La prima parte del nostro viaggio è terminata: lasciamo Buenos Aires per raggiungere la Patagonia. Il volo interno fino a Treleu dura due ore. All’arrivo ci accolgono i nostri tre missionari fidei donum: don Alberico Capitani, don Sergio Salvucci e don André Louis De Oliveira.
La Patagonia si mostra subito una terra particolare: fuori dell’aeroporto c’è un modello a scala naturale di un dinosauro di 45 metri, vissuto qui 300 milioni di anni fa, le cui ossa sono state trovate in questa zona assieme a tanti altri fossili. Qui ci si sente subito piccoli, non solo comparati a questo
Fa bene ogni tanto sentirsi piccoli, soprattutto davanti a un mondo in cui tanti si illudono di
essere grandi, potenti, eterni. Una seconda bella sensazione deriva dal trovare dei volti amici in questa terra così lontana. La nostra è una diocesi con una particolare vocazione missionaria, ma questo diventa chiaro soprattutto qui, dove se si stende lo sguardo verso l’orizzonte e poi si vedono Alberico ed i suoi compagni di avventura, il vangelo di Matteo sembra realizzarsi: andate
in tutto il mondo ad annunciare il Vangelo fino ai confini della terra.
Giungiamo così, con un’altra oretta di viaggio in macchina, a Puerto Madryn. Anche il viaggio qui è particolare: la strada va tutta in pianura e per chilometri scorre diritta. Ci dicono che alcune strade della Patagonia hanno una curva ogni 70 chilometri. Qui la metafora della strada per descrivere la vita non funziona: tanto le strade sono diritte quanto le vite della gente di quaggiù sono piene di curve, salite ed improvvise discese.
Alberico ci parla di vari popoli che a ondate hanno tentato la fortuna venendo qui, dai primi Gallesi che morirono quasi tutti nel tentativo, a peruviani, boliviani, argentini poveri del Nord. Facendo i lavori più diversi: pescatori, pastori, commercianti, fino agli operai di una grande
È tra questa gente diversa, legata a tradizioni di fede spesso molto differenti, che i nostri preti svolgono il loro servizio. In serata, in una