Più si fa ricerca, più si cresce, più si aggancia la tanto invocata ripresa. L’Italia insegna, al contrario però: il nostro è tra i Paesi dell’Unione Europea e del G20 a spendere meno in Ricerca e Sviluppo, con un investimento nel 2013 pari all’1,26% del Prodotto Interno Lordo. Siamo al di sotto del Portogallo (1,37%), dell’Ungheria (1,41%) e della Repubblica Ceca (1,92%), oltre un punto in meno rispetto alla media europea (2,36%) e quasi due punti sotto il limite ideale del 3%, fissato da Bruxelles tra i suoi cinque obiettivi previsti dalla strategia europea 2020.
I dati sui finanziamenti in ricerca e sviluppo in percentuale sul PIL collocano l’Italia agli ultimi posti tra i paesi Oecd (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico). Il Sistema universitario Italiano è da anni sottofinanziato e il fondo di finanziamento ordinario alle università è in continua discesa dal 2009 a oggi. I fondi per la ricerca di base italiana, distribuiti, secondo un criterio competitivo, ai progetti scientifici giudicati più validi, sono dieci volte di meno di quelli della Francia.
L’Europa chiede attualmente ai governi di rispettare i limiti sul bilancio, ma dovrebbe con altrettanta forza pretendere dai governi nazionali una soglia minima di finanziamento alla ricerca, come richiesto dal trattato di Lisbona. Importante, perciò, è diffondere la notizia di questa iniziativa degli scienziati italiani, di grande rilevanza, e al contempo firmare la petizione per tentare di salvare la Ricerca in Italia, utilizzando il seguente link: https://www.change.org/p/commissione-europea-e-governo-italiano-salviamo-la-ricerca-italiana?recruiter=486413354&utm_source=share_petition&utm_medium=copylink