Tante le donne che non fecero più ritorno. Di alcune conosciamo le storie e abbiamo letto i loro diari o le loro riflessioni, come Anna Frank, che finì la sua breve esistenza, ancora adolescente, ad Auschwitz nel 1945, e storie significative come quella di Etty Hillesum scomparsa, a neanche trenta anni, ad Auschwitz nel 1943.

Oggi abbiamo la fortuna di ascoltare le voci forti di due donne splendide come Liliana Segre e Edith Bruck che ci raccontano di quel tempo nero e ci chiedono di non restare Indifferenti alle atrocità di oggi.  Poi ci sono donne che dall’inferno uscirono ma sono rimaste silenziose o hanno parlato attraverso i loro libri e poi tante piccole e grandi storie particolari tra orrore e follia.

Sono storie che testimoniano e contrastano il Negazionismo dilagante e la rinascita di certe ideologie terrificanti. Storie come quella di Margarete Buber-Neumann che viene arrestata in Unione Sovietica e passa anni nei gulag staliniani perché accusata di trotzkismo. Nel 1940 fu consegnata ai nazisti nel quadro dell’alleanza russo-tedesca. Sopravvisse e lasciò testimonianza nel suo libro “Prigioniera di Hitler e Stalin” indicando a tutti come le dittature di uomini, malati di potere ed odio, sono pericolo costante per l’umanità.

L’unica donna tra i 16 ebrei romani sopravvissuti al rastrellamento e alla deportazione del 16 ottobre 1943 è Settimia Spizzichino (1921-2000). Quando viene catturata insieme alla famiglia ha 22 anni. Ad Auschwitz, Settimia supera la prima selezione, quella che sceglie chi va subito alle camere a gas e al lavoro coatto. Settimia viene destinata al laboratorio di Josef Mengele, il luogo dove qualsiasi esperimento è permesso e impunito. Sopravvive alla scabbia, al tifo e a tutte le altre malattie che le iniettano di proposito per sperimentare le cure. Settimia sopravvive anche alla marcia della morte dell’inverno 1945, e poi a una fucilazione di massa, nascondendosi per giorni sotto alcuni cadaveri. Il 15 aprile, quando viene liberata, è il giorno del suo compleanno. Nei primi anni, Settimia ha paura di parlare, non vuole ricordare quei posti. Ma lei, che nel laboratorio di Mengele ha pensato “Io ce la faccio”, non può lasciar correre certe frasi. “E tu come hai fatto a sopravvivere? Ti sei venduta?”.

Settimia diventa un’infaticabile testimone. Racconta la sua storia alle persone, ai media, alle scuole. Fa anche ritorno ad Auschwitz, più volte con le classi. Liana Millu, di famiglia ebraica, piccola perde la madre. Ama il giornalismo e scrive per il quotidiano livornese “Il Telegrafo”. Dopo il diploma magistrale, nel 1937 iniziò a insegnare nelle scuole elementari vicino Volterra, proseguendo l’attività giornalistica. È espulsa dall’insegnamento a seguito delle leggi razziali fasciste. Nel 1940, si trasferisce a Genova, dove lavora e continua a scrivere. Dopo l’armistizio di Cassibile partecipa alla Resistenza entrando nel gruppo “Otto” (dal nome del fondatore, il neuropsichiatra Ottorino Balduzzi), gruppo che aveva il compito di mantenere i collegamenti. A Venezia fu arrestata per la delazione di un fascista infiltrato. Dopo il campo di transito di Fossoli, fu deportata ad Auschwitz, poi trasferita a Ravensbruck e, di qui, al campo di Malkow, presso Stettino, per lavorare in una fabbrica di armamenti. Fu liberata nel maggio del 1945. Riprese a insegnare nelle scuole elementari e si dedicò, fin dal suo ritorno dalla prigionia, a testimoniare l’esperienza della deportazione fino alla sua morte.

Elisa Springer invece per 50 anni ha avuto paura di parlare dell’esperienza nei campi di concentramento, poi decide di raccontare tutto in un libro. Nasce a Vienna da una famiglia ebrea, vive fino all’adolescenza in una Vienna ricca di cultura. Con le violente persecuzioni razziali la sua famiglia viene arrestata, lei riesce a rifugiarsi a Milano. Sopravvive con le traduzioni, poi è tradita da una donna, spia fascista e viene arrestata nel 1944. Detenuta nel carcere di Milano è deportata nel campo di concentramento di Auschwitz nel 1944. Immatricolata con il n. A-24020, riesce a sopravvivere alle terribili condizioni di vita dei campi. A Bergen-Belsen conobbe personalmente Anna Frank. Trasferita infine a Terezin viene qui liberata il 5 maggio 1945. Nel 1946 si trasferisce definitivamente in Puglia con il marito. Grazie all’aiuto del figlio Silvio uscì per la Marsilio editore il libro testimonianza “Il silenzio dei vivi”.

Quando i Tedeschi invasero la Polonia, nel 1939, Dorotka (Dora) Goldstein Roth e la sua famiglia fuggirono a Vilnius, in Lituania. Più tardi, quando la città fu a sua volta occupata dalle forze tedesche, il padre di Dora rimase ucciso e il resto della famiglia venne confinato nel ghetto della città. Dora, sua sorella e sua madre furono poi deportate nel campo di Kaiserwald, in Lettonia, e successivamente nel campo di concentramento di Stutthof, vicino a Danzica dove vi morirono. Dora, nonostante fosse stata ferita subito prima della liberazione, riuscì a sopravvivere. Come Anna Frank è olandese e come lei ha scritto un diario ritrovato da poco.

Lei è Carla Simons di origine ebraica, vive l’infanzia ad Anversa poi di nuovo ad Amsterdam dove era nata il 29 aprile 1903. All’Università si specializzerà in lingua e cultura italiana. È del 1926 il suo primo romanzo a cui altri faranno seguito. Durante la Seconda Guerra Mondiale vive con la protezione del prof. Romano Guarnieri, di cui fu allieva e compagna. Dopo l’occupazione nazista dei Paesi Bassi Adolf Eichmann ordina personalmente il suo internamento ad Auschwitz, dove muore nel 1943. Di lei è appena uscito: La luce danza inquieta. Diario 1942-1943 dopo che è stato trovato l’originale.

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