La vita di un adolescente è un caleidoscopio di frammenti. Prospettive divergenti, ipotesi contraddittorie e ingovernabili dalla quali cercare di emergere con un proprio progetto: ogni esperienza può condurre a una possibile biforcazione. Secondo la teoria matematica del caos, una biforcazione rappresenta una condizione di instabilità da cui possono emergere nuove forme di ordine.

Proprio il concetto di biforcazione offre una delle possibili chiavi di lettura del nostro tempo: in continua fibrillazione, insicuro e vitale, come il mondo di un adolescente. La crisi pandemica e la guerra in Ucraina, con il conseguente terremoto del quadro politico internazionale, rappresentano solo gli ultimi tra gli shock planetari che si sono succeduti negli ultimi anni, e che hanno affossato definitivamente l’equilibrio precario conosciuto con il nome di “globalizzazione”. Un equilibrio basato sulla fiducia incondizionata per le leggi di mercato, sullo sfruttamento estremo delle risorse disponibili, sulla enfatizzazione di valori riconducibili ad un forte individualismo. Ci troviamo dunque ad un punto di snodo, un cambio di scenario per il quale Mauro Magatti, sociologo ed economista, suggerisce il nome di “Supersocietà” (titolo del saggio di recente pubblicazione, scritto insieme a Chiara Giaccardi). Il prefisso “super” sta ad indicare una complessità inedita, determinata dalla crescita esponenziale di tre fenomeni: la pervasività della rivoluzione digitale, la drammaticità della crisi ambientale e le sue necessarie contromisure, la possibilità di intervenire sulla stessa biologia umana nel tentativo di potenziarla.

La domanda che dobbiamo porci è la seguente: come usciremo da questo snodo magmatico? Il pericolo è che, per affrontare con efficacia sfide di questa portata, si faccia ricorso ad una accentuata verticalizzazione della società e delle sue istituzioni, a discapito delle libertà individuali. Con la conseguenza inevitabile di determinare un aumento delle tensioni a livello geopolitico, favorendo dinamiche di esclusione sociale.

C’è però un’altra possibilità: uscire da questa crisi puntando tutto sulla responsabilizzazione delle persone e sulla qualità delle relazioni, sulla cura invece che sullo sfruttamento. Investire in maniera massiccia sulla scuola, le organizzazioni, i territori. «Bisogna passare a un nuovo modello socio-economico rigenerativo e circolare – ha affermato Andrea Illy, industriale, al recente festival dell’Economia di Trento –. Il paradigma estrattivo e lineare, che continua ad esaurire risorse naturali e produrre residui che si accumulano nell’ambiente con effetti devastanti è strutturalmente insostenibile e superato». Allo stesso festival è intervenuta anche

Jody Williams, premio Nobel per la pace nel 1997: «Qualcuno si sente più sicuro con le armi nucleari, noi invece ci sentiamo sicuri con una buona istruzione, sanità migliore, cibo per chi muore di fame e vaccini più efficaci». Come usciremo, dunque, dalla supersocietà e dalle sfide che essa ci lancia? Ne usciremo solo insieme, tessendo relazioni, puntando sul pluralismo e la sussidiarietà. Gli strumenti digitali di cui disponiamo sono potenti come farmaci, e come tali vanno attentamente dosati. Abbiamo bisogno di donne e di uomini che diffondano prassi generative. E di adolescenti capaci di tuffarsi in un mare in tempesta, con l’incoscienza luminosa della loro scomoda età.

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