«I migranti sono nostri fratelli e sorelle che cercano una vita migliore lontano dalla povertà, dalla fame, dallo sfruttamento e dall’ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, che equamente dovrebbero essere divise tra tutti. Non è forse desiderio di ciascuno quello di migliorare le proprie condizioni di vita e ottenere un onesto e legittimo benessere da condividere con i propri cari?». Ci interpella, papa Francesco nel Messaggio (consulta qui sotto il testo integrale) diffuso in occasione della 102esima Giornata mondiale per il Migrante e il Rifugiato, che la Chiesa celebra domani, domenica 17 gennaio.

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Papa Francesco a Lampedusa, nel luglio 2013

Nello scenario odierno, sono 27 mila i migranti accolti oggi nelle parrocchie, nelle comunità religiose, nei monasteri e santuari di tutta Italia. Al momento dell’appello del Pontefice, il 6 settembre scorso, erano quasi 23 mila, da allora è aumentata molto la disponibilità delle parrocchie all’accoglienza: si stima da mille a 5mila. Sono i numeri forniti da monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes. Numeri e volti, che segnano la misura di un’attualità tormentata, ma anche “accarezzata” dalla solidarietà fondata su quella misericordia a cui il Papa ci invita a guardare in quest’Anno giubilare.

«Soprattutto laddove i comuni sono stati latitanti – ha precisato – è cresciuto l’impegno dell’accoglienza ecclesiale». Monsignor Perego, inoltre, ha annunciato l’intenzione della Chiesa italiana di «compiere una rilevazione completa ad un anno dall’appello del Papa». Migrantes ha rinnovato, dunque, le sue 10 proposte per l’accoglienza e l’inclusione sociale dei migranti, tra cui l’apertura di canali di ingresso regolari e procedure di identificazione e di ricollocamento, «che tengano conto del rispetto della dignità umana e dei diritti umani». «In questo senso – ha sottolineato ancora il direttore – preoccupa la politica europea della creazione di hotspots, di fatto centri chiusi che somigliano più a dei Cie che a Centri di accoglienza».

Il momento più importante, tra le celebrazioni della Giornata che si stanno organizzando in tutte le Diocesi (attraverso incontri, eventi e conferenze) sarà domani a San Pietro: oltre 6mila i migranti e rifugiati (di 30 nazionalità) provenienti dalle diocesi del Lazio, tra cui 200 richiedenti asilo del Cara di Castelnuovo di Porto (Roma), parteciperanno all’Angelus del Papa, attraverseranno la Porta Santa con la Croce di Lampedusa e poi celebreranno la Messa a San Pietro presieduta dal card. Antonio Maria Vegliò (leggi Qui l’approfondimento), presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti gli itineranti.

Anche la Diocesi di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia non manca di celebrare la Giornata mondiale per il Migrante e il Rifugiato. Un appuntamento da sempre sentito nella nostra Chiesa locale, dove l’immigrazione e l’accoglienza rappresentano una priorità ormai quotidiana. Ne parliamo con don Alberto Forconi, direttore dell’Ufficio diocesano Migrantes, e “anima” delle iniziative in programma per il 17 gennaio.

Iniziamo dal tema, don Alberto. «Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo e della Misericordia»: che cosa vuole comunicarci papa Francesco con questo tema scelto per il 2016?

C’è un messaggio dettagliato nel testo che il Papa ha mandato a tutta la Chiesa e sul quale, appunto, occorre riflettere in maniera lucida e approfondita, considerando la situazione “nuova” in cui si trova il mondo intero e che non riguarda solamente la Chiesa. Nessuno, quindi, può fingere di non sentirsi interpellato da questo tema, e dalle nuove forme di schiavitù gestite da organizzazioni criminali che vendono e comprano uomini, donne e bambini come lavoratori da sfruttare nell’edilizia, nell’agricoltura, nella pesca e in altri ambiti di mercato. Non dimentichiamo, poi, che questi minori sono tutt’oggi costretti ad arruolarsi nelle milizie che li trasformano in bambini-soldato, così come non possiamo far finta di nulla di fronte alle centinaia di persone vittime del traffico d’organi, della mendicità forzata, dello sfruttamento sessuale. È da questi crimini aberranti che fuggono i profughi del nostro tempo, i quali interpellano la Chiesa e la comunità intera, affinché anche essi, nella mano tesa di chi li accoglie, possano vedere il volto del Padre misericordioso.

Un impegno ancora più “esigente” in questo Anno Santo…
Noi cristiani cattolici, in primo luogo, siamo chiamati a vivere il Giubileo e a viverlo da protagonisti, secondo un atteggiamento dettato dalla misericordia.

