di Ugo Bellesi
Il riconoscimento, da parte dell’Unione europea, del titolo di “Specialità tradizionale garantita” STG per i “vincisgrassi alla maceratese” ha attirato l’attenzione di molti italiani ma anche di tanti turisti stranieri su questo antichissimo piatto della tradizione maceratese.
È proprio per ottenere il titolo di STG che la Delegazione di Macerata dell’Accademia Italiana della Cucina e l’Associazione cuochi della provincia di Macerata “Antonio Nebbia” sono andati alla ricerca delle antiche origini di questo piatto. Si è accertato così che quando Antonio Nebbia nel 1779 aveva pubblicato il volume “Il cuoco maceratese” descrivendo la “salsa per il princisgras” non aveva “scoperto” nulla di nuovo. Infatti ne abbiamo trovato tracce nel volumetto “Gastronomia umbra del ‘700”, con sottotitolo “Frittate e piatti d’uova”, pubblicato nel 1975 dallo studioso Salvatore Pezzella. Si tratta di una raccolta di ricette scoperte in un volume (datato negli anni 1760/61) nell’archivio storico della biblioteca comunale di Assisi.
Tra le altre c’è una ricetta dal titolo “Piatto d’uova in ‘Princisglasses’”, con il significato “alla principe di Galles”. Si tratta di “uova bazzotte” (lessate ma lasciando il tuorlo semiliquido) condite con una salsa a base di farina, latte, tartufi a fettine, 30 g. di burro e 55 g. di parmigiano. Questa salsa è quasi identica a quella che troviamo appunto nella ricetta che il Nebbia chiama “salza per il princisgras” i cui ingredienti principali sono latte, farina, tartufi a fette, panna fresca, però con l’aggiunta di prosciutto a dadini. Non mancano né burro nè parmigiano perché il Nebbia li aggiunge quando si condiscono gli strati di pasta. D’altra parte la conferma dell’origine umbra di questa salsa ci viene dal fatto che il Nebbia, nell’edizione del 1786, nel capitolo “De’ piatti d’uova”, riporta la ricetta “Piatto d’uova in princisgras” che è identica al “Piatto d’uova in ‘Princisglasses’” del ricettario della Biblioteca di Assisi.
Ma ad Antonio Nebbia non piaceva la dizione “alla principe di Galles” preferendo “princisgras” a significare forse: “piatto grasso per il principe” oppure “principe dei piatti di grasso”. Come più tardi ci ha spiegato lo studioso Giovanni Ginobili, è stato facile per il popolo trasformare la “p” in v” e il nome è diventato “vincisgrassi”.
Questa lasagna ha avuto vari miglioramenti fino a quando il cuoco Cesare Tirabasso, nel volume “La guida in cucina” del 1927, fissa le basi della ricetta con l’inserimento di salsa di pomodori, besciamella, Marsala (nella sfoglia e nel sugo), fegatini di pollo, petto di pollo, vitello, animelle di agnello, panna, funghi e tartufo (precisando “se ne avete”). Ricetta che dal 1927 ad oggi ha subito qualche variante come l’inserimento del vino cotto al posto del Marsala, l’eliminazione dei funghi e delle animelle di agnello ecc.ecc. Ciò ha consentito di presentare all’Unione europea una ricetta nutriente, ricca di sapori e profumi, molto gradevole e appetitosa, con caratteristiche organolettiche specifiche dei “Vincisgrassi alla maceratese”. E questo garantisce ogni confusione con qualsiasi altra lasagna.