Il campo da basket è circondato da una rete metallica sfondata in più punti. Oltre la recinzione un prato infestato da graminacee, contro sole. Il cestino dei rifiuti è pieno di lattine, cartoni per la pizza, qualche bottiglia di birra. Un gruppo di ragazzi è seduto a chiacchierare. Ce n’è uno in piedi, di corporatura robusta; indossa un paio di bermuda a cavallo basso che lasciano bene in vista i polpacci pieni di tatuaggi; una saetta dietro l’orecchio sinistro. Si muove in continuazione mentre parla, spostando il peso da una gamba all’altra. Poco lontano, nell’area fitness, due giovani stanno facendo esercizi di oscillazione del tronco, servendosi di maniglioni e barre da trazione. Bicipiti, pettorali, addominali a pieno regime.

L’adolescenza è una stagione di discrepanze, di debolezze inconfessabili e di provocazioni lanciate a brutto muso. Un cerchio che non si chiude mai. Mi sono spesso chiesto, ascoltando notizie di violenze sessuali compiute da giovani nei confronti di loro coetanee, con quale modello di mascolinità devono fare i conti i nostri figli. Un bel problema. Come afferma Maria Giuseppina Pacilli, docente di psicologia sociale, nel suo saggio “Uomini duri – il lato oscuro della mascolinità”, gli uomini sembrano chiamati a un compito paradossale: sbarazzarsi delle credenze sessiste riguardanti le donne, senza però abbandonare un modello di mascolinità tradizionale, caratterizzato da antifemminilità nei comportamenti, dominanza, inespressività emotiva, propensione al rischio, vocazione al successo. Non a caso nella copertina del libro campeggia il volto di Clint Eastwood, il duro che tutti, da ragazzi, ammiravamo: poche parole, sguardo tagliente, mozzicone di sigaro tra le labbra.

Essere veri uomini è proprio un bel problema, soprattutto nel corso dell’adolescenza, quando i coetanei dello stesso sesso assumono un ruolo disciplinatore nel punire le espressioni inadeguate di emozioni. Ed è proprio questo il punto: perché a forza di essere rigettati all’interno della gabbia della mascolinità tradizionale, gli uomini sono portati a rendere invisibile il proprio mondo interiore, condannati a vivere emozioni silenziose, estranee persino a loro stessi.

Un capitolo del saggio riguarda il mondo della politica. Oltre al riferimento scontato ai maschi alfa (gli esempi abbondano), un approfondimento interessante riguarda il tema della cura dell’ambiente, tema snobbato dagli uomini duri: infatti, negli stereotipi di genere, il prendersi cura è affare da donne. Mi ha colpito questa sottolineatura, perché esprime lo stesso concetto approfondito da Alessandra Smerilli, suora ed economista, nella sua introduzione alla enciclica di papa Francesco “Fratelli tutti”: non abbiamo imparato l’alfabeto e la semantica della cura, perché da sempre l’abbiamo relegata alla sfera privata riservata alle donne. Insomma, cari compagni uomini, abbiamo molta strada da fare per superare stereotipi che, oltre ad essere dannosi, finiscono per ingabbiarci. Un uomo – il libro si conclude con queste parole – deve essere capace di comportarsi non aderendo a ciò che viene considerato maschile o femminile, ma partendo da se stesso, da ciò che è buono per lui. Uomini e donne dovrebbero avere entrambi la possibilità di esprimere sensibilità senza andare incontro a sberleffi, così come dovrebbero avere entrambi la possibilità di dare mostra di determinazione e coraggio.

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