In fila per la spesa, una mamma racconta del suo Tommaso, un bimbo di 8 anni, felice per la videochiamata della maestra. Tommy vuole andare a vedere la sua scuola perché gli manca. Gli mancano amici, maestre, bidelli e il cortile della ricreazione. Anche i ragazzi lamentano la mancanza di compagni e insegnanti con cui condividere ansie, paure e difficoltà. È questo in fondo che aiuta a crescere, ad aprirsi al mondo.

La scuola è una comunità educante, un servizio essenziale, è palestra per apprendere la democrazia. La “didattica a distanza” non può compensare tutto quello che la scuola rappresenta. Alcuni aspetti positivi potranno rivelarsi utili anche quando l’emergenza sarà un ricordo, inoltre in questo momento permette agli alunni di mantenere i legami, pur mancando, nel processo di apprendimento, la presenza, quella fatta da sguardi e gesti.

Espressioni e sfaccettature che fanno la differenza. Rimanere chiusi in casa è difficile per noi adulti; pensiamo ai bambini… In questo tempo lungo di quarantena sono stati trascurati i più deboli. Tanti bambini e ragazzi che non hanno pc, tablet, wifi, che vivono in paesi e contrade del nostro territorio dove la connessione è difficile, o a chi ha tre figli e un solo pc; ancora di più penso a bambini e i ragazzi disabili, le cui famiglie ogni giorno improvvisano assistenza e sostegno. Non è solo una questione di digital divide, è che l’accesso alle nuove tecnologie può integrare e arricchire la didattica, ma lo spazio democratico della scuola è l’unica garanzia per costruire inclusione e cittadinanza. L’emergenza è anche l’occasione che costringe la scuola a mettersi in discussione. L’Italia ha svilito e indebolito la scuola, massacrata da scelte mirate solo al risparmio. Questo è il momento di ripensarla a partire da edilizia e finalità. La scuola ha bisogno di ambienti accoglienti e adeguati. Anche a Macerata alcuni istituti superiori soffrono disagi, da quello dislocato in un condominio a quelli sparsi su più plessi. Inoltre, in questi ultimi anni, nelle Marche, le classi tagliate hanno aumentato quelle “pollaio”.

È questo il momento di ripensare il sistema scolastico progettando unità nel percorso dell’obbligo e la ristrutturazione dei cicli. Pensare una scuola media realmente orientativa con atelier creativi e laboratori. Una scuola superiore che superi i paradigmi educativi del ‘900, dove trovino spazio nuovi piani di studio. Superare l’ossessiva e asfissiante burocrazia, l’abolizione dei test Invalsi, il reclutamento e la formazione dei docenti. Ridare dignità al ruolo docente, screditato in questi ultimi anni. Altri nodi da affrontare sono quelli della valutazione, dell’abbandono scolastico, lo sviluppo dell’istruzione tecnica e l’istruzione per adulti.

Cambiare la fisionomia da una scuola che boccia a una scuola cooperativa e flessibile, valorizzando attitudini e potenzialità. Una scuola che apprezzi le diversità e riconosca le intelligenze multiple, attenta alle scoperte delle scienze cognitive e delle neuroscienze. Pensare a un nuovo patto tra scuola e famiglia che superi i decreti delegati. Ripensare la didattica senza fanatismi tecnologici – una realtà non nuova quella dell’apporto delle tecnologie se Vertecchi ne scriveva già nel 1988 e nel 2007 si usava piattaforme all’Università di Macerata –. La DaD è una realtà vasta e difficile da definire, tanti sono i suoi modi operativi. Ricordare che quella che si sta attuando, come rileva Barbero «è un tappabuchi ma il contatto diretto è insostituibile», è una necessità, perché la scuola è quella fatta di relazione, di conflitti, di regole. La scuola è luogo di formazione, di confronto e inclusione. A scuola si studia, s’impara a conoscere l’altro e il proprio ambiente; la scuola modella il carattere e le conoscenze dei ragazzi.

E per settembre? La prima cosa da fare sarebbe abbassare il numero degli alunni per classe. Cercare stabili e cubature o tirare su quei prefabbricati che in poco tempo sono pronti. Perché l’obiettivo principale dei prossimi mesi deve essere quello di compiere uno sforzo straordinario per riaprire in sicurezza. Riaprire la scuola vuol dire riaprire il futuro.

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