«Mi piace molto questo Papa!». Un’affermazione ripetuta più volte che non è sembrata una piaggeria verso chi ha ospitato l’incontro, il Circolo Acli «Luigi Rocchi» di Tolentino. Del tutto sincero Mario Capanna nel riconoscere nella figura di papa Francesco, un riferimento anche di chi non crede. Anzi, è stata l’unica citazione di persone dell’oggi, con un certo senso di smarrimento perché è l’unico «che dice alcune cose sull’economia, sull’accoglienza, sulla solidarietà…». Dell’oggi in cui Capanna ha cercato di individuare spazi e possibilità di rendere attuale il fondo di ideali che lo portarono ad essere il principale protagonista del ’68 italiano.
«Io e te come ci possiamo attrezzare per fermare la situazione, come possiamo aggregare altri?», la domanda rilanciata, pur nella presentazione di una realtà attuale negativa e di prospettive future molto oscure. Orgoglioso della rotta che ha cercato sempre di mantenere, «non una coerenza stupida». Capanna, infatti, non ha fatto quel salto «dagli hippies agli yuppies» di molti esponenti del ’68, evidenziato da uno degli interventi della serata più interessanti fatto da chi allora era dirigente d’azienda. Vorrebbe che i giovani d’oggi fossero spinti dagli stessi ideali anche oggi, per questo vuole raccontare loro quel periodo e ci ha scritto un libro: «Lettera a mio figlio sul Sessantotto».