di Alessandro Di Medio
Da due domeniche stiamo rivedendo la nostra gente a Messa; d’accordo, in realtà sono due settimane, ma sappiamo tutti che sono state queste due domeniche (e che domeniche: Ascensione e Pentecoste!) il banco di prova della nostra capacità di ripresa.
Non mi si tacci di clericalismo, ma oggi ci terrei proprio a condividere con i miei confratelli sacerdoti qualche spunto su come sta andando, e su cosa non dobbiamo né possiamo dimenticare.
Immagino che anche voi abbiate provato, come me, una certa tensione dinanzi ai protocolli ferrei da dover rispettare… veri e propri sudori freddi all’idea che qualche devoto non rispettasse le distanze, o che l’Ostia santa ci cadesse dalla mano resa insensibile dal guanto, o che qualcuno – sorpresa! – si sentisse male, ecc. ecc.
Come è stato al contempo commovente ed estraniante rivedere i volti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, dei nostri figli e delle nostre figlie, però solo parzialmente a causa delle mascherine, e intuire dai loro sguardi costernati il disagio per quei camuffamenti soffocanti eppure necessari.
Ebbene, tutto questo fa parte della nostra ripresa, ed è una ripresa dolorante e incerta, cauta e leggermente preoccupata, esattamente come una convalescenza dopo una pesante malattia.
Tutto questo, però, non deve farci dimenticare, e non ci deve indurre a pensare che ora il problema sia “tornare a prima”. Eh no, indietro non si torna, come ho già scritto precedentemente, e continuo a ripetere alla mia gente – come immagino stiate facendo voi, del resto.
“La nuova fase che iniziamo ci chiede saggezza, lungimiranza e impegno comune, in modo che tutti gli sforzi e i sacrifici fatti finora non siano vani”, ci ha scritto il Papa proprio ieri, per Pentecoste.
Questo non è per noi solo il tempo delle “cautele sanitarie”; questo deve essere anche (e soprattutto) il tempo del coraggio pastorale e della verità , in cui quanto abbiamo colto come necessario per la vita delle nostre comunità va portato avanti, quanto abbiamo riconosciuto essere fondamentale per la custodia del nostro sacerdozio va nutrito, e a quanto si è potuto rinunciare tranquillamente nel tempo della quarantena si dica definitivamente addio.
“La fede ci permette una realistica e creativa immaginazione, capace di abbandonare la logica della ripetizione, della sostituzione o della conservazione; ci invita ad instaurare un tempo sempre nuovo: il tempo del Signore. Se una presenza invisibile, silenziosa, espansiva e virale ci ha messo in crisi e ci ha sconvolto, lasciamo che quest’altra Presenza discreta, rispettosa e non invasiva ci chiami di nuovo e ci insegni a non avere paura di affrontare la realtà . Se una presenza impalpabile è stata in grado di scompaginare e ribaltare le priorità e le apparentemente inamovibili agende globali che tanto soffocano e devastano le nostre comunità e nostra sorella terra, non temiamo che sia la presenza del Risorto a tracciare il nostro percorso, ad aprire orizzonti e a darci il coraggio di vivere questo momento storico e singolare”, continua il Papa nella sua lettera di Pentecoste.
Starà senz’altro capitando a voi come a me: ci sono cose che nella quarantena si sono interrotte, e di cui non sentiamo affatto la mancanza; ci sono idee e modalità di azione pastorale che sono nate proprio dalla quarantena, e che dovremo portare avanti anche oltre, perché quello che abbiamo deciso quando il nostro cuore era più disposto a farsi ferire viene senz’altro da Dio; ci sono ritmi di preghiera e raccoglimento che la clausura forzata ci ha permesso di assumere, e che ora non possiamo proprio accantonare – almeno non del tutto!
Lo diciamo agli altri, deve valere anche per noi: non facciamo divorare dal tram tram che sta rimontando i germogli luminosi di consapevolezza e libertĂ sorti durante la pandemia!
L’esercizio di questa settimana è per i preti, ma anche per tutti coloro che con i preti collaborano e che la vita della Chiesa ce l’hanno a cuore: prendiamoci un momento di raccoglimento, con tre bei fogli bianchi e una penna davanti, e proviamo a stilare nel primo l’elenco di quanto la pandemia e la quarantena non sono riuscite ad arrestare del nostro ministero, e continuiamolo; poi facciamo un secondo elenco, quello delle cose nuove che abbiamo compreso o sentito o voluto per noi e le nostre comunità durante la quarantena, e adesso avviamolo; infine un terzo elenco di quanto non c’è stato nei giorni del lockdown, e la cui assenza non ha tolto niente a nessuno (anzi!), e smettiamolo definitivamente.
E vediamo che succede.
Dite che è impossibile?