
Sean Baker, regista talentuoso del cinema indipendente Americano torna, dopo “Tangerine” realizzato interamente con un iPhone 5s, con un film sulla disillusione americana. Presentato e accolto con successo alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes e scelto come film di chiusura al 35ª Torino Film Festival, “The Florida Project – un sogno chiamato Florida” sarà nelle sale italiane dal 22 marzo. Il film è ambientato in Florida, ad Orlando, poco distante dallo sfarzoso Walt Disney World Resort dove ci sono una serie di tristi motel camuffati da condomini dai muri color confetto e dai nomi ironici come Magic Castel. In uno di questi appartamenti vive Mooney (Brooklynn Prince), una ragazzina vulcanica e impertinente di sei anni, insieme alla sua mamma Halley e tra assurdi negozi di arance a forma di arance, gelatai a forma di gelato e i corridoi lillà e viola prugna del motel, trascorre le assolate giornate estive insieme a Scooty e Jancey.
Mooney e i suoi amici sono come una versione moderna delle “Simpatiche canaglie”: dicono parolacce, infastidiscono i turisti elemosinando soldi per dividersi un gelato in tre e con altre mille marachelle si divertono a creare problemi agli abitanti del motel e a Willem Dafoe, che interpreta il custode e tuttofare Bobby. C’è una dolce sintonia tra Dafoe, che per questo film ha ottenuto un nomination agli Oscar e la piccola Brooklynn. Il primo che tenta di prendersi cura e di mantenere in equilibrio il rapporto tra Mooney e la madre sconsiderata che cerca di fronteggiare i problemi economici nei modi peggiori, e la seconda che sopravvive ad una vita squallida e precaria con la vitalità unica dei bambini. Il significato del film di Baker forse è in una frase che Mooney dice all’amica Jencey in una delle calde giornate trascorse insieme: «Amo quest’albero perché è crollato e sta continuando a crescere».