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C’è un po’ di India a Macerata

Don Philsondas Yesudasan con la comunità indiana, dopo la Santa Messa domenicale nella cripta della chiesa dell’Immacolata a Macerata

La comunità indiana stabilmente residente a Macerata e dintorni conta 47 nuclei familiari per complessive circa duecento persone. La maggior parte è presente ormai da molti anni – alcuni addirittura da più di venti – ed è ben integrata nella realtà locale. Gli uomini lavorano principalmente nell’agricoltura o nelle fabbriche della zona. Alcuni fanno anche i badanti per gli anziani infermi o che vivono soli, mentre le donne sono per lo più dedite ai servizi domestici o, anche loro, impegnate come badanti.

Provengono quasi tutti dalle regioni più meridionali dell’India, dove è prevalente la popolazione di religione cristiana. La presenza di uno o più sacerdoti indiani nella diocesi di Macerata ha sempre consentito alla comunità indiana di ritrovarsi settimanalmente in chiesa e celebrare i sacramenti. Anche questo ha contribuito a tenere unita la comunità quale aiuto reciproco nel necessario sforzo di integrazione.

La comunità indiana

Dallo scorso autunno il loro padre spirituale è don Philsondas Yesudasan, 40 anni, proveniente dalla regione del Kerala dove ha frequentato il seminario fino all’ordinazione sacerdotale avvenuta nel 2009. Dopo un periodo di studi a Roma anche per perfezionare la lingua italiana, don Philsondas è stato assegnato alla comunità indiana di Macerata e per i suoi connazionali celebra ogni domenica la Messa secondo il rito latino nella cripta della parrocchia dell’Immacolata.

Per i suoi connazionali don Philsondas, che durante la settimana aiuta nell’attività parrocchiale don Franco Pranzetti presso la parrocchia di San Vincenzo Maria Strambi a Piediripa, è un punto di riferimento e di contatto anche con la terra di origine. «Il rapporto con le famiglie in India è sempre molto forte – ci dice don Philsondas –. Alcuni, che sono venuti in Italia con i loro figli più piccoli, hanno lasciato una parte della famiglia in India e almeno una volta l’anno cercano di potersi riunire tutti insieme per alcuni giorni. Nel prossimo mese di maggio, ad esempio, molti indiani che vivono qui potranno riabbracciare genitori e nonni che verranno a Macerata per celebrare insieme a figli e nipoti la festività di San Antonio da Padova che in molte regioni dell’India è venerato quale patrono e protettore dei pescatori e degli uomini che lavorano in mare».

Il senso religioso è molto forte tra gli indiani e parecchi frequentano la chiesa anche quotidianamente, in genere la sera dopo il lavoro.

Un altro momento vissuto come molto importante per gli indiani, che si trasforma anche in occasione di festa e momento di forte aggregazione, è in ottobre per la celebrazione delle Madonna del Rosario. Per la ricorrenza, anche a Macerata sono in programma incontri di preghiera per dieci sere consecutive che si concludono con una grande festa per tutta la comunità.

Diversi indiani presenti a Macerata provengono da una zona particolare del Kerala – il Malabar – di religione cattolica, ma di rito siro–malabarese e per loro mensilmente viene da Roma un sacerdote che celebra la Messa domenicale secondo tale liturgia orientale la cui origine risale al IV secolo.

La storia di don Ignazio, che ha fatto all’inverso
il percorso di padre Matteo Ricci

Don Iagnesh Shantappa Konganawor dopo l’ordinazione sacerdotale, con monsignor Claudio Giuliodori e i propri famigliari

«Da bambino quando ascoltavo mia madre che pregava il Signore affinché uno dei suoi sette figli potesse diventare sacerdote, io mi rivolgevo a Gesù perché non scegliesse me, ma uno dei miei fratelli maggiori. Invece il prescelto sono stato proprio io e all’età di 17 anni ho sentito forte la vocazione, decidendo di entrare nel seminario nella mia diocesi di Karwar».

A raccontare questo aneddoto personale è don Iagnesh Shantappa Konganawor, 40 anni ancora da compiere, sacerdote indiano incardinato nella diocesi di Macerata, attualmente parroco a San Donato di Montefano.

