
La storia di don Ignazio, che ha fatto all’inverso
il percorso di padre Matteo Ricci

«Da bambino quando ascoltavo mia madre che pregava il Signore affinché uno dei suoi sette figli potesse diventare sacerdote, io mi rivolgevo a Gesù perché non scegliesse me, ma uno dei miei fratelli maggiori. Invece il prescelto sono stato proprio io e all’età di 17 anni ho sentito forte la vocazione, decidendo di entrare nel seminario nella mia diocesi di Karwar».
A raccontare questo aneddoto personale è don Iagnesh Shantappa Konganawor, 40 anni ancora da compiere, sacerdote indiano incardinato nella diocesi di Macerata, attualmente parroco a San Donato di Montefano.
La storia di don Ignazio – così lo chiamano familiarmente quanti lo conoscono – si pone su una sorta di “via del ritorno” dell’opera di evangelizzazione tra Macerata e l’Oriente, iniziata con il beato Tommaso da Tolentino all’inizio del XIV secolo e proseguita per secoli da tanti altri missionari, in particolare da padre Matteo Ricci.
Proprio con il gesuita maceratese il “cammino” di don Ignazio ha delle curiose coincidenze. Cresciuto nella regione meridionale del Karnataka, il giovane Ignazio non è stato attratto dalla modernità della vicina città di Bangalore, centro della “Silicon Valley” dell’India, ma la sua prima meta dopo gli studi nel seminario della propria città natale, Kirwatti, è stato il seminario diocesano “Redemptoris Mater” di Macerata, da dove è ripartito per un primo breve periodo di “itineranza” di nuovo in India. Destinazione Goa, la piccola regione sulla costa occidentale, antico avamposto portoghese dove Matteo Ricci giunse nel 1578 trattenendosi fino all’ordinazione sacerdotale nel 1580, per poi riprendere il suo viaggio verso la Cina. Anche don Ignazio da Goa è partito per la Cina, dove è rimasto tre anni, prima di ritornare a Macerata per l’ordinazione sacerdotale avvenuta il 12 maggio 2012 nella cattedrale di San Giuliano.
Prima di ricevere l’incarico parrocchiale a Montefano, don Ignazio ha svolto opera di apostolato nella diocesi di Genova. «In Italia – ci dice – sono oggi presenti molti sacerdoti indiani come me. Dall’Italia e dall’Europa le popolazioni indiane hanno ricevuto molto e continuano a ricevere in termini di fraterna solidarietà e l’India in questi ultimi anni ha restituito e continua a restituire vocazioni, anche se ultimamente pure da noi si nota una diminuzione. Lo Stato non agevola le famiglie numerose e nelle case cresce il tempo trascorso davanti alla tv a discapito di quello dedicato alla preghiera».
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