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L’opera di mons. Raniero Sarnari a 100 anni dalla morte

I due Pastori che in spirito di servizio guidarono la diocesi di Macerata e Tolentino durante il Primo Conflitto Mondiale furono prima mons. Raniero Sarnari e dal 1917 mons. Romolo Molaroni. Operarono in un periodo di grande sofferenza per la Chiesa a causa dello scandalo imbarazzante provocato dalla lotta fratricida tra popoli cristiani, figli dello stesso Padre, invocato da ciascun fronte a testimone e a sostegno della propria vittoria.

Per papa Francesco, che all’Angelus del 27 luglio 2014 ricordava il centenario dello scoppio dell’”inutile strage”, non si dovrebbe parlare di celebrazione, ma di memoria da vivere come lutto. Quello fu un periodo di profondo travaglio anche per la Chiesa italiana bersagliata dagli ambienti dell’anticlericalismo più acceso e dalla stampa ostile alla religione, ma soprattutto divisa tra posizioni neutraliste ed interventiste, tra il richiamo evangelico alla pace e le aspirazioni patriottiche di un popolo che bramava completare l’unità della nazione.

Fu messa a dura prova la coscienza dei credenti e rimasero inascoltati gli accorati appelli alla pace di Benedetto XV, affinché i governanti ponessero fine allo spettacolo straziante di un’Europa cristiana divisa e lacerata dalle armi: fu una vox clamantis in deserto, nel deserto della follia umana per le armi e dell’egoismo nazionalista.

Monsignor Raniero Sarnari
Monsignor Raniero Sarnari

Proprio nel pieno del conflitto, cioè un secolo fa, nella notte del 24 gennaio, si spegneva a Macerata il vescovo Raniero Sarnari. Nei confronti della guerra egli aveva mantenuto una posizione conforme alle direttive del Santo Padre, ma non si sottrasse al doveri di un pastore attento e vigile nel momento in cui l’Italia fece la dolorosa scelta di imbracciare le armi. Allo scoppio del Grande Conflitto, il vescovo fece pubblicare, il 6 agosto 1914, una notificazione in cui, dopo aver sottolineato il momento drammatico che stava vivendo l’Europa, invitava clero e fedeli a chiedere perdono a Dio, parce Domine, parce populo tuo, e a elevare le speciali preghiere tempore belli, supplicando l’intercessione di Maria Santissima della Misericordia e della Beata Vergine della Tempesta venerata a Tolentino.

Si attivò subito perché fossero predisposte iniziative per assistere gli emigranti che rientravano in Italia cacciati «dal turbine della guerra». Per la Quaresima del 1915 rinunciò a scrivere una lettera pastorale e propose ai parroci e ai fedeli di riflettere sugli insegnamenti contenuti nell’enciclica di Benedetto XV Ad Beatissimi Apostolorum Principis, definendola “ammirabile” perché “essa contiene l’Evangelo di Gesù Cristo applicato ai bisogni dei nostri tempi. Come il nostro amatissimo Pontefice, così avrebbe parlato l’Apostolo delle Genti, così avrebbero predicato gli altri Apostoli, se fossero vissuti ai nostri giorni”.

Mons. Sarnari non tralasciò di aggiungere, però, alcune sue considerazioni sulle “cause del presente sfacelo”, riconducibili prevalentemente alla mancanza di amore fraterno, all’ingiustizia nei rapporti tra le classi sociali, al rifiuto dell’autorità costituita ed infine al materialismo dilagante. Terminava la sua nota con una sferzata all’ambiente maceratese che, incurante delle minacce divine, non sembrava dimostrare un sincero pentimento, visto il moltiplicarsi delle feste e dei divertimenti, aggiungendo l’invito a rivolgersi al Sacro Cuore di Gesù in onore del quale era stata dedicata nel 1913 la nuova chiesa nel Borgo Cairoli.

Con l’entrata in guerra, i vescovi italiani, indipendentemente dalle posizioni personali, in spirito di obbedienza all’autorità costituita si adeguarono alle supreme decisioni e furono pronti ad assumere le proprie responsabilità di pastori, disponibili alla collaborazione e solleciti a promuovere opere assistenziali connesse allo stato di belligeranza. Il 30 maggio 1915, Sarnari fece sentire la sua parola di vescovo e di padre per incitare gli animi alla fiducia e alla speranza, ricevendo l’encomio delle autorità civili.

