«L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria». Eppure questo segnalibro viene troppo spesso rimosso fino ad arrivare ad azione come quelle che ci riferisce la cronaca.

Un ragazzino aggredito, offeso, sbeffeggiato, sputato con una frase orribile come “sporco ebreo, ebreo di merda. È come riavvolgere la bobina di un film e trovarsi di nuovo negli anni tristi del secolo scorso. E proprio i bambini e i ragazzi furono vittime dei boia nazisti. Contro qualsiasi negazionismo parlano i testimoni di quel tempo, per fortuna sono ancora lì con il loro numero sul braccio a ricordarci che quella storia li ha visti vittime.

Proprio per non dimenticare in molti Stati è stato istituito il “giorno della memoria”. 
L’Italia, con una legge del 2000, ha scelto questa data perché il 27 gennaio 1945 fu liberato il campo di sterminio di Auschwitz. In effetti altri ebrei, d’Italia e d’Europa, vennero uccisi nelle settimane seguenti. Ma la data della Liberazione di quel campo è stata scelta a simboleggiare la Shoah e la sua fine. Non si tratta di un’operazione di antiquariato, ma di una scelta politica, morale, culturale 
di piena attualità. È successo ma… non tutti fanno memoria… 
Ad Auschwitz, uno dei più terribili campi di concentramento, è stata trovata una pietra anonima, dove con un chiodo un prigioniero ha lasciato scritto «Chi mai saprà quello che mi è capitato qui?». 
Non sappiamo chi fosse, sappiamo solo che era una persona e che ha sofferto in modo incredibile.

Ricordare tutte quelle vittime è molto importante. Chi si è salvato ha scritto e raccontato la sua storia. La memoria delle orrende vicende che hanno vissuto e che hanno visto deve aiutare perché non possa accadere mai più.

Sterminio che la Germania nazista fece nei confronti degli Ebrei e delle persone definite «indesiderabili»: disabili ariani e non, Rom, prigionieri di guerra, oppositori politici, gruppi religiosi, omosessuali, etc. L’ inizio è il 1933 con la segregazione degli ebrei tedeschi in campi di concentramento. Nel 1938 in Italia Mussolini promulgò le leggi razziali. A partire dal 1941, i Tedeschi e i loro alleati cominciarono quella che definirono soluzione finale della questione ebraica, eliminando fisicamente gli Ebrei per mezzo di uccisioni di massa in campi di sterminio appositamente creati. Il primo fu quello di Dachau.

L’Olocausto, in quanto genocidio degli Ebrei, è definito con il termine Shoah, che significa «catastrofe»

I DATI DELLA CATASTROFE
furono uccisi:
6 milioni di ebrei tra questi
1.500.000 di bambini e i ragazzi
bimbi ebrei italiani deportati ad Auschwitz sopravvissuti solo 25
200 di età inferiore ai 14 anni, deportati dal ghetto di Roma nel ’43: non ne
è tornato nessuno.
Dei 3.000 i bambini nati vivi a Auschwitz
 1.500 furono soppressi dal personale del campo al momento della nascita. 
 1.000 morirono di fame, freddo, esperimenti e malattia
; 100 grazie alle loro caratteristiche somatiche, furono destinati ad essere adottati
 da coppie tedesche senza figli, spesso dagli stessi aguzzini che uccisero i loro genitori
. 30 neonati sopravvissero insieme alle madri, fino alla liberazione del campo.

Ci racconta Primo Levi “Il modo in cui avveniva la selezione era la seguente: i 2 dottori che avevamo ad Auschwitz esaminavano i prigionieri che arrivavano con il treno, li facevano camminare di fronte a loro e prendevano subito una decisione sul loro destino. Chi veniva ritenuto abile al lavoro veniva inviato al campo, gli altri direttamente alle camere a gas. I bambini più piccoli venivano sterminati perché non potevano essere adibiti ad alcun lavoro».

