Reca un titolo a dir poco impegnativo il nuovo libro di Paolo Fucili, vaticanista originario di Fano, in forza all’emittente Tv2000 dal ’99. Il professionista che da anni segue le attività del Papa e la vita della Chiesa a Roma, nella nostra penisola e all’estero, autore di vari saggi sui pontefici Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, è ora nelle librerie italiane con «Pace in nome di Dio – Lo spirito di Assisi tra storia e profezia (1986-2016)».

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Il giornalista fanese Paolo Fucili

Era infatti il 27 ottobre 1986 quando Wojtyla convocò ad Assisi le religioni del mondo per un’inedita Giornata mondiale di preghiera per la pace: a trent’anni da quel grandioso evento con le sue 98 pagine edite da Tau Fucili ne ripercorre il cammino.

«Mai prima di quel giorno – spiega l’autore – si erano visti racchiusi in un’unica inquadratura i leader religiosi dell’umanità vestiti ognuno nel suo abito tradizionale, più o meno pittoresco. Una mescolanza di colori e fogge che ancora oggi desta curiosità, a rivedere vecchie foto ingiallite dal tempo: tutto calcolato, senza ombra di dubbio, dal Santo Padre celebrato anche, tra tanti meriti e qualità, per saper sfruttare al massimo le potenzialità dei più o meno evoluti media».

Così, traendo spunto dunque dall’anniversario più “tondo” del solito di questo 2016, «Pace in nome di Dio» risale addietro al contesto mondiale di metà anni Ottanta, tra premesse «remote» e genesi immediata di Assisi ’86; racconta come l’idea di Wojtyla si sviluppò e l’accoglienza che trovò; ricostruisce la cronaca di quel 27 ottobre, per passare quindi alle successive giornate di Assisi (1993 e 2002) che San Giovanni Paolo II volle riproporre, fino alla narrazione dell’attualità, quando nel 2011 Ratzinger pensò ad un rifacimento dell’avvenimento, con una formula in gran parte analoga seppur personalizzata.

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«Non solo i papi però hanno fatto la storia dello “Spirito di Assisi” – afferma inoltre Fucili -, perciò un testimone come Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio, racconta come questo “Spirito” abbia contaminato le “basi”, non solo i leader, delle religioni oggi».

In conclusione, un accenno alle prospettive dischiuse a partire dal 2013, con l’avvento di Bergoglio sul soglio di Pietro.

Al termine di questa ricognizione storica, l’intento per lo scrittore «è far risaltare forte e chiaro il carattere “profetico” dell’evento da cui questa storia ha inizio». Che senso avrebbe avuto – in tempi in cui la sociologia religiosa parlava di “morte di Dio” – convocare in grande stile tutte le religioni a pregare per la pace? «Giovanni Paolo II sapeva, appunto: non c’è speranza di pace per il genere umano – spiega Paolo Fucili – se non attingendo energia ideale dalle sue più profonde risorse spirituali, che per molti uomini e donne erano e sono quelle ancora di una fede religiosa». Ecco allora la “profezia”: togliere alibi cioè «a chi in nome di Dio opera contro la pace, nel mondo di inizio terzo millennio dove la globalizzazione ha moltiplicato all’ennesima potenza le occasione di contatti (e attriti) tra uomini prima lontani per geografia, cultura, appartenenza religiosa».

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