Un’immagine del Convegno

Stefano Zamagni è tornato a Macerata lo scorso 5 aprile su invito dell’Università e delle associazioni Agorà, Dialogo Più, Giò Vita, Ubuntu, con il patrocinio del Csv e del Comune.

Il tema del convegno “L’economia è cooperazione? Un’altra economia è possibile” riprende il titolo di un libro dello stesso Zamagni e M. Dorigatti, edito da Città Nuova.

L’importante economista civile ha subito portato l’attenzione del folto pubblico di docenti, studenti, imprenditori di economia di comunione e rappresentanti del Terzo settore, sulla nuova grande trasformazione associata alla Quarta Rivoluzione industriale. Per affrontarla non basta mettere delle “pezze”, fare limitate riforme, ma occorre un cambio di paradigma nell’economia, occorre prendere “occhiali nuovi” per vedere la realtà.

Oggi il paradigma dell’economia politica non basta più. Serve il recupero della tradizione italiana dell’economia civile. I segni di crisi dell’economia politica sono evidenti sotto i colpi del cambiamento climatico, delle gravi disuguaglianze nel mondo, della disoccupazione di massa, delle migrazioni epocali. Nessuna nuova teoria generale è stata prodotta dopo Keynes vivacchiando con teorie parziali importate dalle altre discipline sociali. I premi Nobel non vengono affidati ad economisti puri. L’assunto antropologico hobbesiano dell’homo homini lupus (l’uomo che è per natura avversario, nemico del suo simile) deve essere superato da quello dell’economia civile, quello di homo homini natura amicus (cioè l’uomo amico dell’altro per natura). Questo non nega il conflitto ma consente uno sguardo ottimista sulla realtà.

Un’immagine del COnvegno

Va superato il principio ottocentesco, in acronimo Noma (Non Overlapping MAgisteria, magisteri non sovrapponibili), che ha separato l’economia politica dalla sfera dell’etica e da quella della politica. L’economia civile invece tiene insieme queste tre sfere ed è il paradigma che si sta affermando. Il fine dell’economia politica è la massima utilità totale, indifferente agli scarti umani, quello dell’economia civile è il bene comune per il quale non posso lasciare indietro nessuno.

Oggi 10 famiglie italiane, dati Istat, hanno un patrimonio pari a 18 milioni di italiani! Cosa fare allora? Dobbiamo tornare all’ economia civile coniugando economia come scienza dei mezzi, etica che fissa i principi, e politica che stabilisce i fini. Ecco allora le imprese civili e sociali, le benefit corporation che non cercano solo il profitto, la riforma del Terzo settore, la civitas come “città delle anime” e non urbs come “città delle pietre” di ciceroniana memoria, l’eudaimonia come piena fioritura umana. A questo corrisponde un welfare generativo che sostituisce un welfare generalista ormai insostenibile sul piano fiscale. Si torna pertanto a parlare di felicità pubblica come ai tempi del Genovesi.

Un’altra economia è possibile: l’economia è cooperazione e possiamo riaffermare il principio cooperativo nelle relazioni tra persone e tra imprese che operano in un mercato che è diventato globale. Possiamo reintrodurre i concetti di dono, gratuità, fiducia, beni relazionali, beni comuni.

Numerose sono state le testimonianze di imprenditori civili interpretate dai docenti Unimc Ninfa Contigiani, Eleonora Cutrini e Stefano Perri. A conclusione si è deciso di dare vita presso l’Università a un Osservatorio del Terzo settore e dell’economia civile, in collaborazione con Forum regionale del terzo settore, Assemblea delle libere forme associative del Comune di Macerata, Csv – Centro servizi del volontariato, per studiare ed accompagnare i processi di trasformazione in atto anche nella realtà maceratese.

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