La storia di don Ignazio – così lo chiamano familiarmente quanti lo conoscono – si pone su una sorta di “via del ritorno” dell’opera di evangelizzazione tra Macerata e l’Oriente, iniziata con il beato Tommaso da Tolentino all’inizio del XIV secolo e proseguita per secoli da tanti altri missionari, in particolare da padre Matteo Ricci.

Proprio con il gesuita maceratese il “cammino” di don Ignazio ha delle curiose coincidenze. Cresciuto nella regione meridionale del Karnataka, il giovane Ignazio non è stato attratto dalla modernità della vicina città di Bangalore, centro della “Silicon Valley” dell’India, ma la sua prima meta dopo gli studi nel seminario della propria città natale, Kirwatti, è stato il seminario diocesano “Redemptoris Mater” di Macerata, da dove è ripartito per un primo breve periodo di “itineranza” di nuovo in India. Destinazione Goa, la piccola regione sulla costa occidentale, antico avamposto portoghese dove Matteo Ricci giunse nel 1578 trattenendosi fino all’ordinazione sacerdotale nel 1580, per poi riprendere il suo viaggio verso la Cina. Anche don Ignazio da Goa è partito per la Cina, dove è rimasto tre anni, prima di ritornare a Macerata per l’ordinazione sacerdotale avvenuta il 12 maggio 2012 nella cattedrale di San Giuliano.

Prima di ricevere l’incarico parrocchiale a Montefano, don Ignazio ha svolto opera di apostolato nella diocesi di Genova. «In Italia – ci dice – sono oggi presenti molti sacerdoti indiani come me. Dall’Italia e dall’Europa le popolazioni indiane hanno ricevuto molto e continuano a ricevere in termini di fraterna solidarietà e l’India in questi ultimi anni ha restituito e continua a restituire vocazioni, anche se ultimamente pure da noi si nota una diminuzione. Lo Stato non agevola le famiglie numerose e nelle case cresce il tempo trascorso davanti alla tv a discapito di quello dedicato alla preghiera».

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Fra Tommaso da Tolentino
primo «ponte» col subcontinente indiano

Beato Tommaso da Tolentino

Il primo “ponte” di evangelizzazione tra la comunità cristiana del Maceratese e l’India risale agli inizi del Trecento per opera di un missionario francescano di Tolentino, fra Tommaso, il quale – dopo essere stato missionario in Armenia – concluse la sua vita terrena nel 1321 con il martirio a Thana, una località a nord di Mumbai.

L’India non era la meta della sua opera missionaria, ma fu costretto a fermarsi sulla costa occidentale indiana durante un viaggio, con meta finale la Cina, che aveva intrapreso insieme a tre suoi confratelli, Giacomo da Padova, Pietro da Siena, Demetrio da Tifliz e al domenicano Giordano da Severac.

Tutti e cinque furono crudelmente uccisi per ordine di un capo musulmano locale. I loro corpi furono in seguito riesumati dal francescano Odorico da Pordenone e sepolti in Cina.

Nella cattedrale di San Catervo a Tolentino si conservano le reliquie ossee della testa di Tommaso, riportate in Italia nello stesso XIV secolo da un mercante pisano. Nel 1894, Leone XIII approvò il culto a fra Tommaso col titolo di beato.

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Unimc e Unicam: circa 50 gli studenti dall’India

Anche le due università del Maceratese contano una nutrita rappresentanza di studenti indiani e l’ateneo di Macerata due anni fa ha sottoscritto un accordo di cooperazione internazionale con l’università di Jammu, città della parte più settentrionale dell’India, non lontana dal confine con il Pakistan.

La presenza di studenti provenienti dall’India è cresciuta negli ultimi tempi e in questo anno accademico 2018–2019 31 sono iscritti a Camerino e 21 a Macerata.

A Camerino il gruppo più numeroso (21 studenti) è equamente diviso nei due corsi di laurea della Scuola di Bioscienze e Medicina veterinaria. Due studenti frequentano la scuola di dottorato e gli altri si dividono tra le facoltà di Informatica, Chimica, Fisica e Scienze della Terra, dove sono presenti corsi erogati completamente in lingua inglese.

