Sala piena ieri sera all’Ostello Ricci per la presentazione del libro “I miei sette padri” con Adelmo Cervi. Dopo i saluti di Piergiorgio Gualtieri, Presidente del Circolo Aldo Moro e il saluto da parte della Presidente dell’Anpi maceratese Chiara Bonotti e della Presidente dell’Anpi di Cingoli Alessandra Piccini c’è una bella introduzione affidata al giornalista Maurizio Blasi.

La parola passa ad Adelmo. Lui, il figlio di Aldo, quello forse più conosciuto. Aldo è uno serio, che quando fa una cosa, la fa bene e la fa fino in fondo: quando era cattolico praticante, responsabile della Gioventù di Azione Cattolica, era il primo ad arrivare in chiesa e a sbrigare le attività della parrocchia e sarà altrettanto serio anche quando dopo i tre anni di galera militare sofferti ingiustamente, “si è voltato” come diceva Genoveffa la mamma e la nonna di Adelmo. Serietà nello studio, nell’attività politica e infine nelle esperienze di lotta durante la Resistenza.

Adelmo ha parlato del suo dolore, di non averlo potuto conoscere davvero quel padre. Aveva solo 4 mesi quando i suoi vennero fucilati il 28 dicembre 1943. Un’eredità ingombrante la sua e sottolinea con forza che non avrebbe voluto di certo essere figlio di un mito o meglio del mito di una intera famiglia. Per questo ha deciso di scrivere ma di raccontare la storia di quegli uomini e donne in carne ed ossa che lottavano contro la povertà dei contadini di quel tempo e contro la dittatura fascista.

Quasi ottantenne Adelmo continua la sua battaglia per la Pace, la Libertà , la Democrazia e la Giustizia sociale e racconta della sua presenza alla manifestazione di Roma per chiedere la Pace e la fine della guerra. Continua sulla strada tracciata dal padre perché dice «C’è ancora tanto per cui lottare, in questo mondo». La storia di questa famiglia è nota ma in questo libro perdono l’alone di eroicità che li ha accompagnati per essere padre, fratello, zio in un percorso vissuto tra miseria, ingiustizie, ma anche pieno di solidarietà e voglia di riscatto. Adelmo scrive questo libro «per rivendicare di essere figlio di un uomo, non di un mito pietrificato dal tempo e dalle ideologie» ma anche per continuare a lottare oggi e dar voce ai poveri, contro le ingiustizie sociali, contro le discriminazioni, quei valori che sono stati il suo bagaglio culturale ma soprattutto umano.