«Buongiorno capo!». Il ragazzo al distributore questa mattina sembra di buon umore. Lo confortano la giovane età e un lavoro instabile come il prezzo del metano, schizzato alle stelle negli ultimi mesi. Rispondo al saluto, ma le parole si perdono nel rumore provocato dal passaggio di un treno merci sulla ferrovia che costeggia la statale. Una motrice rincagnata, coperta di graffiti, seguita da una lunga teoria di carri vuoti, di quelli utilizzati per trasportare container. Sarà un convoglio come questo a trasportarci oltre la crisi? Chi ci darà il coraggio di arrampicarci lungo la scarpata e saltare sul treno in corsa?
Abbiamo bisogno di parole illuminanti, scrive il teologo Antonio Spadaro nel suo saggio “Fiamma nella notte – sette parole per immaginare il futuro”. Parole che indicano una soglia, realtà in bilico tra un passato malato che ci stiamo lentamente lasciando alle spalle, e un futuro tutto da costruire.
Frontiera, viaggio, ring, germoglio… Un percorso sorprendente ricco di citazioni che spaziano dalla letteratura, al mondo del cinema, allo sport. L’ultima parte del libro è dedicata alla parola “pandemia”: l’autore ricostruisce il pensiero di papa Francesco attraverso l’analisi delle metafore utilizzate in differenti occasioni durante il periodo più buio del lockdown. Ecco il punto: la crisi ha rappresentato un tempo propizio per coltivare una nuova “immaginazione del possibile”, con il coraggio che solo il Vangelo può offrirci.
Siamo così abituati a ripercorrere sentieri già noti, che abbiamo perso la capacità di immaginare un nuovo inizio. Ci illudiamo di ripartire come se nulla fosse accaduto. Le antiche abitudini non vedono l’ora di riprendere il sopravvento. E invece – sono parole del Papa – il cambiamento non potrà che avvenire facendo reagire «l’annuncio straripante del Vangelo e la vita così come viene». Già, la vita così come viene, fatta di fratture mai ricomposte, tensioni sotterranee, sconfitte mai digerite, cuscini sgualciti. Gioie effimere, caffè presi di corsa prima di uscire. Volti di persone incontrate di fretta. Nessuna normalità soffocante ci dovrà più ingabbiare.
Riusciremo a rimanere liberi, ad «abitare nella possibilità», come scriveva la poetessa americana Emily Dickinson? Riusciremo a custodire i germi di solidarietà nati nei giorni più bui della pandemia? Servono visionari, quelli che il Papa ha chiamato i “poeti sociali”, che dalle periferie dimenticate creano soluzioni dignitose per i problemi degli esclusi.
I poeti, dice Spadaro, sono coloro che usano parole comuni per esprimersi in maniera divergente. È proprio così: a traghettarci nel mondo nuovo non saranno solo politici, imprenditori e professionisti. Servirà anche gente di frontiera, abituata a muoversi oltre confine, a pronunciare parole sporche di terra e ricche di luce. Gente capace di remare insieme. «Le rotte della vita vanno in direzioni aleatorie – scrive Roberto Casati all’inizio del libro appena pubblicato “Oceano, una navigazione filosofica” – errano, ritornano su se stesse, e uno degli strani vantaggi dell’approdo in una rada sicura proprio un attimo prima del calar del vento, è che a guardarsi alle spalle i momenti che sembrano segnare un finale di partita diventano nella memoria delle semplici battute d’arresto». Anzi – oramai lo abbiamo capito – anche una battuta d’arresto può rappresentare una formidabile occasione per ricominciare.