La pala d’altare collocata al centro del nuovo presbiterio, realizzato a seguito dei lavori di messa in sicurezza dopo il terremoto del 2016, è opera di un autore di origine albanese che nel 1500 giunse a Tolentino per sfuggire a una condanna a seguito di un atto di sangue. Il suo nome era Marchisiano di Giorgio (1498-1534) e quest’opera è probabilmente la sua migliore realizzazione. Fu commissionata esattamente 500 anni fa nel 1518 e inaugurata 8 anni dopo.
Si possono dare varie descrizioni di tipo artistico e stilistico in riferimento a questa pala d’altare; la descrizione che ne daremo invece si concentra sul messaggio teologico e catechetico che queste immagini collocate nel contesto tradizionale della iconografia cattolica classica, possono trasmettere.
L’opera può essere letta partendo dall’alto dove nella cimasa è ritratto l’Eterno Padre come Creatore dell’universo, rappresentato dalla perfezione del globo sormontato dalla croce, che egli sorregge con la mano sinistra, mentre con la destra accenna un segno di benedizione. Il messaggio trasparente è che: tutto ciò che esiste è opera del Creatore e anche noi siamo inseriti in questa grande opera creativa. Ma l’universo creato non è abbandonato a sé
Subito sotto, a destra e a sinistra nei piccoli cerchi dipinti, è raffigurata l’Annunciazione: il momento in cui il Verbo è stato concepito per l’annuncio dell’angelo nel seno della Vergine e si è fatto uomo. Con l’Incarnazione Dio si mette nelle nostre mani, tutta la vita di Cristo dalla nascita alla morte è mettersi nelle mani degli uomini, affidarsi a noi.
I due punti iniziali e finali di questo mettersi di Dio nelle mani dell’uomo, sono ritratti al centro della pala d’altare nell’immagine del Bambino Gesù che sta nelle mani di Maria, e al di sopra nella scena della deposizione nel sepolcro, dove il corpo ormai morto di Gesù si abbandona all’abbraccio di Maria, di Giuseppe d’Arimatea e degli Apostoli. In questo modo le due scene classiche: il “Compianto sul Cristo morto” e la “Sacra Conversazione di Maria e Gesù fra Santi”, assumono un significato globale che li pone in dialogo tra loro e con l’immagine sovrastante.
L’azione delle due coppie di santi letta in maniera unitaria simboleggia il mistero della Chiesa, mediatrice della salvezza di Cristo, attraverso il compito ricevuto da Dio di essere: “Mater et Magistra”, madre e maestra. La Chiesa, per la mediazione luminosa dei santi: come madre si prende cura delle fragilità e delle sofferenze degli uomini, come fecero luminosamente Santa Apollonia e San Nicola, al tempo stesso si prende cura di educare il mondo alla vera fede, conducendolo per la via della preghiera fino alle vette della contemplazione e dell’unione mistica con Dio, come fecero Sant’Agostino e Santa Caterina d’Alessandria.
Il messaggio teologico catechetico di questa bellissima opera brilla perciò ad una attenta lettura con grande luminosità, una luce che rischiara coloro che la contemplano con fede, così come il pittore ha mirabilmente illuminato di una luce soprannaturale tutti i personaggi della sua opera.