di Nicola Ciarapica *
Un saluto a tutti voi, carissimi amici che leggete “Emmaus” e carissimi anche a me. La mia vocazione cristiana, sacerdotale, missionaria è condivisa con voi perché sono nato e sono stato battezzato e ordinato sacerdote da monsignor Tarcisio Carboni nella parrocchia Santissimo Crocifisso di Tolentino.
Il missionario ad gentes, ad extra non è, non può essere un “navigatore solitario”. Sono trascorsi oramai 32 anni, da quando nella Quaresima del 1989, la parrocchia dove sono stato battezzato, guidata allora da don Vittorio Monti, mi consegnò la croce del mandato missionario. Posso testimoniare che sono stato sempre accompagnato, visitato, accolto e sostenuto nella preghiera, nella condivisione dei progetti pastorali e materiali, dalla mia famiglia e dalla comunità cristiana. È come se la Chiesa di Tolentino fosse venuta in missione con me.
Una delle domande che in genere si rivolgono a chi vive in missione è: «Cosa fai…?»”. Ho fatto…, ho cercato di fare “comunione”, comunione di vita, comunione di vita di fede. Ora mi trovo da 4 anni in Ghana, dopo essere stato 5 anni in Liberia e prima ancora 22 anni in Nigeria. In questi Paesi la Chiesa cattolica era già presente. La mia missione non è stata di “fondare” la Chiesa, ma condividere la fede delle comunità che mi hanno dato il mandato con la fede delle Chiese che mi hanno accolto.
Il cardinale Arinze, mentre era ancora arcivescovo di Onitsha, iniziò a invitare le congregazioni dei religiosi nella sua Diocesi, voleva arricchire la Chiesa locale con i diversi carismi con cui lo Spirito Santo ha abbellito la Chiesa. Come Salesiano la mia missione è in mezzo ai giovani. Una marea di giovani! Pensate … la Nigeria con i suoi 200 milioni di abitanti ha un quinto della popolazione dell’Africa; un quinto dei giovani Africani vivono in Nigeria. Tra loro – con loro –, per loro, con quelle Chiese particolari ho condiviso la ricchezza del carisma educativo di don Bosco. La missione per me è essere “Segno e portatore dell’Amore di Dio ai giovani, soprattutto i più bisognosi”.
Quando mi preparavo a partire spesso mi dicevano: «…ma perché vai, non stai bene qui?»!
Dove sono stato, sempre mi sono sentito ben voluto e accettato. Usavo rispondere: qui ci siete voi, e qui voi siete chiamati a creare la Famiglia di Dio. Non tutti possono lasciare luoghi e persone, cose e culture. Ma chi va, lo fa a nome e come rappresentante della comunità. Per questo è importante il contatto e l’informazione. Una volta il missionario ritornava ogni dieci anni o solo quando era finito fisicamente! Ora c’è più possibilità di comunicare, di viaggiare. Io ringrazio la Chiesa di Tolentino e la Diocesi perché quando ritorno, ogni due anni, mi riceve, mi invita a celebrare, mi coinvolge nelle attività pastorali.
Essere in Unione con la Chiesa particolare di origine è sempre importante per noi missionari. Ringrazio Dio che mi ha dato una famiglia ricca di fede e di amore. Ringrazio per la testimonianza di persone con un “grande cuore” . Parlo di don Serafino Stramucci, mio parroco dal 1964 negli anni della mia giovinezza, di don Rino Ramaccioni, don Alberto Forconi, don Quinto Lombi, parlo dei Salesiani don Luciano Chiappini di Tolentino missionario in Amazzonia, e di don Arturo Morlupi di Colmurano, e tanti altri. Hanno saputo educare giovani, creare famiglie e comunità aperte, accoglienti, formatrici, missionarie.
Il missionario salesiano “evangelizza educando ed educa evangelizzando”. Ignoranza, indifferenza, odio, violenza, malattia sono conseguenze del male. Il missionario contribuisce ad eliminare il male portando il Bene che è Dio e la sua Vita.
- missionario salesiano