“La strada di quel che manca passa per quel che c’è”. Non è uno scioglilingua ma una delle espressioni che il Papa usa per scolpire in poche parole la condizione umana. Francesco Ognibene descrive su Avvenire di oggi il documento di lavoro sul prossimo Sinodo dei giovani che si svolgerà il prossimo ottobre a Roma. I giovani vanno cercati nel mondo che abitano, accolti con i codici che usano, seguiti nei percorsi che sperimentano, per poi poterli accompagnare senza limitarsi a volerli guidare, anche con le migliori intenzioni. Alla Chiesa certamente costa farlo, ma in questo percorso ha già fatto molta strada e si è guadagnata sul campo la credibilità per incoraggiare tutti a seguirla. Se si vuole incidere sul mondo (e l’evangelizzazione cos’altro è se no questo?), il mondo va ascoltato sino in fondo, in ogni sua espressione. Si, anche quelle apparentemente lontane, difficili, sgradite, fino ad arrivare a chi non vuole proprio saperne, o si sente escluso, o crede che la sua fatica di vivere (figuriamoci di credere…) o la propria condizione esistenziale lo rendano irrimediabilmente estraneo alla comunità credente. E se una novità c’è nella rotta che la Chiesa ha preso con il Sinodo sulla condizione giovanile è certo anche quella che passa per le cinque righe dedicate al n.197 ai”giovani Lgbt” – oggetto dell’attenzione di media in permanente caccia di curiosità – ma solo perché dentro quella infinita che va sotto il nome di realtà.

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