Dal vangelo secondo Matteo (7,7-12)
Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe? Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti.
Riflessione
Gesù ci parla della necessità e del potere della preghiera. Non possiamo comprendere la vita cristiana senza una relazione con Dio, e al centro di questa relazione c’è la preghiera. La nostra vita qui è quella dei pellegrini, ma la preghiera ci avvicina a Dio, ci apre le porte del suo immenso amore e ci dà un assaggio delle delizie del cielo. Pertanto, la vita cristiana è una continua richiesta e ricerca: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi apriranno”, ci dice Gesù.
Allo stesso tempo, la preghiera trasforma gradualmente il cuore di pietra nel cuore di carne: “Se tu che sei malvagio, sai dare buoni doni ai tuoi figli, quanto più tuo Padre che è nei cieli darà cose buone a quelli che le chiedono? “. Il miglior riassunto di ciò che possiamo chiedere a Dio è nella preghiera del Signore: “Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra” (Mt 6,10). Nella preghiera non possiamo chiedere altro da ciò che è veramente buono. Nessuno desidera ciò che è dannoso per lui; e non possiamo nemmeno volerlo per gli altri.
Ci sono alcuni che si lamentano che Dio non li ascolta perché non vedono immediatamente i risultati, o perché pensano che Dio non li ami. Non è inutile quindi ricordare il consiglio di San Girolamo: “Poichè è certo che Dio dà a chi chiede, che chi cerca trova, e che chi bussa trova aperto. È chiaro che chi non ha ricevuto, chi non ha trovato e a chi non è stato aperto: non ha chiesto bene, non ha avuto un bell’aspetto e non ha bussato alla porta “. Chiediamo prima di tutto a Dio di rendere il nostro cuore buono come quello di Gesù.
SAN VINCENZO MARIA STRAMBI
San Vincenzo nacque a Civitavecchia nel 1745 in una famiglia agiata e fin da bambino manifestò una particolare inclinazione per la fede e la pietà cristiana. Conobbe San Paolo della Croce e si unì a lui nella sua nuova congregazione dei Padri Passionisti. Fu uomo colto e grande oratore, scrittore, direttore spirituale e consigliere di papi e santi, caritatevole verso i poveri, i malati e gli orfani, pastore saggio ed autorevole. Il 26 luglio 1801 fu consacrato vescovo e inviato nella diocesi di Macerata, unita a quella di Tolentino, per ristabilire il governo pontificio dopo l’occupazione francese e per rinsaldare la fede e i costumi sia nella popolazione che ancor più nel clero. Così a Macerata aveva trovato appoggio durante la prima occupazione francese la soppressione degli ordini religiosi e l’incameramento dei beni ecclesiastici. Giunto a Macerata San Vincenzo, nel giro di pochi anni, con un’azione energica e decisa, riuscì a rinnovare in profondità la vita religiosa e civile delle due diocesi. Il nuovo arrivo dei francesi e l’annessione di Macerata al Regno italico (11 maggio 1808) bloccarono l’opera riformatrice del Santo vescovo che fu costretto ad affrontare il controllo governativo su ogni attività religiosa e soprattutto la richiesta di giurare fedeltà a Napoleone. Il rifiuto di sottostare a quest’ultima pretesa gli costerà, il 28 settembre 1808, l’esilio prima a Novara e poi a Milano. Il 14 maggio 1814, caduto l’impero napoleonico, San Vincenzo fece ritorno a Macerata dove due giorni dopo lo raggiunse papa Pio VII anche lui di ritorno dall’esilio e il 3 maggio dell’anno successivo andò incontro all’esercito austriaco che inseguiva Gioacchino Murat sconfitto a Tolentino, intercedendo per la città affinché fosse risparmiata da rappresaglie. Prima di riprendere l’azione pastorale, il santo vescovo dovette occuparsi del rientro dei religiosi nei conventi espropriati e della ricostituzione delle confraternite, ma una nuova carestia alla quale seguì nel 1816 una epidemia di tifo lo vide di nuovo impegnato nel soccorso dei più poveri. Nel 1821 festeggiò con solennità il primo centenario dell’Incoronazione della Madonna della Misericordia in una città tornata sempre più alla fede. Oramai stanco e desideroso di concludere la sua vita tra le mura di un convento chiese al nuovo papa Leone XII di essere esonerato dal servizio episcopale, permesso che gli fu accordato il 5 novembre 1823 insieme alla nomina a confessore e consigliere personale del Papa. La notte tra il 23 e il 24 dicembre seguente il pontefice, già sofferente, giaceva gravemente ammalato, allora San Vincenzo offrì a Dio la sua vita per la guarigione del Pontefice, da quel momento Leone XII cominciò a migliorare e poco dopo fu dichiarato fuori pericolo, mentre il 28 dicembre San Vincenzo ebbe un «colpo apoplettico» e spirò il primo gennaio 1824 già in concetto di santità.