Apertura del cammino sinodale per la Diocesi di Macerata

Questo primo anno di Cammino sinodale sia della Chiesa universale che delle Chiese italiane procede insieme e dalla segreteria del Sinodo sono giunte chiare indicazioni che invitano a partire valorizzando i Sinodi diocesani celebrati nel passato, e piuttosto che creare nuove strutture, ripensare e rilanciare le strutture sinodali esistenti. Per questo a livello diocesano si è deciso di non creare “commissioni sinodali” destinate a nascere e morire in breve tempo, ma di consolidare e migliorare le due principali strutture di comunione e confronto ispirate dal Concilio e già presenti in Diocesi cioè il Consiglio presbiterale ed il Consiglio pastorale diocesano. Perché il cammino sinodale lasciasse un duraturo cambio di stile nel nostro modo di lavorare in pastorale.

Un memoriale del nostro Sinodo Diocesano
Rileggendo il libro del nostro Sinodo diocesano (SD) chiuso nella Pentecoste del 1995 dal vescovo Tarcisio Carboni e promulgato da monsignor Luigi Conti l’11 maggio 2000, emerge con chiarezza la presenza di una visione profetica nell’obiettivo che proponeva a tutta la comunità ecclesiale. Questo era prima di tutto: «illustrare la vera natura della Chiesa, che è Popolo di Dio animato dalla comunione e chiamato alla evangelizzazione ed alla testimonianza della carità»; mentre si continuava e forse si continua ancora a pensare e progettare la Chiesa come: «società, simile ad una organizzazione umana, politico-economica e ad una associazione assistenziale-umanitaria» (SD 20). Questa nuova visione di Chiesa doveva e dovrà comportare una concentrazione sull’essenziale: «la fede, la speranza e a carità» (SD 32-35) ponendo tre obiettivi primari all’azione pastorale: «Formare una Chiesa tutta ministeriale. Evitare il clericalismo accentratore, ma anche l’invadenza laicale in ambiti non propri. Attivare strumenti ed organismi di partecipazione ecclesiale» (SD 21-23). In particolare già il nostro Sinodo proponeva una “conversione pastorale” delle parrocchie che conserva ancora un profondo valore: «Occorre sempre proporre la fede, non supporla. La comunità parrocchiale deve sentirsi in missione permanente, innanzi tutto verso il popolo di Dio pellegrino nel suo territorio; deve evitare i pregiudizi nei confronti degli altri, nella consapevolezza che la fede esige un cammino di conversione permanente e che lo Spirito opera anche fuori dei confini della Chiesa» (SD 193). Perciò «La parrocchia deve essere aperta a tutte le persone superando la distinzione e separazione tra: vicini e lontani. La sua presenza deve sempre conservare lo stile del servizio, ma non può rinunciare ad essere istanza critica e profetica quando le strutture locali non promuovono la dignità della persona» (SD 195). Si indicavano quindi degli strumenti concreti di questa conversione: primo tra tutti «il Consiglio pastorale, deputato al discernimento dei bisogni della comunità in ordine ad evangelizzazione, liturgia e carità; che operi suggerendo metodi e strumenti per una azione pastorale efficace e verificando poi le iniziative attuate» (SD 197). Un ulteriore prezioso strumento indicato dal nostro Sinodo erano le Unità pastorali. «Per attuare una nuova evangelizzazione, non si cerchino tanto nuove attività, quanto impostazioni “nuove” delle iniziative già in atto, sperimentando, ad esempio, le Unità pastorali” (SD 199). Questa visione del Sinodo è ancora attuale e ci spinge a procedere in maniera più forte e decisa verso questi obiettivi.

Rinnovare le strutture comunionali e di confronto diocesano
Per tutto questo mi sembra molto coerente la nostra scelta diocesana di rinnovare le fondamentali strutture comunionali e di confronto a livello diocesano fondandosi sul crescente protagonismo pastorale delle Unità pastorali. A partire dalle Unità pastorali il nostro Consiglio presbiterale è già da qualche anno formato dai 19 presbiteri coordinatori delle UP, più un sacerdote rappresentante del Seminario diocesano, uno del Clero più giovane ed uno di quello Religioso. Sulla stessa linea si è invitata ogni UP a dotarsi di un Consiglio pastorale di UP, una struttura agile che favorisca il lavoro in comunione delle parrocchie di uno stesso territorio coordinando l’azione di più sacerdoti, religiosi e laici. Questi Consigli pastorali di UP avranno ciascuno un Segretario scelto tra i laici e dovranno soprattutto agire per far crescere la relazione fra la Chiesa ed il territorio, valorizzando le relazioni con gli enti locali, le strutture produttive, le scuole, la realtà del volontariato e i luoghi di aggregazione. Così, in maniera simile al Consiglio presbiterale, anche il nuovo Consiglio pastorale diocesano sarà formato dai 19 laici Segretari dei Consigli pastorali di Unità pastorale assieme ad un rappresentante dei Diaconi permanenti e a due rappresentanti della Consulta delle Aggregazioni laicali. Data la loro importanza questi due Consigli sono sempre presieduti dal Vescovo o dal suo Vicario Generale.Il compito principale di tutti questi organismi di comunione e confronto, non sarà quello di essere un canale di trasmissione dall’alto verso il basso di direttive legate a un progetto o piano pastorale teorico, ma piuttosto di essere canali di ascolto. Strutture capaci di raccogliere i pensieri propositivi e le buone pratiche che sorgono a livello del Popolo di Dio, come anche di identificare le necessità e le situazioni critiche, che abbisognano di un discernimento comunitario per trovare risposte sagge ed efficaci. Come diceva il Concilio spero che questi nuovi Consigli diocesani aiutino la nostra Chiesa ad ascoltare, comprendere e prendere a cuore: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono». Perché la Chiesa «è composta di uomini che, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti» (Gaudium et Spes, 1). Tutto questo già avviene nella nostra diocesi, ma non sempre e non dovunque. La grande sfida del Sinodo, a partire da questo primo anno, sarà proprio quella di rendere questo stile pastorale diffuso su tutto il territorio e metodo normale e costante di azione.

Aperto il Sinodo per la Diocesi di Macerata

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