I profughi del nostro tempo interpellano la Chiesa e la comunità intera, affinché anche essi, nella mano tesa di chi li accoglie, possano vedere il volto del Padre misericordioso

«Come fare in modo che l’integrazione diventi vicendevole arricchimento, apra positivi percorsi alle comunità e prevenga il rischio della discriminazione, del razzismo, del nazionalismo estremo o della xenofobia?»: il Messaggio di Francesco ci interpella in modo chiaro. Quali sono le risposte?
È necessario un lavoro estremamente profondo, serio e dettagliato delle comunità parrocchiali, delle Diocesi, dei gruppi, delle associazioni, dei movimenti perchè, purtroppo, anche nella nostra Chiesa italiana, e maceratese, troviamo spesso queste chiusure, anche da parte di persone credenti che vivono il contesto ecclesiale. Questo è un grave e serio problema da affrontare, lungi da ogni “presunzione” cristiana: andare a messa la domenica è importante, ma è necessario anche aprirsi all’altro, al diverso. Anche tra noi fedeli non smettiamo allora di compiere e accrescere questo enorme, fatico lavoro di sensibilizzazione verso l’accoglienza.

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Un momento della Giornata del Migrante e del Rifugiato celebrata negli anni scorsi a Macerata

Facendo riferimento alla città di Macerata, il 2015 si è chiuso con una cronaca costellata, spesso, da notizie importanti sul fronte dell’integrazione: quale fotografia emerge dalla situazione nel nostro territorio?
Il Centro di ascolto della Caritas diocesana sta facendo moltissimo e ogni giorno ci si trova con nuove persone che arrivano, con situazioni da affrontare in emergenza. Anche io, in parrocchia (a Santa Croce, a Macerata, ndr) ho avuto la presenza di sessanta immigrati che sono venuti ad ondate diverse dal Pakistan o da altre zone, e si è cercato in qualche maniera di dare loro un rifugio nel vero senso della parola: quindi, una stanza dove non ci sono né letti, né brande o materassi, ma dove almeno ci si può riparare dal freddo e dalla pioggia. Qualcosa è stato fatto ma è pochissimo: possiamo migliorare, e molto. Le parrocchie stanno cercando di rispondere alle richieste di accoglienza, ma c’è un’infinità di problemi da affrontare sotto il profilo logistico. Il bene non lo si può fare da soli, tanto più quando si tratta di accogliere chi ha bisogno di aiuto. Nemmeno la comunità parrocchiale, singolarmente, può superare le difficoltà, ma nella condivisione, insieme, prima di tutto con la Caritas, con le Unità Pastorali e con le associazioni, si possono certamente ottenere dei risultati concreti.

Il bene non lo si può fare da soli, tanto più quando si tratta di accogliere chi ha bisogno di aiuto

Fare comunità viva e rendere l’integrazione un bene condiviso: nella Civitas Mariae questo invito si trasforma, domani 17 gennaio, in un appuntamento ormai consolidato. Come si festeggerà la Giornata del Migrante in Diocesi?
Anzitutto, domenica scorsa siamo stati in piazza della Libertà con le bandiere perchè il nostro patrono, san Giuliano Ospitaliere, fa rima con “bandiere”, appunto, ed è stato bello vedere la piazza gremita con al centro questo carosello di colori, a ricordarci come il mondo stesso sia “variopinto” e ricco di tante nazionalità, di usi e costumi diversi, e di tradizioni uniche. Poi, si è svolto un incorro ai Salesiani con delle testimonianze da parte degli immigrati. Domani, invece, nella giornata “clou”, ci sarà il pellegrinaggio delle comunità di stranieri, provenienti specialmente dall’India, della Nigeria e del Perù che, dai Cancelli, raggiungeranno la Porta Santa della basilica della Madonna della Misericordia. Alle 12 il vescovo Nazzareno Marconi presiederà la Celebrazione con i canti e con le altre tradizioni tipiche di questi nostri fratelli. Quindi, alle 13.30, all’Istituto salesiano ci si ritroverà per condividere il pranzo con i piatti internazionali disponibili per tutti. Nonostante le notizie angoscianti che ogni giorno ascoltiamo in fatto di migrazioni e sbarchi, cercheremo di vivere un po’ di festa, nel segno del folklore e della fraternità.

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Fraternità e folklore “colorano" l'accoglienza in Diocesi
Fraternità e folklore “colorano” l’accoglienza in Diocesi

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