di Nazzarena Luchetti

Fra giugno e agosto il rumore del mare non si sente più. Difficile ascoltarlo al mattino quando il sole è appena alto, così come il pomeriggio quando il cielo è ancora troppo azzurro per un volo di gabbiani. Impossibile alla luce del crepuscolo quando ogni cosa è illuminata e la brezza rende più piacevole gustare un vino leggero; impossibile ascoltarlo quando, annullando il confine tra il mare e la notte, compaiono la luna e le stelle. Il rumore del mare, dono naturale, unico e paradisiaco, non si sente più, sopraffatto da una miriade di rumori che abbondano nei luoghi di vacanza.

Il confine tra i rumori molesti, che turbano la pubblica quiete, e quelli gioiosi (il brusio della piazza tanto caro a Leopardi) è sempre più labile e per chi ha un gusto naturale per il silenzio, non c’è niente da fare: il silenzio in spiaggia non è di moda ed è inconciliabile con l’estate della movida e del tormentone dell’Amaro del Capo ghiacciato. Nei luoghi di mare è diventato quasi impossibile trovare anche un piccolo posto dove non ci sia una folla urlante o un continuo chiacchiericcio di fondo; un luogo dove, in nome dell’attivismo, non si debba per forza fare qualcosa: ginnastica, tornei, rassegne, concerti e balletti. L’indignazione di chi cerca il silenzio infastidisce e chi si batte per un po’ di pace in spiaggia (o in altri luoghi) è guardato con sospetto, bollato come misantropo a cui tutto da fastidio (vai a spiegare, invece, che sai stare così bene con qualcuno da poterci stare in silenzio). Anche chi è stimato persona “normale”, con il dono di udire e comprendere il rumore del mare, è invitato, per non disturbare il comune rumore, ad andare in spiaggia quando tutti gli ombrelloni sono chiusi, perché il silenzio fa rima con inverno e con le persone ricche dentro.

Purtroppo, invece, il silenzio fa sempre più rima con il ricco vero e chi cerca per le proprie vacanze la quiete con lo sfondo infinito del mare, deve avere reddito per potersi permettere la vacanza in un resort di lusso dove il silenzio non è mai un vuoto da riempire ma qualcosa che rappresenta il massimo della finezza. Un lusso immateriale: lo spazio, il tempo e, soprattutto, il silenzio, sono piaceri sempre più rari, come sanno bene i tour operator che propongono viaggi esclusivi solo per fuggire dal frastuono del mondo.

E così chi ricco non è, e per dotta ignoranza non si sente neppure ricco dentro, ed è pure freddoloso, si trova costretto ad apprezzare il mare d’inverno solo perché quel silenzio tanto desiderato d’estate è stato negato in nome del pubblico rumore.

Il silenzio sembra non far più parte di questo mondo: “E’ morto. Lo hanno ucciso i rumori contemporanei”, annunciano gli apologisti del silenzio, come l’uomo di Nietzsche annunciava la morte di Dio. Ma perché non si sa più apprezzare il silenzio? Soprattutto per due aspetti. Il primo: il silenzio fa paura. Spaventa perché è un compagno scomodo che invita sempre a pensare senza mediazioni, a guardarsi e a rielaborare, con penosa sincerità, ciò che facciamo.  Spaventa perché ci fa calare nella nostra sconosciuta interiorità che teniamo sempre anestetizzata frequentando ambienti loquaci, evitando, in tal modo, turbamenti da sensi di colpa o doveri morali. Non è il mondan romore altro ch’un fiato di vento, diceva Dante, eppure, come un leviatano, il rumore penetra nelle nostre coscienze, le indebolisce condizionando, con il conformismo, il nostro essere liberi. Rimanere in silenzio potrebbe comportare rimettere in discussione tutto  l’ordine (disordine?) che ci siamo costituiti. Sono davvero io quello in mezzo a tanto rumore? Spesso il parlare e lo straparlare è diventato male comune che si è costretti a sopportare  perché condiviso da tutti. Ne consegue che l’uomo si trova sempre più a proprio agio nel rumore, anzi è fiero di tutto questo fracasso di feste infinite che celebrano solo se stesse: i suoni artificiali, i rumori di fondo, le continue notifiche, confortano, incantano, distraggono, disorientano, fanno compagnia come la Tv sempre accesa nelle case degli anziani, che aiuta a sopportare meglio il peso interiore degli anni e gli interrogativi dell’ anima. Eppure non è mai troppo tardi per fare silenzio e riconciliarsi con se stessi, con gli altri, Con Dio.

Questo ci porta al secondo aspetto che è l’annullamento della vita spirituale a cui il silenzio è intimamente legato.

Nell’epoca post moderna dove tutto ha subito una dissacrazione, il silenzio è una delle principali vittime, inadatto per il nostro tempo dove occorre ingabbiare il senso vero dell’uomo solo dentro la vita terrena. Il fatto di aver ripudiato ogni cosa che non abbia un lato utilitaristico o immanente, ha comportato l’azzeramento della spiritualità o, nel migliore dei casi, all’esistenza di una spiritualità di facciata dove la coscienza è una approssimazione condizionata, sempre più vuota o superficiale. L’uomo, ontologicamente parlando, non ha affinità con il rumore: nasce in silenzio e fin dalla tenera età ha bisogno di assenza di rumori per riposare, per rigenerarsi, per concentrarsi, per amare, per morire. Non solo la morte della carne ma l’angoscia silenziosa della caducità della vita, il pensiero di essere destinati a sparire senza lasciare traccia.  Ma questo silenzio tombale può essere vinto solo dal silenzio religioso, quel raccoglimento intimo di chi crede di far parte di un progetto più grande, trascendente e universale. Perchè il silenzio non è solo autentica riflessione con noi stessi, il silenzio è sacro, non è assenza, è presenza viva. Nel silenzio c’è qualcosa di profondo, di unico, qualcosa di cui fare esperienza come fece il profeta Elia che si abbandonò in silenzioso ascolto e riconobbe la Voce nel mormorio di un vento leggero (1Re 19,12). Il silenzio è il mezzo privilegiato per parlare con Dio.

Recuperare il silenzio vuol dire far riapparire il divino nel cuore di ogni uomo “Se fossi medico” – diceva il filosofo danese Kierkegaard –  “e uno mi domandasse un consiglio, risponderei: crea il silenzio! Porta l’uomo al silenzio”. E’ difficile riportare l’uomo ad amare il silenzio quando l’attrazione per il rumore è così forte. Eppure non si richiede il silenzio permanente o il “Gran silenzio” ascetico degli eremiti della Chartreause certosina, ma un breve silenzio quotidiano che ci prenda per mano, ci renda liberi da ogni condizionamento e ci restituisca il dono del discernimento. Per chi teme l’horror vacui, può favorire un vigile e silenzioso raccoglimento con della musica di sottofondo che, se è buona, è una delle cose migliori della vita. Proviamoci, oggi. E chissà che il silenzio non diventi una (santa) abitudine.

Approfondimenti: Robert Sarah: La forza del silenzio

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