La possibilità di seguire i vari insegnamenti in lingua inglese è una grande opportunità che i due atenei offrono agli stranieri. Più della metà dei ventuno studenti iscritti all’università di Macerata, infatti, sta frequentando quest’anno il corso di laurea magistrale in “International tourism and destination management”, attivo presso il dipartimento di Scienze della formazione, dei beni culturali e del turismo. Uno studente, già laureato in India, sta frequentando la scuola di dottorato in Economia e gli altri si dividono tra le altre facoltà. Tra loro anche tre ragazzi di famiglie indiane che vivono stabilmente nel Maceratese da diversi anni.

L’accordo di cooperazione di durata quinquennale che il rettore di Macerata, Francesco Adornato, ha sottoscritto con il collega dell’ateneo di Jammu, Ashok Aima, ha per oggetto l’ambiente naturale e paesaggistico da studiare sotto l’aspetto socio–economico, culturale e turistico. Flavia Stara, ordinario di Filosofia dell’educazione presso il dipartimento di Scienze della formazione e dei beni culturali è la coordinatrice da parte italiana del progetto la cui predisposizione è stata favorita dal programma europeo “Marie Curie” volto a sostenere la mobilità geografica, intersettoriale e interdisciplinare dei ricercatori.

Attraverso attività di ricerca e didattiche (seminari e workshop) le due università hanno individuato obiettivi di comune interesse tra cui quelli volti ad identificare le omogeneità tra la regione himalayana indiana e le catene montuose italiane, analizzando in particolare il patrimonio culturale dell’Himalaya indiano e dell’Appennino centrale. «I risultati che possiamo attenderci al termine di questo percorso di ricerca condivisa – ha detto la professoressa Stara – sono l’individuazione di percorsi di potenziamento turistico–culturale e lo sviluppo di nuovi paradigmi educativi».

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Kerala: grande alluvione nel 2018
raccolta natalizia di offerte

Un’immagine delle inondazioni del Kerala

Per tutto il periodo natalizio in molte parrocchie delle diocesi si è svolta una raccolta di fondi a favore delle popolazioni del Kerala, stato tropicale che si estende lungo la costa sud–occidentale dell’India, dove lo scorso mese di agosto quasi un milione e mezzo di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case a seguito di una alluvione provocata da violente piogge monsoniche che hanno portato morte e distruzione.

L’iniziativa, coordinata dalla Caritas diocesana e aperta con un fondo di mille euro messo a disposizione dal vescovo Nazzareno Marconi, si è conclusa a fine gennaio. Le somme raccolte – complessivamente più di trentamila euro – sono state devolute alla diocesi di Punalur, guidata dal vescovo Selvister Ponnumuthan. La Caritas ha individuato tale diocesi in quanto da essa provengono molti degli indiani residenti a Macerata.

Anche se la parte più consistente della somma complessiva è frutto della raccolta attivata dalle parrocchie, non sono mancate le offerte – anche cospicue – arrivate da persone singole e da associazioni, come ad esempio il Sermit di Tolentino.

La stessa comunità indiana di Macerata non ha fatto mancare il proprio contributo.

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«Please Sound»: la solidarietà
ridona speranza a tante vite

Giuseppina Mogetta

Dal desiderio di compiere da turisti un viaggio per conoscere quella terra lontana, per anni sognata, è scaturita sette anni fa una piccola sorgente che porta concreta speranza di riscossa a persone destinate a rimanere ai margini della società. È quanto accaduto nel 2012 a una coppia di Macerata, Giuseppina Mogetta, insegnante in pensione, e a suo marito, Ottorino Ricci, anche lui oggi pensionato, che da quella esperienza turistica hanno tratto il germe per affrontare – nonostante l’età non più giovane – una nuova vita a servizio dei più diseredati. Rimasti durante quel viaggio profondamente toccati da situazioni di estrema povertà e da condizioni di emarginazione sociale, una volta rientrati a Macerata hanno deciso di prendere un’iniziativa per portare sostegno alle popolazioni più povere dell’India.

