“La morte di Noa è una grande perdita per ogni società civile e per l’umanità. Noi dobbiamo sempre affermare le ragioni positive per la vita”. Lo si legge in un tweet appena diffuso dalla Pontificia Accademia per la vita sulla morte della diciassettenne Noa Pothoven, che in Olanda si è lasciata morire dopo aver sofferto per anni di gravi disturbi psichici a causa di abusi subiti da bambina.

La ragazza, che soffriva di stress post-traumatico, anoressia, depressione, è morta in casa domenica scorsa, dopo aver smesso di mangiare e bere, come ha spiegato lei stessa nel suo ultimo post su Instragram. Nel dicembre scorso, in una delle tappe della sua vicenda medico-giudiziaria, le era stata negata la possibilità di ricorrere all’eutanasia. In Olanda l’eutanasia è legale dal 2001 e anche un minorenne può farne richiesta a partire dai 12 anni, dopo che un medico abbia certificato che la sua sofferenza è insopportabile senza prospettive di miglioramento e in mancanza di un’alternativa ragionevole (e anche questa sembra una resa dei medici). Fino ai 16 anni serve il consenso di genitori o tutori. Dai 16 anni in poi non serve nemmeno il consenso della famiglia, anche se fino ai 18 anni il medico è comunque obbligato ad avvertire i familiari. Nel 2017 in Olanda 6.585 persone hanno ottenuto l’eutanasia, più o meno il 4,4% del numero totale di oltre 150mila morti registralo lo stesso anno.

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