«Oggi ci sono più martiri che nei primi secoli», ma «i media non lo dicono» perché non fa notizia. Lo ha detto il Papa, nell’omelia della Messa celebrata oggi a Santa Marta, in cui ha ricordato che «senza memoria non c’è speranza», invocando in particolare la necessità della «memoria dei martiri», «quelli che hanno sofferto e dato la vita come Gesù», che «furono lapidati, torturati», «uccisi di spada».

La Chiesa è «questo popolo di Dio», «peccatore ma docile», «che fa grandi cose e anche dà testimonianza di Gesù Cristo fino al martirio», ha spiegato Francesco, secondo il quale «i martiri sono quelli che portano avanti la Chiesa, sono quelli che sostengono la Chiesa, che l’hanno sostenuta e la sostengono oggi. E oggi ce ne sono più dei primi secoli». «I media non lo dicono perché non fa notizia – la denuncia – ma tanti cristiani nel mondo oggi sono beati perché perseguitati, insultati, carcerati. Ce ne sono tanti in carcere, soltanto per portare una croce o per confessare Gesù Cristo!».

«Questa è la gloria della Chiesa e il nostro sostegno e anche la nostra umiliazione», ha ribadito Francesco: «Noi che abbiamo tutto, tutto sembra facile per noi e se ci manca qualcosa ci lamentiamo… Ma pensiamo a questi fratelli e sorelle che oggi, in numero più grande dei primi secoli, soffrono il martirio!». «Non posso dimenticare», ha proseguito, «la testimonianza di quel sacerdote e quella suora nella cattedrale di Tirana: anni e anni di carcere, lavori forzati, umiliazioni».

«Noi siamo soddisfatti quando vediamo un atto ecclesiale grande, che ha avuto un gran successo, e questo è bello», ha fatto notare il Papa: «Questa è forza. Sì, è forza. Ma la più grande forza della Chiesa oggi è nelle piccole Chiese, piccoline, con poca gente, perseguitati, con i loro vescovi in carcere. Questa è la nostra gloria oggi, questa è la nostra gloria e la nostra forza oggi». Perché  «una Chiesa senza martiri è una chiesa senza Gesù», ha concluso Francesco, invitando a pregare «per i nostri martiri che soffrono tanto», «per quelle Chiese che non sono libere di esprimersi»: «Loro sono la nostra speranza».

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