Il primo caso italiano di peste suina africana riscontrato in un cinghiale in Piemonte mette in apprensione gli allevatori di maiali della provincia di Macerata. Come non bastassero i danni nei campi e gli incidenti stradali, sono proprio i cinghiali il miglior veicolo di contagio di questo virus. Finora nelle Marche non sono stati riscontrati casi e il Servizio Veterinario e Sicurezza Alimentare della Regione Marche monitora con rigore tutte le morti sospette secondo le misure di protezione dell’Unione Europea, che ha registrato focolai in Germania, in Polonia, in Slovacchia e nei Balcani. La malattia non si trasmette all’uomo ma rappresenta comunque un pericolo per gli allevamenti.

“La rete dei controlli sulla sicurezza alimentare ha maglie molto strette in Italia – spiegano da Coldiretti Macerata – a tutela della salute dei consumatori che possono verificare in etichetta la provenienza delle carne utilizzata per salumi e insaccati. In questa situazione acquisisce ancor più importanza il protocollo d’intesa con gli agriturismi di Terranostra e l’Urca per una filiera certificata della selvaggina, dal bosco alla tavola dopo aver passato tutti i rigidi controlli sanitari del caso”. Occorre comunque intervenire. Nei giorni scorsi la Lombardia, attraverso l’assessore regionale all’Agricoltura, ha chiesto un intervento drastico, ovvero quel “piano straordinario di abbattimenti” che nelle Marche la Coldiretti regionale aveva invocato lo scorso luglio durante il flash mob sotto Palazzo Raffaello.

“Il problema va avanti da anni e va riconosciuto alla Regione un’accelerazione – spiega Francesco Fucili, presidente di Coldiretti Macerata – Lo stesso protocollo d’intesa tra Istituzioni, associazioni agricole e venatorie è stato un grande passo avanti ma non c’è più tempo: urge una campagna straordinaria di abbattimenti perché la situazione è di una drammaticità senza precedenti. Siamo fiduciosi e confidiamo in provvedimenti immediati per affrontare in modo efficace il problema”.

Già in sovrannumero, gli ungulati hanno approfittato dell’insensato e colpevole stop dei selecacciatori nel corso del lockdown e delle zona rosse per proliferare indisturbati. Ora, ai danni all’agricoltura e al rischio di sinistri stradali cui è sottoposta la popolazione si aggiunge il rischio di contagio per i circa 25mila maiali (quasi un quarto del totale regionale) che vivono negli oltre 1.700 allevamenti del maceratese.

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