È tornato per sempre accanto al “suo” abate Rosavini e a padre Andrea Montecchi, ricreando nel piccolo cimitero monastico dell’abbazia di Fiastra – che vede presenti anche le tombe di padre Silvano e fra Martino – il gruppo che ha caratterizzato la ripartenza dell’esperienza cistercense a Fiastra nel 1985, a 3 secoli di distanza dalla prima interruzione della presenza. Poi, il 6 agosto 2018, la chiusura del monastero.

Lui non era rientrato a Milano con gli altri monaci. Si era trasferito a Smerillo, accolto dall’arcivescovo di Fermo, e nello splendido paesino a 800 m slm che fronteggia i Sibillini e dal quale la vista spazia dal Conero al mare, ai monti dell’Abruzzo, si era subito fatto apprezzare e amare. La domenica celebrava anche all’abbazia di San Ruffino di Amandola, dove prima di lui era stato un altro monaco proveniente da Fiastra, padre Benedetto.

Si era risistemato la casa parrocchiale, la cui porta era sempre aperta a chi voleva partecipare alla Messa mattutina o scambiare qualche parola con lui, o, ancora, farsi aiutare, sempre sulla traccia della Parola di Dio, a decifrare i segni della presenza del Signore nella vita, a non arrendersi all’azione del male, a tornare tra le braccia della Misericordia.

Ancora pochi mesi fa, sorridente, diceva: «Qui sto proprio bene», un «bene» non certo fisico però, perché le metastasi si espandevano e il peso delle terapie si faceva sempre più opprimente, fino a costringerlo a trasferirsi a Fermo, dove è stato accolto nella Casa del Clero e dove domenica 9 agosto è spirato.

Anche se negli ultimi due anni ha vissuto da solo, era sempre monaco cistercense, indissolubilmente legato a Fiastra, dove aveva trascorso tanti anni, dove era stato priore e nel cui cimitero riposano i confratelli a cui più era stato legato; per questo da mesi aveva fatto giungere al vescovo Marconi il desiderio che la sua ultima dimora terrena fosse in quel minuscolo fazzoletto di terra a ridosso dell’abside.

Così è stato. La mattina di martedì 11 agosto, dopo le esequie celebrate nel Duomo di Fermo dal Vicario generale della diocesi e dove già gli era stato rivolto il saluto di commiato dei suoi amici dell’Abbadia (vedere sotto il testo), la salma ha preso la strada alla volta dell’Abbazia di Fiastra, accompagnata dalle sorelle di padre Giovanni e dall’abate di Chiaravalle di Milano, padre Stefano Zanolini.

Ad attendere il feretro a Fiastra c’era il vescovo Nazzareno Marconi assieme ai due sacerdoti dell’abbazia, don Rino Ramaccioni e don Alberto Forconi e a tanti fedell. In chiesa è stato proclamato il Vangelo del giorno a cui sono seguite alcune parole del Vescovo.

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Monsignor Marconi ha preso spunto dagli addobbi nuziali, ancora presenti, di un matrimonio celebrato nel fine settimana per sottolineare che «per noi consacrati lasciare questa vita è lasciare il fidanzamento ed entrare nel matrimonio. Chi si consacra al Signore sperimenta sempre che qui qualcosa gli manca, perché siamo fatti per le nozze di là». Poi, ricollegandosi al Vangelo del giorno (Matteo 18,1-5.10.12-14) ha notato che «questo

Il vescovo Marconi, l’abate Stefano Zanolini e don Alberto Forconi

Vangelo ci dice che il più grande è chi è piccolo come un bambino, e Giovanni, come tanti di noi, come il Vescovo, come l’Abate è stato un bambino che si è trovato dentro storie, questioni, problemi grandi; siamo dentro un mondo grande e complicato nel quale cerchiamo di fare del nostro meglio. Lui lo ha fatto. Con la semplicità di un bambino ha vissuto; con la semplicità di un bambino ha affrontato i problemi; con la semplicità e a volte l’incoscienza di un bambino è andato a ricercare le pecore perdute, anche quelle più strane. Nessuna era mai perduta, bisognava sempre provarci. Lavoro rischioso, a volte si possono fare danni: succede. Nella vita se uno vuole seguire il Signore, se vuoi salvare anche l’ultima pecora, corri il rischio di ritrovarti a piangere spesso: succede, fa parte della nostra vita, e chi si consacra al Signore lo sa, Giovanni lo sapeva. Ma alla fine di tutto c’è un’amicizia che non si cancella. E di questo ringrazio il Signore».

