Ci pensano anche la mimosa e i fiori di pesco fioriti, presso la Basilica di San Nicola di Tolentino, a ricordare che dopo ogni inverno sboccia la primavera. Così “matrigna” nel mettere a dura prova la nostra terra ferita dall’estate scorsa lasciando profonde crepe negli animi e nelle case, ora la natura con i suoi colori illuminati dal sole sembra nello scorrere dei mesi sembra voler restituire segnali di speranza, specialmente in quest’oasi di pace così cara alla comunità diocesana e, in particolare, ai giovani che qui hanno ripreso ad incontrarsi. Ad abitare stanze svuotate dalla paura ma pur sempre affrescate di uno spirito coraggioso e cementato dalla fede pulita.

Padre Gabriele Pedicino, il giovane religioso agostiniano punto di riferimento per la Pastorale giovanile diocesana, racconta con voce sicura la nuova dimensione a cui, passo dopo passo, sacerdoti e fedeli si sono dovuti adeguare dopo il terremoto. Sembra lontano il ricordo di quella sera del 26 ottobre, quando le prime scosse lasciarono segni evidentissimi, costringendo questa florida realtà spirituale a ridimensionarsi, tra freddo e inevitabili disagi (leggi Qui).

L’agostiniano Padre Gabriele Pedicino

Il terrore dei ricordi? Non si può sconfiggere un nemico frutto del potere della terra, ma di certo, da questa inaspettata lezione di vita si può imparare a crescere, come uomini e come cristiani. «A livello di struttura, oltre agli spazi dove viviamo come comunità monastica, abbiamo riadattato la sala medioevale e il piano terra. La sala Santa Gerusalemme viene utilizzata per le preghiere. Le messe, compresi due matrimoni e un funerale, vengono ancora celebrate nel tendone già esistente, che poi è stato chiuso e riscaldato grazie al contributo generoso di tanti tolentinati e non solo. Così è, e si va avanti». Padre Pedicino non smarrisce il consueto tono schietto e conciso mentre spiega i piccoli ma significativi progressi che hanno permesso ai locali della Basilica (attualmente chiusa) di continuare a rappresentare quel luogo di aggregazione e preghiera che è sempre stato, per i marchigiani e non solo. E tiene a precisare un dettaglio non da poco, fugando ogni perplessità: «Le casette in cui viviamo noi religiosi le abbiamo comprate autonomamente, senza gravare su nessuno, tantomeno sull’Amministrazione comunale, ma scegliendo di investire in una soluzione che, benchè provvisoria, ci permettesse di riacquistare una serena quotidianità…».

Le casette acquistate autonomamente dagli Agostiniani

Quella quotidianità improvvisamente perduta, ma che a poco a poco sta tornando anche in questo angolo di Tolentino, come noto, pesantemente sconquassata dal sisma, attraverso l’esperienza delle convivenze per gruppi giovanili che negli ultimi anni si sono rivelate una vera, entusiasmante scoperta. «Una parte del primo piano, adibito a ricreazione – spiega ancora il religioso –, è nuovamente agibile e dai primi di marzo “funziona” come sala studio per i ragazzi, così come la zona del piano terra della Schola cantorum è stata trasformata in camerata. Questi rifacimenti logistici ci hanno quindi consentito di riprendere qualche attività». Non con lo stesso ritmo di prima, certo, ma con immutato impegno nel consentire agli studenti di poter godere di un posto in cui studiare, dialogare e riflettere insieme.

Gli incontri sono settimanali, si concludono con la cena condivisa e riguardano quattro fraternità – Ruach e Sicomòri, Hatikvà, Shalom, Shekinah e Karis -, mentre da quache mese, aggiunge Pedicino, «si è aggiunto l’esperimento di riunire gli universitari per tre giorni, il venerdì, sabato e domenica: finora, dopo il terremoto, abbiamo ospitato due gruppi, uno di dieci e l’altro di ventotto ventenni». Inoltre, nei locali recentemente si sono ritrovati anche i giovani che erano presenti la sera del terribile terremoto di ottobre. L’unico «rammarico» riguarda gli studenti degli Istituti superiori, con cui al momento l’ipotesi della convivenza «è stata lasciata in sospeso»: presto, però, «per le scuole prenderà il via una proposta breve, che va dal pranzo al pomeriggio, in modo da non perdere il contatto con la loro realtà a cui comunque teniamo».

Come religiosi ora sono in cinque (assieme a padre Gabriele ci sono infatti padre Giuseppe Scalella, padre Giuseppe Prestia e padre Francesco Menichetti) a vivere a San Nicola, compreso un fratello in formazione pendolare da Roma, e l’agostiniano non ha il minimo dubbio: «Qui deve starci chi il terremoto l’ha vissuto e ha visto saltare tutto ciò che prima consueto, ordinario». Come i campiscuola, per i più grandi, da organizzare tra agosto e settembre, tenendo conto «che la struttura di Porto Recanati che ci ospitava non è agibile e che dovremo trovare una soluzione alternativa».

La Provvidenza qui però è di casa, e dunque non resta che guardare al domani con fiducia. D’altronde, dopo la primavera non può che ritornare l’estate.

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