Voi pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome.

Preghiamo i salmi con S. Giovanni Paolo II

SALMO 23
Del Signore è la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondata sui mari, e sui fiumi l’ha stabilita. Chi salirà il monte del Signore, chi starà nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non pronunzia menzogna, chi non giura a danno del suo prossimo. Otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza. Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria. Chi è questo re della gloria? Il Signore forte e potente, il Signore potente in battaglia. Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria. Chi è questo re della gloria? Il Signore degli eserciti è il re della gloria.

Questo salmo si apre con una specie di professione di fede nel Signore del cosmo e della storia. La creazione, secondo l’antica visione del mondo, è concepita come un’opera architettonica: Dio getta le fondamenta della terra sul mare, simbolo delle acque caotiche e distruttrici, segno del limite delle creature, condizionate dal nulla e dal male. La realtà creata è sospesa su questo baratro ed è l’opera creatrice e provvidente di Dio a conservarla nell’essere e nella vita. Nel secondo quadro del Salmo siamo davanti al tempio di Gerusalemme. La processione dei fedeli rivolge ai custodi della porta santa una domanda d’ingresso: “Chi salirà il monte del Signore, chi starà nel suo luogo santo?”. I sacerdoti rispondono elencando le condizioni per poter accedere alla comunione con il Signore nel culto. Non si tratta di norme rituali ed esteriori da osservare, ma di impegni morali ed esistenziali da praticare. È quasi come un esame di coscienza o un atto penitenziale che precede la celebrazione liturgica. Giungiamo, così, al terzo quadro che descrive l’ingresso festoso dei fedeli nel tempio per incontrare il Signore. Lo scenario trionfale, descritto dal Salmo in questo terzo quadro poetico, è stato utilizzato dalla liturgia cristiana d’Oriente e d’Occidente per fare memoria sia della vittoriosa discesa di Cristo agli inferi di cui parla la Prima Lettera di Pietro (cfr 3,19), sia della gloriosa ascensione al cielo del Signore risorto (cfr Atti 1,9-10).

Una storia per pensare…
Un uomo sempre scontento di sé e degli altri continuava a brontolare con Dio perché diceva: “Ma chi l’ha detto che ognuno deve portare la sua croce? Possibile che non esista un mezzo per evitarla? Basta! D’ora in avanti penserò soltanto a mangiare, bere, divertirmi e viaggiare!” E così fece. Una notte Dio gli rispose con un sogno. Vide che la vita degli uomini sulla terra era una sterminata processione. Ognuno camminava con la sua croce sulle spalle. Lentamente, ma inesorabilmente, un passo dopo l’altro.
Anche lui era nell’interminabile corteo e avanzava a fatica con la sua croce personale. Dopo un po’ si accorse che la sua croce era troppo lunga: per questo faceva tanta fatica ad avanzare. “Sarebbe sufficiente accorciarla un po’ e tribolerei molto meno”, si disse. Si sedette su un paracarro e, con un taglio deciso, accorciò d’un bel pezzo la sua croce. Quando ripartì si accorse che ora poteva camminare molto più spedito e leggero. E senza tanta fatica giunse a quella che sembrava la meta della processione degli uomini. Era un burrone oltre il quale però incominciava la “terra della vita riuscita e della felicità eterna”. Ma non c’erano ponti, né passerelle per attraversare. Allora ognuno si toglieva la croce dalle spalle, l’appoggiava sui bordi del burrone e poi ci passava sopra. Le croci sembravano fatte su misura: congiungevano esattamente i due margini del precipizio. Passavano tutti. Ma non lui. Aveva accorciato la sua croce e ora essa era troppo corta…

La voce di un Sacerdote e Poeta
Questo è un mondo senza misura e senza gloria, perché si è perso il dono e l’uso della contemplazione… civiltà del frastuono. Tempo senza preghiera. Senza silenzio e quindi senza ascolto… E il diluvio delle nostre parole soffoca l’appassionato suono della sua Parola (David Maria Turoldo)

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