Dopo la benedizione, la bara ha attraversato la porta sul lato sinistro del transetto, che conduce al cimitero e che fronteggia quella che, sul lato opposto, dà accesso al monastero: morte e vita indissolubilmente unite nella quotidiana esperienza monastica guidata dalla Lectio divina.

Quindi la semplice cerimonia di sepoltura, con la bara attorniata da moltissime persone che hanno voluto rendere l’ultimo grato saluto alle spoglie mortali di padre Frigerio.

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IL SALUTO GRATO
DEGLI AMICI DELL’ABBAZIA DI FIASTRA

Mi chiamo Tony, sono voce degli oblati del monastero dell’Abbazia di Fiastra, degli amici del coro e anche, di tanti altri fedeli, per ringraziare il Signore del dono di padre Giovanni, avuto tra noi come “pastore nella Sua Chiesa”.
Ed anche per un grazie speciale alla sua famiglia, culla della sua vocazione, e che ha permesso questo dono, e che sempre lo ha accompagnato e sostenuto nel suo cammino.

Padre Giovanni! Se noi potessimo apporre un titolo su di te, questo sarebbe:

“Sono certo di gustare la bontà del Signore nella terra dei viventi!”

Tu, Padre Giovanni, ci hai incontrati spiegandoci come le nozze di Cana parlavano di noi, … fragili otri di coccio; l’acqua: il poco che noi mettiamo e che il Signore trasforma in vino buono… E questo è stato il tuo lavorio su di noi: incessante, paziente, accogliente, costante, pepato con il tuo bel caratterino, ma bonario, e volto decisamente a prepararci per la trasformazione del Signore, del Signore che arriva sempre, in un vento leggero, a trasformare il nostro niente in vino buono. Questo è l’augurio che hai lasciato in tutti noi e che ci hai rivolto, perché il dono di Dio non venga mai vanificato.

Grazie, Padre Giovanni, per averci insegnato ad accontentarci delle briciole che cadono dalla tavola del Signore, a valorizzarne anche una sola, perché tutto ciò che è del Signore, anche una mollica, è Grazia che fa vivere. Tu ci hai insegnato che ogni briciola di Dio contiene interamente Dio.

Grazie per tutti gli insegnamenti, per la pazienza e la passione con cui hai seguito per tanti anni il nostro piccolo coro, per la scuola che è stato per noi il monastero dell’Abbazia di Fiastra. E anche dopo, per quello scrigno di gioie che hai forgiato a Smerillo! Grazie per il sacerdote e per il monaco che sei sempre stato.

Grazie al clero della diocesi di Fermo e al vescovo che t’ha accolto con amore, o usando le tue parole: «Come fece Gesù con il suo discepolo».

Grazie alla Mamma Celeste che hai tanto amato, che sempre ti è stata vicina, e ti ha aiutato ad abbracciare la croce! Ti abbracci ora e ti tengo stretto a sé!

Il nostro grazie più grande è al nostro Dio, perché «Lui fa bene tutte le cose» … e qui il ricordo va all’Abate Rosavini, il tuo maestro … Sì «Lui fa bene tutte le cose»! Questo è stato per noi l’incontro con te: tu sei stato un “insegnante fatto bene”! “un padre putativo fatto bene”! Tu sarai sempre: “un amico fatto bene”!

«Oh Dio! La Tua Misericordia ci abbracci, ci consoli e ci sostenga sempre! Ora che il suo corpo ritorna alla terra, e la sua anima l’hai chiamata a Te, fa o Signore che il suo spirito viva ancora tra noi e permetti che con il suo sostegno il Tuo progetto su di noi si realizzi, … come era suo desiderio!».

Come te, amico nostro, anche noi abbiamo un desiderio nel cuore: un giorno, quando ci rivedremo, di poterci salutare ancora con le parole di San Paolo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede».

Intercedi padre Giovanni presso la Nostra Santa Madre, ora che le sei vicino, affinché possiamo un giorno raggiungerti, a Dio piacendo, nella felicità eterna.

Grazie Padre Giovanni.

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