
La pioggia è una benedizione, però due giorni ininterrotti di pioggia battente cominciano ad essere una benedizione un po’ fastidiosa. Soprattutto oggi che visitando i settori più poveri della periferia, le strade di fango sono diventate torrenti e i tetti piuttosto provvisori di molte case, lasciano entrare la pioggia in più punti. Anche qui vige la regola che: nella sfortuna hanno sempre la peggio i più poveri.
Senza lasciarci abbattere abbiamo affrontato con il solito umorismo l’avventura, anche perché in casa parrocchiale piove dentro da un lampadario (!). Don Alberico spiega che: per risparmiare, l’impianto l’ha fatto lui stesso e forse da un foro del tetto entra acqua in una canalina elettrica. In un mondo normale dovrebbe verificarsi un corto circuito, ma quello dei missionari, come direbbe Guareschi del mondo piccolo di don Camillo: «È un posto speciale, su cui il Buon Dio ha un particolare sguardo di benevolenza». Perciò si mette un secchio sotto la lampadina accesa, a raccogliere l’acqua che cola e si parte sereni verso la parrocchia di don André Louis che ci attende.
È un quartiere di estrema periferia dall’altro lato della città: i nostri missionari infatti, tra le 4 parrocchie di Puerto Madryn, una cittadina di poco più di 100.000 abitanti, seguono le due più periferiche e povere. Probabilmente anche le più popolose, anche se qui nessuno sa quanta gente sia residente. Secondo i dati reperibili su Internet, la popolazione negli ultimi 20 anni è raddoppiata rispetto ai 50.000 iniziali, e il ritmo con cui giunge gente nuova non sembra in diminuzione.
La parrocchia di don André è per lo più composta da immigrati boliviani, che qui costituiscono la comunità cattolica più solida e praticante. Attraversando i quartieri si vedono tante cappelle e cappelline di gruppi evangelici dai nomi strani. Si tratta per lo più di sette, con cui è pressoché impossibile un confronto ed un dialogo, come ci confermano i nostri missionari. Il fenomeno delle sette nei barrios periferici dell’America Latina si è molto diffuso negli ultimi decenni. È dovuto probabilmente al fatto che queste piccolissime comunità danno l’illusione ai loro fedeli di garantire maggiore vicinanza e attenzione al singolo di quanta ne possano garantire le Chiese storiche come la nostra.
Quando papa Francesco parla della necessità di garantire prossimità, vicinanza a ogni persona, nel mondo delle grandi masse cittadine di oggi, lo fa certo alla luce della sua significativa esperienza. Una risposta cattolica l’abbiamo incontrata nella parrocchia di don André dove sono accolte, oltre la vita parrocchiale classica, altre realtà ecclesiali. C’è una casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII, che aiuta molto la vita parrocchiale e lavora al recupero di tossicodipendenti ed emarginati, ma anche animando un doposcuola piccolo e vivace nei locali accanto alla chiesa. Ci sono poi le Comunità neocatecumenali che vivono, mi confermava il Vescovo ausiliare, cercando di integrarsi molto nella normale vita parrocchiale. C’è egualmente un gruppo del Rinnovamento carismatico, uno della Legio Mariae e altre realtà più piccole.
Invitandoli in maniera molto libera a pregare insieme nella Messa della sera, abbiamo visto la chiesa riempirsi, e con la partecipazione di tutti, il coro della Papa Giovanni e le classiche battute di don Alberto durante l’omelia, abbiamo vissuto forse la Messa più bella di questi giorni.
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