di M. Michela Nicolais

Dall’apertura della prima Porta Santa a Bangui al “mea culpa” per quando ci siamo «girati dall’altra parte» senza guardare negli occhi il povero che ci sta accanto. Misericordia, perdono, tenerezza sono le parole risuonate più spesso durante l’Anno Santo Straordinario della Misericordia: il primo Giubileo “diffuso” nella storia, celebrato per volere di Papa Francesco in contemporanea, a Roma e nelle diocesi di tutto il mondo. Innumerevoli le immagini che rimarranno nella memoria collettiva: ne citiamo alcune, tratte dalle molte “prime volte” inserite da Francesco nella tradizionale celebrazione degli anni giubilari. Si chiudono le Porte della Misericordia in tutto il mondo, mentre «sotto lo sguardo misericordioso del Signore si dipana la storia nel suo fluire incerto e nel suo intreccio di bene e di male», dice il Papa nell’Angelus del 13 novembre. Dal Giubileo, una certezza che suona come viatico per l’oggi e il domani: nonostante tutto, «Dio non abbandona i suoi figli».

È il 29 novembre 2015 e a Bangui sono le 16.30. Il Papa entra nella cattedrale ed apre la prima Porta Santa dell’Anno Santo in una “periferia” martoriata dai conflitti. Il primo Giubileo decentrato della storia della Chiesa ha il sapore di una scelta geopolitica ben precisa, che fa il paio con un’altra decisione inedita: quella di aprire, a Roma, una Porta Santa della Carità presso l’Ostello e la Mensa della Caritas alla stazione Termini. Nell’omelia, pronunciata a braccio, il Papa auspica che il Giubileo possa «aprire il cuore» ai romani e possa dar loro la grazia di «sentirsi scartati». Dieci giorni prima, l’apertura ufficiale del Giubileo, con un’altra immagine memorabile: alle 11.10 papa Francesco varca la soglia della Porta Santa della basilica di San Pietro. Dopo di lui il Papa emerito Benedetto XVI, che poco prima aveva abbracciato fraternamente. Nelle parole di Francesco, una frase che lo lega a un altro Giubileo, quello celebrato nel Duemila da San Giovanni Paolo II: «Non abbiamo paura», ripete il Papa nel Giubileo celebrato ai tempi dell’Isis. Il 13 dicembre, si aprono le Porte Sante nel mondo.

Il 30 gennaio, la prima udienza giubilare del sabato – altra novità del Giubileo di Francesco – che una volta al mese vedrà affluire in piazza San Pietro decine di migliaia di persone. Di carattere privato, quasi un “blitz” a sorpresa, sono invece i “Venerdì della Misericordia” introdotti dal Papa: uno al mese, per visitare anziani, malati in stato vegetativo, tossicodipendenti, profughi e migranti, comunità di recupero per disabili psichici o per sacerdoti anziani e sofferenti, donne liberate dalla schiavitù della prostituzione, bambini e malati terminali. L’ultimo “Venerdì”, a novembre, è la visita a una comunità di famiglie formata da giovani che hanno lasciato il sacerdozio.

La Quaresima comincia con un’altra iniziativa inedita: l’invio, il 10 febbraio, dei 1.142 “Missionari della misericordia”, scelti personalmente dal Papa come ambasciatori speciali dell’Anno Santo in tutti i Continenti, e a i quali viene concessa la facoltà di perdonare anche i “peccati riservati” alla Sede apostolica.

Il Papa confessore, a sorpresa, in piazza San Pietro. Seduto su una semplice sedia uguale a quella degli altri 150 suoi “colleghi” sacerdoti. I 70mila adolescenti che hanno affollato, il 23 aprile, piazza San Pietro, per l’inizio della “tre giorni” del Giubileo dei ragazzi – anche questa una prima assoluta – non si aspettavano di certo una sorpresa del genere, in quella che è stata una sorta di “mini-Gmg”, ma non certo nei numeri dell’affluenza.

Servono le «ragioni del cuore» per asciugare le lacrime. Quelle che scorgiamo «su tanti volti che incontriamo», quelle che «vengono versate a ogni istante nel mondo»: quelle che sono «una diversa dall’altra e insieme formano come un oceano di desolazione». Quelle «più amare», perché «provocate dalla malvagità umana». È il 5 maggio, il giorno della Veglia per asciugare le lacrime, altra novità assoluta del calendario giubilare, per imparare a declinare una delle opere di misericordia: “Consolare gli afflitti”.

Sono 120mila i fedeli e i pellegrini presenti in piazza San Pietro, il 4 settembre, per uno degli eventi più attesi e acclamati: la canonizzazione di Madre Teresa. Continueremo a chiamarla così, dice il Papa a proposito della «rivoluzione della tenerezza» messa in atto da una “artigiana” della misericordia, «modello di santità» per tutti.

Non si erano mai visti mille carcerati in piazza San Pietro, che insieme a volontari, operatori e familiari formano un “popolo” di 4mila persone. Li guarda negli occhi, il Papa, e all’insegna della condivisione durante la Messa del 6 novembre lancia un appello in favore di «un atto di clemenza» e del miglioramento delle condizioni di vita nelle carceri in tutto il mondo.

Tre giorni dedicati ai senza tetto, ai poveri, agli emarginati. È il Giubileo delle persone socialmente emarginate, con il quale il Papa, dall’11 al 13 novembre, ha voluto concludere i momenti pubblici del Giubileo, prima della Messa di chiusura del 20 novembre.

«Vi chiedo perdono per tutte quelle volte che noi cristiani ci siamo girati dall’altra parte», il “mea culpa” pronunciato a braccio, in spagnolo, durante il suo primo incontro con questi ospiti speciali, nell’Aula Paolo VI. «La povertà è il cuore del Vangelo», dice il Papa, «tutti dobbiamo costruire una Chiesa povera per i poveri».

Alla fine, i partecipanti pregano con il Papa mettendogli una mano sulla spalla. «Vorrei che questo giorno fosse la festa dei poveri», il desiderio di Francesco nella Messa del 13 novembre. Nell’Angelus pronunciato subito dopo, Francesco riassume così il senso dell’Anno Santo Straordinario della Misericordia: «Rimanere saldi nel Signore, camminare nella speranza, lavorare per costruire un mondo migliore».

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