In quell’ultima domenica di maggio, nella cattedrale di S. Giuliano indisse una solenne funzione religiosa per la vittoria italiana e benedisse in modo speciale i soldati in partenza per il fronte, sui quali invocò la protezione della Madonna della Misericordia. Nella sua esortazione dai toni patriottici ricordava che solo Dio, Padre sollecito e pronto ad ascoltare le preghiere di chi Lo invoca, avrebbe potuto dare forza e coraggio per affrontare la dura prova e che, attraverso una fede salda, si poteva sperare nella vittoria.

Manifestò anche il suo compiacimento per la partecipazione devota e filiale alle funzioni mariane in tutte le chiese e cappelle della Diocesi, in particolare nel santuario della Madonna della Misericordia, dove numerosi accorrevano i soldati per ricevere la medaglia benedetta e «portarla con sé quali novelli crociati nei campi di battaglia». Spronò i sacerdoti a essere zelanti, instancabili, attenti ai bisognosi e pronti anche al sacrificio per amore della patria, per smentire così quanti ingiustamente li additavano come nemici e disfattisti.

Infine, da pastore illuminato, non tralasciò di richiamare le coscienze a comportamenti cristiani, ricordando che «amici o nemici, a qualunque nazione appartengono, sono tutti nostri fratelli e figli dello stesso Padre che abita nei Cieli, e che perciò pur in tempo di guerra, è necessario rifuggire da certi atti di ferocia brutale, che sono la violazione di ogni diritto divino ed umano».

Proprio in merito alle accuse di disfattismo rivolte alla Chiesa, nel giugno del 1915 riunì in assemblea tutto il clero della diocesi, il quale approvò un ordine del giorno, reso pubblico sulla stampa e inviato alle autorità, per rigettare energicamente le sfacciate insinuazioni e riaffermare «il non mai smentito ossequio alle autorità costituite e il suo schietto e ardente amore per l’Italia». In spirito di collaborazione, mons. Sarnari mise subito a disposizione delle autorità i locali del seminario vescovile da adibirsi a secondo ospedale militare e il gesto nobilissimo fu molto apprezzato dal Sindaco che lo ringraziò a nome di tutta la città.

Uno dei suoi ultimi atti fu l’invito rivolto ai parroci di far comprendere al popolo, soprattutto ai benestanti, la necessità di aderire al Prestito nazionale, la cui sottoscrizione, affermava, «è un dovere di carità e di giustizia verso la patria. Questo dovere s’impone ugualmente tanto a chi credeva opportuna o necessaria la guerra, come a chi pensava il contrario: poiché essendo ordinata da chi ha la responsabilità del potere e dipendendo dall’esito della medesima le sorti della patria e di tutti i suoi figli, chi si rifiuta di provvedere i mezzi necessari a farla terminare presto e vittoriosamente, viene meno alla patria in un momento di suprema gravità e va considerato quasi come un disertore civile». La nota fu pubblicata nel settimanale “Il Cittadino” il 22 gennaio 1916 e, qualche giorno dopo, le sue condizioni di salute peggiorarono fino al trapasso avvenuto nella notte del 24, quando ancora era lontana l’alba della pace.

Mons. Raniero Sarnari era nato a Macerata il 4 giugno 1845, era stato eletto vescovo di Ripatransone nel 1900; fu trasferito nella diocesi di Macerata e Tolentino il 9 giugno 1902, dove rimase fino alla morte, dopo aver rinunciato alla sede arcivescovile di Ancona. Nella cattedrale di S. Giuliano viene ricordato con una lapide posta nella navata di destra dietro le canne dell’organo.

Stemma episcopale di Monsignor Raniero Sarnari – Foto Archivio storico diocesi di Macerata

Fonti:
Archivio storico diocesi di Macerata.
“Il Cittadino”, 1913-1916.
Gentili O., Macerata Sacra, Roma, 1967.
Bruti Liberati L., Il Clero italiano nella Grande Guerra, Roma, 1982.
“I cattolici italiani nel Primo Conflitto Mondiale”
, “Humanitas” n. 6, 2008.
Bignami B., La Chiesa in trincea. I preti nella Grande Guerra, Roma, 2014.

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