“I bambini erano a Birkenau come uccelli di passo: dopo pochi giorni, erano trasferiti al Block delle esperienze, o direttamente alle camere a gas”. Monica, una ragazza di 11 anni, nel 1983, dopo aver finito di leggere Se questo è un uomo, decise di scrivere una lettera piena domande direttamente a Primo Levi: «Esiste la malvagità? Perché nessuno ha fatto niente per fermare lo sterminio? I tedeschi erano cattivi?».

Lo scrittore rispose così: «…Cara Monica, la domanda che mi poni, sulla crudeltà dei tedeschi, ha dato molto filo da torcere agli storici. A mio parere, sarebbe assurdo accusare tutti i tedeschi di allora; ed è ancora più assurdo coinvolgere nell’accusa i tedeschi di oggi. È però certo che una grande maggioranza del popolo tedesco ha accettato Hitler, ha votato per lui, lo ha approvato ed applaudito, finché ha avuto successi politici e militari; eppure, molti tedeschi, direttamente o indirettamente, avevano pur dovuto sapere cosa avveniva, non solo nei Lager, ma in tutti i territori occupati, e specialmente in Europa Orientale. Perciò, piuttosto che di crudeltà, accuserei i tedeschi di allora di egoismo, di indifferenza, e soprattutto di ignoranza volontaria, perché chi voleva veramente conoscere la verità poteva conoscerla, e farla conoscere, anche senza correre eccessivi rischi. La cosa più brutta vista in Lager credo sia proprio la selezione che ho descritta nel libro che conosci.  Ti ringrazio per avermi scritto e per l’invito a venire nella tua scuola, ma in questo periodo sono molto occupato, e mi sarebbe impossibile accettare. Ti saluto con affetto  Primo Levi»

Per coloro che sopravvissero, il ritorno alla normalità non fu semplice. La maggior parte di essi si ritrovarono orfani, spesso completamente soli. Molti bambini sopravvissero, in varie parti dell’Europa, protetti dai partigiani, in zone da essi controllate. Alcuni divennero anche partigiani. Non possiamo fare nulla per quei bambini uccisi, ma possiamo evitare l’indifferenza.

Ci ricorda Liliana Segre “L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino contro l’indifferenza. Mi fa impressione quando sento di barconi affondati nel Mediterraneo, magari 200 profughi di cui nessuno chiede nulla. Persone che diventano numeri anziché nomi. Come facevano i nazisti. Anche per questo non ho mai voluto cancellare il tatuaggio con cui mi hanno fatto entrare ad Auschwitz.”

Le parole di tanti bambini sono ancora lì come quelle di Monika Dombke, Birkenau, 1944
“Fili elettrici, alti e doppi, non ti lasceranno mai più rivedere tua figlia, Mamma.
Non credere alle mie lettere censurate, ben diversa è la verità; ma non piangere, Mamma.
E se vuoi seguire le tracce di tua figlia non chiedere a nessuno, non bussare a nessuna
porta: cerca le ceneri nei campi di Auschwitz, le troverai lì.
Ma non piangere, qui c’è già troppa amarezza.
E se vuoi scoprire le tracce di tua figlia cerca le ceneri nei campi di Birkenau: saranno lì.
Cerca, cerca le ceneri nei campi di Auschwitz, nei boschi di Birkenau.
Cerca le ceneri, Mamma, io sarò lì!”

Un poeta ci ricorda che
 «Chi può versare 
Sangue nero 
Sangue giallo 
Sangue bianco 
Mezzo sangue? 
Il sangue non è indio, polinesiano o inglese. 
Nessuno ha mai visto 
Sangue ebreo 
Sangue cristiano 
Sangue mussulmano 
Sangue buddista. 
Il sangue non è ricco, povero o benestante. 
Il sangue è rosso. 
Disumano è chi lo versa.
 Non chi lo porta. (Ndjock Ngana)

Siamo chiamati a studiare, ascoltare e riflettere per non dimenticare, per non girare il volto dall’altra parte davanti ai drammi odierni (nei campi libici, nei campi profughi ai confini tra Stati…) davanti alle aggressioni, all’uso di simboli tristemente famosi, al disprezzo dell’altro e opporci con la forza della storia e delle idee ricordando che “Ogni uomo è mio fratello”.

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