«La salute non è tutto ma senza salute tutto è niente», asseriva il filosofo Arthur Schopenhauer che, pur non brillando certo di ottimismo, risulta quanto mai attuale per riflettere ancora sul delicato settore della sanità, che non poche ansie desta tra i cittadini, gli addetti ai lavori e gli Amministratori dei nostri Comuni.
Per comprendere quale sarà «Il futuro della sanità pubblica: criticità ed opportunità dell’Area Vasta 3», in diversi sono accorsi nel pomeriggio di ieri, venerdì 26 febbraio, presso l’ostello Asilo Ricci al convegno promosso dalla sezione di Macerata dell’Associazione medici cattolici italiani, con il patrocinio dell’Ordine dei Medici e il Comune di Macerata, nonchè dell’Asur-Area Vasta 3 (leggi Qui).
Perché affrontare pubblicamente argomenti così urgenti, ma non esenti da polemiche? Quali prospettive si delineano nei territori che abitiamo e quali le iniziative da intraprendere? È a questi interrogativi che l’Amci di Macerata ha tentato di fornire una risposta con questo tavolo di confronto attraverso le voci autorevoli degli esperti di settore, «non per fornire “ricette” prestabilite», bensì per raggiungere una vera e propria «concertazione di intenti», con la speranza di guardare al domani senza mai sottovalutare l’individuo, le sue esigenze e il rapporto che si instaura con il medico e le sue responsabilità professionali.
«La sanità non è un tema di quartiere», aveva puntualizzato nella conferenza stampa di presentazione il dottor Andrea Corsalini, presidente Amci Macerata e vice presidente Marche. Un concetto ben rimarcato anche nella tavola rotonda di ieri, con l’attenzione rivolta alle prospettive future e alle «Implicazioni sociali della Sanità pubblica». «Oggi – ha affermato il medico di Montelupone – siamo qui per riunire le forze in campo e perseguire obiettivi comuni in un’ottica di vera condivisione che abbia come finalità l’efficienza del servizio sanitario ad appannaggio di tutti ma, particolarmente, per chi si trova in condizioni di maggiore debolezza e fragilità».
«Basta con il particolarismo esasperato che impera nei nostri territori, e basta con i campanilismi. I dati ed i tagli che si profilano all’orizzonte – ha poi aggiunto – ci inducono a non pretendere come diritto questo servizio, ma di cambiare coinvolgendo anche nuovi attori, né dobbiamo incrementare i problemi in questa fase transitoria. Dobbiamo imparare a guardare alla riforma come ad un’opportunità, perché stiamo ponendo le basi per una sanità del territorio per i prossimi 20 anni».
Informazioni ben più che interessanti ma non del tutto definite, a cui si aggiunge anche il nuovo scenario che potrebbe delinearsi con l’eventualità di un ospedale unico di area vasta provinciale, alla luce dell’incontro svoltosi la settimana scorsa a San Severino alla presenza di diversi rappresentanti delle Amministrazioni locali.
Tra i Sindaci presenti alla conferenza anche Romano Carancini, Primo cittadino di Macerata, città capoluogo che vive da vicino le difficoltà in ambito sanitario. «Un sistema pubblico non può esserlo integralmente – ha dichiarato, ribadendo il proprio ruolo civico a difesa della tutela dei pazienti in quanto cittadini -, per questo è positiva la sinergia tra pubblico e privato. Ma il sistema sanitario deve avere nel valore pubblico il proprio orizzonte: la virtuosità dipende dagli uomini e dai processi governativi, non dall’essere pubblico o meno. La riforma è inattuata dal 2013 ed ora bisogna avere il coraggio di portarla avanti e far capire ai cittadini che è importante procedere in questa direzione. In merito all’ipotesi dell’ospedale di area provinciale, noi, come Comuni, dobbiamo indicare, senza litigi, i criteri: poi sarà la Regione a scegliere le location».
Quindi, l’accento sulla valenza umana e professionale di chi esercita la “vocazione” medica, in cui spesso l’eccessiva accondiscendenza delle «regole burocratiche» nuce gravemente alla salute. A sostenerlo è il professor Americo Sbriccoli, primario chirurgo di nota fama e lunga esperienza, prima a Treia, poi a Tolentino, infine a Macerata, del cui Ordine dei Medici è presidente. «La persona malata è un’altra persona rispetto ad una non malata, perché sarà sempre privata della certezza del domani. In materia di salute la gente per questo vuole il meglio, vuole fidarsi. Con il tempo alle regole della buona clinica sono subentrate quelle burocratiche, favorendo così il diffondersi di una medicina debole», ha precisato il professore. Inoltre, sviluppando il proprio intervento su «La professione medica nel Sistema sanitario nazionale», il luminare ha ricordato che «il problema fondamentale è che il Sistema stesso appronta servizi e prestazioni per la massa e non entra nella qualità della singola prestazione. La buona medicina è quella che fa i buoni medici, ma per questo occorrono una buona formazione e dei maestri. E oggi ci sono le linee guida, più che i maestri…».
«La buona medicina è quella che fa i buoni medici, ma per questo occorrono una buona formazione e dei maestri. E oggi ci sono le linee guida, più che i maestri…»
Più valore all’umanità della professione, dunque, che non può non riflettersi poi nel bene della collettività, anche sul piano legislativo. Nell’acceso confronto, infatti, non è mancato il profilo giuridico, espresso dalla professoressa Daniela Gasparrini, già docente di diritto amministrativo all’Università di Macerata, alla quale è toccato il compito di spiegare cosa prevede «L’articolo 32 della Costituzione italiana e tutela della salute».
Infine, l’attesissimo intervento del dottor Alessandro Maccioni, direttore Asur – Area Vasta 3, che tabelle e numeri alla mano, ha chiarito i termini de «La riforma sanitaria e l’Area Vasta 3: rete clinica e altri servizi». «Dobbiamo fare i conti con il pareggio di bilancio e nella Costituzione… di questo non si parla», ha affermato il responsabile. «C’è un problema di sostenibilità economica, ma bisogna anche guardare al bene dei cittadini. Il bene di questa riforma è che non è autoreferenziale ma va incontro ai bisogni della gente. Tensioni? Certo, l’Area Vasta 3 vale qualcosa come 527 milioni di euro, il settore sanitario è il più importante della regione e il fattore economico finisce sempre per prevalere su quello del singolo cittadino».
«Secondo il piano straordinario, quest’anno verranno assunte 129 persone, di cui 63 medici e altre 70 figure, tra infermieri e operatori socio-sanitari»
Parole impegnative e cifre importanti che, ci si augura, possano concretizzarsi, passo dopo passo, in fatti e garanzie per i cittadini, nel segno della autentica corresponsabilità capace di rispondere alle richieste di efficienza qualitativa e non di sola autoreferenzialità. Perchè in fondo è vero, come sosteneva Lev Tolstoj, che «le due più grandi sventure nella vita sono una cattiva salute e una cattiva coscienza».