di Angelo Sciapichetti

L’intervista dell’altro ieri (10 gennaio 2021, ndr) di papa Francesco, riveste una straordinaria importanza ed è di grande attualità. Emerge prima di tutto l’uomo che con umiltà (è lui che all’inizio ringrazia il suo intervistatore..) e una semplicità sconcertante, riesce ad impartire una lectio magistralis a tutti: laici, cattolici, cittadini comuni e persone impegnate nel sociale.

Il Circolo di cultura politica Aldo Moro di Macerata approfondirà nei prossimi mesi con una serie di incontri (pandemia permettendo) i messaggi che il Pontefice ha lanciato.
L’invito, forte, accorato che papa Francesco fa più volte di privilegiare il “noi all’io” riguarda tutti, ma anche e soprattutto chi fa attività politica.

Il ribadire, soprattutto ai giovani, che la politica è cosa nobile ma deve essere protesa a guardare al bene comune, è importante se “serve a far crescere la società” e se agli interessi di parte privilegia soprattutto in un momento come questo, quelli dell’intera collettività.

Sono sacrosanti anche i diversi punti di vista, così come il confronto e la lotta tra partiti di diversa formazione, ma la situazione in questo momento è tale che tutto alla fine deve essere ricondotto all’unità. Chi è impegnato in questo momento, se vuole essere all’altezza del compito affidatogli, deve guardare oltre gli steccati e le appartenenze. Vanno messe da parte quindi, ripicche, rivalità di qualsiasi genere, evitati litigi inconcludenti, per privilegiare il confronto sulle cose concrete, guardando con sano realismo alla società di oggi.

Questo è il momento della semina del “bene comune” e non della raccolta in termini elettorali. Il che vuol dire guardare oltre la contingenza attuale; occorre, se necessario prendere decisioni difficili e anche impopolari, purché abbiano il “respiro lungo” e servano a far crescere la società, a dare un futuro ai tanti giovani smarriti, disorientati.

Il futuro, ci dice il Papa, è nelle nostre mani; possiamo uscire dalla pandemia migliori o peggiori: dipende solo da noi, dalle scelte che riusciremo a fare. Possiamo uscirne migliori e riavvicinare le persone all’impegno politico e sociale se ai dibattiti sterili che ogni giorno ci propinano i mezzi d’informazione di cui sono protagonisti personaggi politici di ogni schieramento, privilegeremo le tante cose concrete da fare per dare una risposta ai bisogni reali e quotidiani di giovani, anziani, malati, disoccupati, migranti ecc.

Il Papa ci invita ad usare la parola chiave che è quella della ”vicinanza” per uscire dalla cultura “dell’indifferenza che uccide”. Il che vuol dire farsi carico dei problemi degli altri, il farsi prossimo con chi è rimasto indietro, capirne i bisogni per dare quelle risposte adeguate e concrete che le persone aspettano da troppo tempo. In altre parole, è necessario riscoprire quell’i care che dovrebbe animare chi è impegnato in politica e che troppo spesso la cultura individualista di cui è intrisa la società del cosiddetto benessere diffuso, ha finito per dimenticare o mettere in secondo piano.

È necessario rimettere al centro di ogni azione politico-amministrativa la persona, quale che essa sia, da qualsiasi parte provenga, combattendo quella che il Papa ha più volte definito la “cultura dello scarto”, dove se non sei utile diventi un peso per la società con tutte le scelte nefaste che ne conseguono.

Dall’intervista emerge chiaro il pensiero di papa Francesco: chi pensa di salvarsi da solo dalla crisi economico-sociale creata da questa pandemia, sbaglia e illude i cittadini. «Nessuno si salva da solo»; «Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati,» come ebbe a dire il 27 marzo scorso in una Piazza San Pietro deserta e sferzata dalla pioggia.

Ancora una volta Papa Bergoglio venuto «quasi dalla fine del mondo» riesce con le sue parole ad offrire spunti per avviare una riflessione che ci deve guidare a un cambiamento radicale del nostro modo di vivere e di pensare e nel buio più assoluto, rappresenta a livello mondiale, l’unico faro che risplende e il solo, unico punto di riferimento per credenti e non credenti.

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