C’è sguardo e sguardo. C’è lo sguardo attento e quello distratto. C’è lo sguardo d’insieme e di unità e quello frammentato e ripiegato su se stesso. E, ancora, c’è lo sguardo capace di tessere e di costruire e quello orientato solo a dividere.

Nella prolusione con cui il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha aperto la sessione invernale del Consiglio permanente (Roma, 23-25 gennaio), si trova descritta una delle dinamiche tipicamente sinodali con cui accostarsi alla realtà. Lo sguardo, appunto, unito all’ascolto intimo, non della pancia, ma del cuore del Paese e della Chiesa.

Non è un caso, quindi, che a fare da cerniera ai vari punti del testo del cardinale vi sia proprio il termine sguardo.

Innanzitutto, perché è una parola che, appartenendo al lessico di Papa Francesco, dice di una «comunione reale» tra la Chiesa italiana e il Santo Padre. Di più: è un termine che, secondo la spiritualità ignaziana, offre un grande ventaglio di significati: osservare, discernere, contemplare e anche prendersi cura…

Insomma, lo sguardo esprime attenzione e vicinanza e apre alla disponibilità, all’arricchimento reciproco, alla relazione. In una parola: all’ascolto. Questo vale non solo a livello ecclesiale, ma anche e soprattutto sociale, culturale e politico. Ascolto attento con il desiderio di andare oltre, di «riscaldare il cuore».

Proprio come è avvenuto, in questi mesi, con la «cronaca pesante e perdurante» che ha interessato il Centro Italia. «Le continue scosse, le eccezionali nevicate, le vittime, i feriti, gli affetti, le case, le chiese e i paesi distrutti – afferma il cardinale – ci hanno portato a esprimere in diversi modi la nostra vicinanza solidale alle popolazioni colpite dal sisma».

È uno sguardo di attenzione, che continua a manifestarsi attraverso gli occhi dei tanti parroci che, «comportandosi da veri pastori», sanno essere vicini al proprio popolo e lenire traumi e ferite. Sono gli occhi anche dei tanti soccorritori e volontari accorsi sui luoghi delle tragedie. In un certo modo, sono anche gli occhi delle comunità cristiane che, «in risposta alla colletta indetta dalla Cei – ricorda il cardinale Bagnasco – hanno contribuito finora con quasi 22 milioni di euro» per venire incontro ai bisogni primari di chi è rimasto senza niente. E sono pure gli occhi della stessa Conferenza episcopale italiana che, «oltre al primo milione di euro stanziato dai fondi otto per mille il giorno stesso delle prime scosse – sottolinea sempre il cardinale – ha messo a disposizione di ogni diocesi interessata dal sisma 300mila euro per interventi su edifici ecclesiastici, destinati al culto e alla pastorale».

Questo è uno sguardo di solidarietà. C’è poi lo sguardo di compassione, tipico di una Chiesa in uscita, che sa essere presente – come non manca di ripetere il presidente della Cei – nelle «difficili condizioni in cui versa una fascia sempre più ampia di popolazione».

(foto Agensir)

Qui si parla di disoccupazione giovanile, di Mezzogiorno, di famiglie in situazione di povertà crescente, di migranti e rifugiati, di minori non accompagnati, di vittime di persecuzione e violenza, di povertà e guerra. Ma anche di temi più scottanti come il fine vita, argomento in primo piano in queste settimane di dibattito politico. In proposito lo sguardo non può che essere fermo e deciso. «Crediamo – ribadisce Bagnasco – che la risposta alle domande di senso che avvolgono la sofferenza e la morte non possa essere trovata con soluzioni semplicistiche o procedurali; la tutela costituzionale della salute e della vita deve restare non solo quale riferimento ideale, bensì quale impegno concreto di sostegno e accompagnamento».

È uno sguardo d’insieme e di unità. Infine, c’è lo sguardo di cura e gratitudine, rivolto in modo particolare verso i presbiteri, cui sarà dedicata parte dei lavori del Consiglio episcopale con l’esame del Sussidio sul rinnovamento del clero, e verso i giovani, al centro dell’agenda ecclesiale dei prossimi anni con il Sinodo loro dedicato.

(foto Agensir)

È lo sguardo di una Chiesa-madre che sa osservare con tenerezza, dentro e fuori di sé. E sa vivere realmente la comunione come sua dimensione costitutiva. Una Chiesa-madre che vive la tenerezza e la misericordia, capace di tessere, attenta e vicina a tutti… in comunione. La conferma nella parole finali del cardinale Bagnasco: «In questa luce, vi ringrazio, cari Confratelli, dell’accoglienza che avete voluto prestarmi e del confronto collegiale che assicureremo in questi giorni».

È lo sguardo di comunione.

Vincenzo Corrado

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