Scendo dal treno e attraverso il piazzale della stazione, la città ha ancora pochi segni natalizi. Solo una grande stella luminosa brilla su una finestra.
È già sera. Ripenso alla giornata trascorsa, rivedo come in sequenza tutti i momenti del giorno e cerco di leggerli alla luce di questo periodo forte dell’anno: l’attesa di una redenzione per tutti, l’attesa di un cambio di stili di vita che la nascita di Gesù dovrebbe portare nei nostri cuori.
Un fatto straordinario di più di duemila anni fa che ancora oggi dovrebbe travolgere il nostro cuore e farci diventare più umani, perché Lui ha scelto di essere Uomo.
Allora mi accorgo, involontariamente, di pensare a quel carrello della spesa fermo lì senza essere ritirato per una tessera scaduta. Quella donna che per tutto il mese aveva aspettato di portare a casa latte, pane e generi di prima necessità è rimasta così senza poter dire niente perché qualcuno ha trascurato di aggiornare la documentazione che le permetteva di ritirare dei viveri attraverso un’organizzazione che aiuta le persone in difficoltà.
Nell’indifferenza alla sua povertà dignitosa, nessuno si è preoccupato di assicurare alla donna mettendo da parte la merce già deposta sul bancone e pronta per essere ritirata. Qualsiasi supermercato lo avrebbe fatto per una persona che avesse dimenticato il suo borsellino a casa.
“Avvento” significa attesa che un cuore si converta a Cristo, Figlio di Dio che “con la sua Incarnazione si è unito in un certo senso ad ogni uomo”; per questo la Chiesa riconosce come suo compito fondamentale il far sì che una tale unione possa continuamente attuarsi e rinnovarsi. In Cristo Signore la Chiesa indica e intende per prima percorrere la via dell’uomo e invita a riconoscere in chiunque, prossimo o lontano, conosciuto o sconosciuto, e soprattutto nel povero e nel sofferente, un fratello “per il quale Cristo è morto” (1 Cor 8,11; Rm 14,15) (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 105).
Al pensiero della donna con la tessera scaduta se ne aggiunge un altro: quello della stazione dove gli addetti alle ferrovie con tanto di uniforme attraversano i binari ignorando il cartello: “Vietato attraversare i binari”. Nessun cittadino si permetterebbe di farlo, perché rispetta le norme emesse per la sicurezza e l’incolumità di tutti. Ma chi conosce le nefaste conseguenze del non rispetto di questi divieti si arroga il privilegio di poterli ignorare perché indossa una divisa che, invece, lo dovrebbe indurre a rispettare a tutti i costi le norme come ogni comune cittadino è dovuto a fare, pena una sanzione.
Se poi qualcuno per spirito di sana educazione fa la dovuta domanda: “Ma si possono attraversare i binari?”, si sente rispondere in modo del tutto contraddittorio “No!!!”. E alla replica: “Allora perché voi lo avete fatto?”, non si risponde con le dovute scuse, ma con l’arroganza di chi ha trasformato la professione in un mestiere che sta al di sopra delle regole.
“Avvento” allora significa attesa di redenzione già in questi piccoli gesti di vita quotidiana dove spesso si sono persi i criteri umani e conseguentemente quelli divini, perché, se neghiamo l’umanità neghiamo Dio che l’ha assunta e che per ogni uomo è nato, vissuto e morto. Perché nell’Avvento è racchiusa non solo l’attesa del Natale ma vi è anche nascosto il Mistero della Morte e Risurrezione di Cristo.
Mentre continuo a camminare lungo la strada ricoperta dalle foglie morte dell’autunno e bagnate dalla pioggia recente, ripenso a quel professore universitario che nella segreteria dove gli studenti continuamente si avvicendano e gli impiegati lavorano, brandisce come un trofeo la sua sigaretta che emana uno sgradevole odore e riempie di una cappa grigiastra la piccola stanza… ma nessuno ha il coraggio di ricordare all’illustre docente che nei luoghi pubblici è vietato fumare e che il fumo passivo è ancora più nocivo di quello attivo.
Bastava solo comporre un numero per avvisare l’incaricato, ma nessuno si è mosso. Il barone universitario ha così continuato a emettere veleno attentando alla salute delle persone.
A volte forse noi cristiani voliamo troppo alto e invece di parlare di argomenti semplici che toccano la vita quotidiana, comunichiamo un Dio che mai è nato, mai è vissuto, mai ha camminato sulla terra, la Palestina appunto. Invece la Chiesa ci insegna che “Il Figlio di Dio… ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo.
Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato” (Gaudium et spes, 22).
Ma per completare il senso dell’Incarnazione dobbiamo anche capire, come ci ricorda S. Atanasio, “che il Figlio di Dio si è fatto uomo per farci Dio”. Lo stesso afferma S. Ireneo: “il Verbo si fece carne perché diventassimo ‘partecipi della natura divina’. Questo è il motivo per cui il Verbo si è fatto uomo e il Figlio di Dio Figlio dell’uomo: perché l’uomo entrando in comunione con il Verbo e ricevendo la filiazione divina, diventasse figlio di Dio”.
Allora tutti i tasselli del mosaico raccolti durante la mia giornata si ricompongono come per una sorta di magia e danno un senso non solo al giorno trascorso ma al periodo dell’Avvento. Nei semplici gesti quotidiani abbiamo la possibilità e la libertà di poter scegliere e di attendere che quel bambino inerme rinnovi la nostra vita e ci dia l’umiltà di riconoscerlo nei poveri nonché di imitarlo nelle nostre azioni per essere elevati con la sua Grazia ad una vita perfettamente umana e perfettamente divina.

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