Dopo la prima parte pubblicata le scorse settimane (leggi Qui il commento), prosegue il filone riflessivo che, da una storia per bambini, guida i grandi a riflettere.

13876519_1118541494877376_6493448019437216119_n*Dario Di Giosia

Pinocchio è la storia di un ragazzo che rivendica la propria autonomia. Appena gli è possibile, si allontana dagli insegnamenti ricevuti per fare scelte sue personali. Dalle prime pagine del libro, quando inizia la fuga da casa, fino al termine, quando tutto è ricondotto ad unità serena e felice, la libertà è la premessa per una serie di esperienze con persone e mondi diversi che faranno del burattino un uomo. Pinocchio sceglie, quasi sempre sbagliando. Non può non scegliere.

Viene molto da pensare, rispetto alla fatica che i genitori fanno con i loro ragazzi e le loro ragazze. La difficoltà di vedere che il bambino e la bambina ad un certo punto non ci sono più. Al loro posto sono apparsi terribili e pericolosi esseri, la cui vita è sempre più segretamente costruita in un’autogestione quanto meno sospetta. Per non dire poi di altre strategie educative di agenzie come la parrocchia, per la quale il dopo-cresima è il dramma dell’abbandono. Pinocchio non sente ragioni: «Infilata la porta di casa, saltò nella strada e si dette a scappare».

Una libertà costruttiva, sorgente di esperienza, tanto creativa quanto drammatica, perché la libertà ha il suo prezzo e pesa sulla vita. Solo un educatore paziente riuscirebbe a seguirlo, ad aiutarlo strada facendo fino alla fine. Intanto però crescono le conoscenze di Pinocchio. Tra amici e nemici, ambienti e situazioni il burattino si emancipa e si fa strada. Intanto il giovane lettore medita. E le sue riflessioni sono importanti.

Scorrendo le pagine, il primo ambiente che Pinocchio conosce è un mondo che gli calza a pennello. È il teatro dei burattini. La musica, la gioia, lo spettacolo lo attraggono. Quelli che incontra sono burattini come lui. È proprio una gran compagnia quella dell’imprenditore Mangiafuoco. Del resto chi non è affascinato dalla magia dello spettacolo. L’arte dell’intrattenimento diverte, concede onori e fama. Pinocchio si vende, vende ciò che ha di più caro per entrarvi a far parte. Ma presto scopre che è un ambiente avido, che gli spettatori non si accontentano di quattro risate tra amici, che lo spettacolo per andare avanti mette in gioco anche la vita. Mangiafuoco dispone di tanti zecchini d’oro ma ama o mette a morte con la facilità di uno starnuto. Pinocchio perciò ne esce contento. È un ambiente alquanto complicato: presi i suoi soldi, va via e non si volta indietro.

Il prezzo della libertà è quello di dover affrontare la vita con le sue avversità, quello di doversi procurare da mangiare, di dover imparare a trattare situazioni difficili, il prezzo di doversi talvolta difendere da chi certe difficoltà non vuole affrontarle onestamente, ma trama di superarle sottomettendo i più deboli. È lo stile del Gatto e la Volpe. Falsi invalidi, approfittatori senza scrupoli, non si fanno troppi problemi ad ingannare lo sprovveduto Pinocchio. Hanno trovato un giovane pollo da spennare e non ci mettono molto a mettergli il cappio al collo. Assassini. Il ragazzo è ingenuo, la sua libertà è ingenua. Non ha ancora imparato a distinguere gli amici fidati dai potenziali nemici, le opportunità dai pericoli. Fortuna per lui qualche persona sincera c’è ancora, qualcuno che lo aiuta e lo salva al momento opportuno. Dall’inizio alla fine: Arlecchino, il Colombo, il cane Alidoro e il Tonno sono figure positive di amici, quel gruppo di ragazzi di strada che è valutato sempre poco ma che talvolta può dare molto. Quelli che sono l’unico riferimento per un ragazzo o una ragazza, quando si emancipano dai genitori e credono solo nel gruppo. Sperando che siano amici.

Il prezzo della libertà è quello di dover affrontare la vita con le sue avversità, quello di dover imparare a trattare situazioni difficili, il prezzo di doversi talvolta difendere da chi certe difficoltà non vuole affrontarle onestamente, ma trama di superarle sottomettendo i più deboli

Un giro di vita Pinocchio se lo fa anche nella corruzione della società. Non soltanto perché fa esperienza di una giustizia ingiusta, di un giudice che invece di imprigionare i ladri imprigiona lui derubato. Ma anche perché le insidie della tentazione lo stringono come un serpente pericoloso. È la proposta delle Faine. Un patto che suona molto di associazione a delinquere: se stai zitto, avrai una parte del bottino. Pinocchio finge di acconsentire ma non ci sta, appena è al sicuro da l’allarme e il contadino coglie le faine sul fatto. Nuova libertà è il frutto del rischio corso per la verità, per aver denunciato il complotto. Il contadino che lo libera, nonostante la colpa di aver mangiato la sua uva, si mostra più giusto del giudice che lo aveva messo in prigione, quasi per beffa di essersi fatto derubare i suoi soldi. Una maggiore fiducia nella giustizia privata? Qualcosa farebbe dire di sì. Il ogni modo è la giustizia quella cercata.

