Natale è festa per tutti, perché Gesù è nato per tutti. Però, tra le molte persone che celebrano questa festa, io vorrei essere particolarmente vicino a quelle anziane, soprattutto quando, oltre al peso degli anni, devono far fronte a condizioni di vita difficili e faticose, come avviene per chi è stato colpito dal terremoto. Ho fatto questa scelta come medico che si occupa in particolare dei vecchi e come cittadino che in questi mesi ha seguito la crisi di chi non ha più ritrovato il suo nido, la casa travolta dagli eventi naturali, che gli uomini non sono stati ancora in grado ricostruire in maniera degna.

Cos’è il Natale? L’aspetto religioso ci parla del dono che Dio Padre ci ha fatto mandando sulla terra il Figlio. Un dono enorme. Però troppo spesso viviamo in condizioni che non ci permettono di apprezzarlo, perché la nostra vita è così dura per cui ci dimentichiamo anche del dono. Penso allora che come singoli e come comunità dobbiamo costruire attorno a noi condizioni che permettano un po’ di serenità.

Invece di parlare genericamente per tutti, io vorrei dedicare queste poche righe per comunicare agli anziani che ci leggono cosa posso fare io, in quanto medico, in modo che tutti, anche i più sfortunati, possano apprezzare – pur con difficoltà – il grandissimo dono della Natività.

Scrivo di seguito un elenco di quello che devo e posso fare per le persone anziane che soffrono, partendo dall’idea che il medico attento e generoso costituisce un punto di appoggio per ogni comunità che vuole essere amica di chi è più fragile. Sono peraltro convinto che i punti che riposto di seguito siano largamente condivisi da coloro che si occupano di persone deboli.

Per chi ha responsabilità sugli altri,
lo studio serio e fattivo è il più grande atto di generosità che si possa esercitare

Il primo impegno che assumo è lo studio. Per essere davvero di aiuto a chi in difficoltà è necessario che i medici, ma in genere tutti coloro che hanno responsabilità per gli altri, studino, leggano, elaborino: le crisi del singolo e delle comunità hanno bisogno di chi si impegna a trovare le risposte più giuste e opportune. Lo studio serio e fattivo è il più grande atto di generosità che possa essere fatto. Non è atto di egoismo, ma, al contrario, il segno concreto di disponibilità verso chi soffre. Aggiungo che i sofferenti comprendono chi è davvero preparato per affrontare le loro personali difficoltà e a questi si affidano con maggiore serenità.

La seconda caratteristica per svolgere una funzione di cura efficace è la generosità. Talvolta è solo questa dote che permette di essere disponibili nei momenti critici, di non dare risposte intolleranti, anche quando può sembrare che le richieste del sofferente siano eccessive, aggressive, senza un fondamento realistico. La tolleranza in questi casi è figlia della generosità, perché permette dii mantenere un contatto con l’altro indispensabile per qualsiasi atto di cura.

Solo il silenzio paziente permette
di comprendere le dinamiche di sofferenza, nascoste nella profondità dei cuori,
per poi offrire delle risposte adeguate

Altra caratteristica fondamentale che deve caratterizzare ogni atto di cura è l’ascolto. Di fronte ai bisogni dell’altro si deve tacere e ascoltare; qualcuno ha scritto che chi davvero si prende carico del sofferente deve ascoltare per l’80% del tempo e parlare per il 20%. La persona non deve essere oppressa dai punti di vista del curante; questi deve soprattutto permettere all’altro di esprimere contenuti che spesso non sono comunicabili con facilità. Solo il silenzio paziente permette di comprendere le dinamiche di sofferenza, nascoste nella profondità dei cuori, per poi offrire delle risposte adeguate alla specifica situazione e non generiche.

L’atteggiamento religioso, spesso di grande supporto per la persona che soffre,
deve essere valorizzato e sempre
tenuto in conto anche negli atti di cura

Attenzione: un’altra caratteristica del medico (e in generale di chi assiste). L’attenzione permette di guardare l’altro in tutte le sue espressioni, non solo quelle più evidenti. Chi soffre capisce se è accompagnato in modo superficiale o, al contrario, con uno sguardo che cerca di superare le apparenze. In questa prospettiva si colloca anche la curiosità, dote da taluno erroneamente ritenuta negativa. Al contrario, chi è curioso non si ferma alla prima impressione, cerca di comprendere il significato anche dei segnali meno evidenti, nascosti. In quest’ottica, ad esempio, va letto l’atteggiamento religioso, spesso momento di grande supporto per la persona che soffre, che deve essere valorizzato e sempre tenuto in conto anche negli atti di cura.

Chi non è disponibile a essere gentile
è bene che non svolga un compito di cura

Infine, ricordo la gentilezza tra i doveri di un medico nei riguardi di chi assiste. È la testimonianza di una disponibilità non formale, un modo per avvicinarsi all’altro rispettando la sua persona e il suo pensiero. Chi non è disponibile a essere gentile è bene che non svolga un compito di cura; non vi possono essere scuse legate alla disponibilità di tempo o di mezzi!

Spero che questa aperta dichiarazione da parte di un medico rispetto all’atteggiamento da tenere verso le persone sofferenti sia di seppur piccola soddisfazione per chi soffre. Natale deve per tutti essere un dono, come è per chi scrive queste note; spero che possano convincere i nostri lettori che vi sono tante persone disponibili a aiutarle, in particolare quando alle difficoltà connesse all’età si aggiungono quelle legate alle condizioni di vita. Penso agli anziani che vivono precariamente, lontani dalle loro radici, come purtroppo avviene ancora per troppe persone fragili. A loro va il mio più caloroso augurio di Buon Natale!

(Il professor Marco Trabucchi è presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria)

Le foto si riferiscono a un convegno che ha visto il professor Trabucchi come relatore; l’iniziativa si è svolta a Tolentino il 21 novembre 2019 presso la caserma dei Vigili del Fuoco

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