È nata così l’associazione “Please sound: diritti per tutti”, una onlus con sede a Sforzacosta di Macerata che oggi conta venticinque volontari «tutti accomunati – tiene a sottolineare Giuseppina Mogetta, che ne è il presidente – da forti ideali che affondano le radici nel Vangelo».

L’azione intrapresa da “Please sound” è rivolta a donne e bambini, cioè a coloro che sono più esposti a subire le conseguenze di una cultura sociale poca attenta ai diritti umani dei più deboli e dove in diverse zone sussiste ancora un tipo di organizzazione in cui vigono regole di sottomissione fisica e psicologica. «I nostri interventi – spiega la rappresentante della onlus – sono concentrati nella regione di Kalvarayan Hills, una zona montuosa nel meridione dell’India, distante circa duecento chilometri dalla costa orientale, la cui popolazione vive sparsa in 165 piccoli villaggi costituiti principalmente da case di terra e paglia. Il pericolo per queste famiglie, e soprattutto per i loro figli, è quello di emigrare nelle periferie delle grandi città dove rischiano di diventare “schiavi” per sempre».

Giuseppina Mogetta segue personalmente i progetti che l’associazione maceratese finanzia con i fondi raccolti e che sono attuati d’intesa con due partner indiani. Attraverso la “Intact school” sono costantemente attivate adozioni a distanza di bambini e bambine indiani (240 euro la donazione annuale, detraibile per un terzo dal reddito) che permette loro di frequentare una valida scuola e acquisire buone abilità culturali pur restando nella propria terra.

Con il partner indiano Dhan, l’associazione maceratese realizza progetti dedicati all’emancipazione femminile, «nel tentativo di offrire alle donne indiane un futuro che non dipendesse solo dal benvolere dei loro mariti, ma che facesse di loro dei soggetti autonomi, con in mano un mestiere, una competenza, una utilità per sé e per la propria famiglia». Oltre a imparare a cucire, viene insegnato loro ad allevare il bestiame e le api per arricchire la loro dieta, basata quasi esclusivamente sul riso e, come tale, non sufficientemente nutriente, per affrontare meglio le gravidanze e per offrire ai propri figli alimenti più completi, quali la carne, il miele, le uova.

Con i fondi raccolti in questi anni “Please sound” ha potuto finanziare anche l’attivazione di un campo medico, quale supporto sanitario che consente di visitare centinaia di persone. Tutto questo – ricorda Giuseppina Mogetta – continua a essere possibile grazie al lavoro dei volontari e al contributo di molti marchigiani che hanno compreso il messaggio di solidarietà di “Please sound”.

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La Nuova Simonelli fa breccia
dove prima esisteva solo il tè

In India il tè è la bevanda più nota e consumata. Anche il caffè è molto popolare nella parte meridionale del Paese, ma si tratta di una miscela molto diversa da quella a cui siamo abituati in Italia. Da alcuni anni, però, ad insidiare il “primato” del tè e del caffè preparati secondo i tipici gusti indiani, si sta facendo strada l’espresso italiano che – specialmente nei grandi centri – sta incontrando un crescente apprezzamento, specie dai giovani.

A questa “occidentalizzazione” dell’India nel consumo del caffè contribuisce anche una nota azienda maceratese, da anni leader mondiale nella produzione di macchine per caffè espresso. Dallo stabilimento Simonelli di Belforte del Chienti partono mediamente un migliaio di macchine l’anno. Si tratta di macchine professionali destinate ad hotel, ristoranti e coffee–shop di catene indiane e internazionali.

Tra i produttori italiani di macchine per caffè, l’azienda maceratese è quella col maggior volume di export verso l’India. «Abbiamo iniziato oltre dieci anni fa – ci dice l’ingegnere tolentinate Piergiorgio Cannara, responsabile dell’area asiatica di Simonelli Group – esportando macchine superautomatiche, quelle cioè dove la tecnologia consente a chiunque di preparare un caffè espresso o un cappuccino. Ora che i baristi indiani hanno iniziato ad acquisire la necessaria formazione, vendiamo in India anche le stesse macchine che troviamo comunemente nei locali italiani».

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