Pinocchio sceglie di essere giusto, sceglie di fare il proprio dovere di studente; anche se inizialmente svogliato, poi si mostra più maturo e responsabile rispetto ai suoi doveri. L’ambiente, però, non sempre è tenero con i primi della classe. Chi si avvia per questa strada, deve mettere in conto più di una prova. Il bullismo non è una novità del XXI secolo, se già una favola del 1800 ne parla ampiamente. Non è troppo difficile, infatti, vedere quanti giochi di forza si realizzano in un gruppo di ragazzi, in quante occasioni non solo vi è una chiara competizione per la leadership, ma anche una lotta per l’inclusione-esclusione che decide la sorte del singolo e l’indirizzo del gruppo stesso. Un ragazzo, o una ragazza, può passare talvolta tra non poca violenza in queste logiche del branco in cui i lupi possono fare molto male. Leggendo il libro il giovane è condotto alla vista di come Pinocchio conquista il suo posto nel gruppo e il rispetto degli altri. La prova di forza non lo trova impreparato: quando si alzano le mani, calci e gomitate li sa dare anche lui. In certe occasioni devi difenderti. Chi non ha dovuto, almeno una volta, usare le maniere forti? Io l’ho fatto. Non ne vado fiero ma l’ho fatto.

Nella scena successiva, entra in gioco la follia umana. Non quella evidente di un disturbo di cui ci si prende cura attraverso strutture ospedaliere e profilassi umanizzanti del povero malcapitato. La follia che Pinocchio incontra è quella nascosta nelle sembianze della normalità: un pescatore lo cattura e lo vuole mangiare. Il burattino fa notare al pescatore che non è un pesce, ma non c’è niente da fare. La rete del maniaco era stata tesa e lo aveva intrappolato. Notizie di simili follie non sono rare purtroppo. Occultata in una apparente regolarità, molteplici forme di squilibrio possono manifestarsi inaspettatamente. Dalle vere e proprie perversioni alle più ordinarie tendenze alla megalomania, all’egocentrismo, all’ossessione, la psicologia e il mistero della mente umana sono il terreno mai completamente esplorato delle relazioni quotidiane. Il ragazzo deve cominciare a farci i conti se non vuole imbattersi in spiacevoli sorprese. Fortunatamente, il nostro riesce a scappare.

Pinocchio sceglie di essere giusto, sceglie di fare il proprio dovere di studente. L’ambiente, però, non sempre è tenero con i primi della classe. Chi si avvia per questa strada, deve mettere in conto più di una prova. Il bullismo non è una novità del XXI secolo, se già una favola del 1800 ne parla ampiamente…

Ultimo ambiente in cui Pinocchio si cimenta è quello del divertimento. Quale contesto più in sintonia con il volto ludico del nostro tempo, con il “divertimentificio” contemporaneo, con il consumismo edonista che tutti ci avvolge. Altro che paese dei balocchi, questa è la landa dello sballo: Ecstasyland. Il ragazzo vi approda con l’amico del cuore: Lucignolo. Certo sarà lecito anche divertirsi qualche volta, ma Lucignolo e Pinocchio esagerano proprio tanto. Si fanno un trip da cui non si torna indietro. Vuoi mettere il fascino del divertimento rispetto alla pesantezza della vita quotidiana? Talvolta per sostenersi in questo mondo qualcuno sacrifica tutto. Si diventa bulli, Faine e il Gatto e la Volpe insieme. Pinocchio diventa solo un asino ma è l’apoteosi della vita fallita. Si salva unicamente per il terapeutico intervento dei pesci, mentre Lucignolo ci muore di overdose.

La libertà di Pinocchio è tanto preziosa. È il terreno in cui diventa uomo. La favola non la mette mai in discussione, ma ne mostra tutta la drammaticità. Pur essendo scritta per bambini, quella di Pinocchio assomiglia più alla drammatica vita di un ragazzo, di un giovane che porterà per sempre i segni di esperienze tra la vita e la morte, tra la gloria e il disonore. Un thriller pedagogico, in cui l’esagerata tensione vuole lasciare profondo il segno del limite sul giovane lettore, prima ancora che la forza della sua libertà lo conduca dove non potrà tornare più indietro.

Il mondo ha proposte e abitudini malfatte. Perciò ci si sbaglia! Questo sembra dire infondo la favola. Ci si sbaglia ma è sempre possibile capire e migliorare. Se poi per diventare grandi non basta una vita, e talvolta si sbaglia tanto, comunque è ancora bello guardare qualche foto del passato e dire con Pinocchio: «Com’ero buffo quand’ero un burattino!».

*Congregazione della Passione di Gesù Cristo

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