter uscire; un crimine subito non può essere un marchio con cui fare i conti per tutta la vita. Gli autori di violenze devono invece essere resi capaci di mettersi di fronte a tale problema e riprendere in mano se stessi. Agli uomini non coinvolti chiediamo di essere al nostro fianco e di intervenire qualora si presenti una situazione di violenza. È importante non lasciar correre, non volgere lo sguardo dall’altra parte, perché è dai piccoli interventi quotidiani che si riesce a migliorare la qualità della vita di una società intera. Un aspetto rilevante riguarda, inoltre, il pensiero che tutto possa essere risolto con una denuncia: si tratta di un passaggio importante, ma le vittime devono essere prima ascoltate, credute ed essere messe nella condizione di cercare, insieme agli operatori del settore, la migliore via per superare il trauma subito. In questo senso, quello che il Consiglio potrà fare è favorire spazi di discussione e di consapevolezza, con le donne, per le donne, ma soprattutto insieme agli uomini.

Qual è il suo commento sui recenti fatti di Colonia?
Le violenze compiute a Colonia evidenziano un vasto problema che non va negato né tantomeno strumentalizzato. Si tratta del rapporto della nostra cultura con altre ancora palesemente maschiliste o misogene, che non rispettano la donna come persona. Questo per noi è un valore su cui non si transige. È un tema che va affrontato senza fare sconti e i colpevoli vanno assolutamente individuati e puniti. Allo stesso tempo, non bisogna generalizzare e creare una grande categoria di nemici composta da tutti gli stranieri, arabi o musulmani, rappresentati come voraci divoratori delle “nostre” donne. Oltre che un’espressione inadeguata, l’immagine delle”nostre donne” non aiuta a trovare la soluzione di questo fenomeno e non può tranquillizzare la coscienza degli occidentali. Questo non vuol dire parlare d’altro ma trattare ogni cosa per ciò che realmente rappresenta. Altri numeri dimostrano, infatti, come la violenza sulle donne accada troppo spesso sotto altre forme nel nostro contesto culturale, in aperta contraddizione con i principi e i valori che dichiariamo.

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