Nella second
Oggi, alle soglie degli 80 anni, Don Rino rivive per i nostri lettori quegli anni. Anni intensi in cui ha cercato di fermentare la società, in piena trasformazione, con i valori cristiani.
“Sono stato ordinato sacerdote nel 1965 dal cardinale Fernando Cento, che era di Pollenza come me – ricorda Don Rino – . Quello stesso giorno furono ordinati anche don Giancarlo Vecerrica, don Agostino Cartechini e don Francesco Cocilova. Un mese più tardi il vescovo Cassulo mi assegnò alla parrocchia della cattedrale a Tolentino, dove era parroco don Pietro Cartechini”.
Dovevo occuparmi dell’oratorio e seguire i giovani che lo frequentavano, ma interessarmi anche a coloro che non ci si accostavano. Per età potevo essere un loro fratello maggiore e affrontai questo compito con grande forza perché nel mio piccolo mi permetteva di provare a mettere in pratica gli insegnamenti di sacerdoti che consideravo punti di riferimento: don Mazzolari, don Milani e il religioso Carlo Carretto che ho poi frequentato nel suo “ritiro” a Spello. Ci portavo spesso gruppi di giovani per far comprendere loro il suo insegnamento: educare ad amare gli altri.
Nelle piazze e nelle università i giovani invocavano un cambiamento, che era alquanto utopistico e vacuo. Però dalle loro azioni emergeva un aspetto che anche la Chiesa doveva tenere in considerazione, cioè la “stanchezza del consueto”. Il Concilio aveva aperto varchi sul muro di una religiosità standardizzata e i giovani avevano bisogno di vedere squarci di luce nuova. Occorreva dare concretezza ad alcune parole c
ome “partecipazione” e “autenticità”, guardando sempre a Gesù come modello. Ho sempre detto ai ragazzi: cercate di migliorare il mondo, ma fatelo da cristiani.
Quali furono le novità che introdusse nella pastorale giovanile?
Il ’68 aveva stimolato il bisogno di stare insieme e senza proibizioni. A Tolentino avevo individuato gruppi di giovani che trascorrevano le serate nel chiuso di scantinati a suonare la chitarra, ascoltare dischi, qualcuno forse anche a fumare, senza costruire nulla. Incominciai ad andare a trovarli e parlare con loro per far capire che anche gli sconvolgimenti della storia contengono sempre un messaggio di Dio. Ben presto organizzai uno di questi “club” anche nei locali della parrocchia e da questa frequentazione nacquero momenti di
Nei primi anni ’70 iniziarono anche le agitazioni nelle fabbriche e una lunga stagione di scioperi.
Così come ero andato a incontrare i giovani, incominciai ad avvicinare anche gli operai, cercando in ogni modo di facilitare l’ascolto da parte loro. È stata una bellissima esperienza da cui nacque a Tolentino il Male (Movimento lavoratori di Azione cattolica).
Fu in quegli anni che nacque anche il Sermit?
Formalmente il “Servizio Missionario Tolentino- Sermit” nasce nel 1992 a seguito di una visita del gruppo del Movimento Lavoratori al Sermig di Torino, fondato anni prima da Ernesto Olivero. A Tolentino, però, realizzavamo adozioni a distanza già da molti anni. L’antefatto risale addirittura al 1962, quando tredici vescovi indiani presenti al Concilio visitarono Tolentino per venerare la reliquia di San Tommaso da Tolentino, morto martire a Bombay nel 1321. Questi vescovi chiesero una mano a favore dei poveri della loro comunità e negli anni successivi
Possiamo dire che a Tolentino, come altrove, il ’68 della Chiesa ha portato buoni frutti…
È la dimostrazione di come seguendo il Vangelo si possa governare ogni fenomeno sociale. È sufficiente guardare al fine ultimo di ogni cosa: l’uomo. Al contrario, il ’68 come movimento sociale – dopo aver prodotto anche derive terroristiche – è svanito nel nulla. E questo è accaduto perché non aveva l’anima.