Il tema della Giornata Mondiale del Malato dell’11 Febbraio fa riferimento al passo del Vangelo in cui si narra che un gruppo di amici di un paralitico, pur di potergli assicurare la guarigione, non avendo la possibilità di introdurlo nella casa dove si trovava Gesù per la folla che impediva loro il passaggio, riuscirono a scoperchiare il tetto nella parte centrale, facendo poi scendere il malato proprio davanti al Signore.

Qualcosa di analogo si è verificato presso l’Istituto “Santo Stefano” di Porto Potenza Picena, dove dal 1979 vive Antonio Sanapo, un uomo affetto da tetraparesi spastica distonica, patologia che gli impedisce movimenti e linguaggio controllati, obbligandolo ad avere un’esistenza arida di relazioni sociali ed umane. Anche per lui, come per il paralitico del Vangelo, si è aperta una viuzza che, piano piano, è divenuta una porta aperta.

È accaduto che un gruppo di volontari (del CVS, dell’Avulss e dell’Unitalsi) insieme a diversi elementi del Personale dell’Istituto, a forza di incontrarlo e di sforzarsi di “interpretare” le sue emissioni gutturali, sono riusciti a “tradurre” le sue parole e quindi hanno compreso che Antonio aveva elaborato (e continua a farlo) durante le sue prolungate meditazioni, poesie e piccoli saggi.

Sanapo, appartenendo al Centro Volontri della Sofferenza fin da ragazzo ed avendo dunque abbracciato la spiritualità del beato Luigi Novarese per la valorizzazione e l’evangelizzazione del mondo della sofferenza e della malattia, ha sempre offerto i suoi tanti momenti bui per la conversione dei lontani e per il sostegno dell’attività apostolica della Chiesa.

Gianni Scortichini, coordinatore dei volontari

Dopo decenni di questa travagliata esistenza, ecco il concretizzarsi di un’aspirazione che era rimasta sempre depositata in fondo al cuore di Antonio: realizzare una pubblicazione con una selezione dei propri scritti. E a questo punto che sono entrati in azione i tanti volontari, capeggiati da Gianni Scortichini, che hanno contattato Romolo Sardellini, un giornalista che fa parte dei Silenziosi Operai della Croce, un’Associazione fondata anch’essa dal beato Novarese, per chiedergli di riordinare la produzione di Sanapo in vista dell’eventuale stampa.

E così è stato: dopo mesi di lavorio e di limatura, dopo aver raccolto una biografia di Sanapo ed avere ricostruito storicamente la presenza del CVS nel “Santo Stefano”, nonché reperito una serie di foto e di documenti, tutti i tasselli del mosaico sono stati messi nel posto giusto ed è stato stampato (Edizioni Simple di Macerata) “Incontro all’Infinito”.

Nella contro-copertina intitolata “dal pozzo di Antonio” si mette in risalto (come più volte ha notato lo stesso papa Francesco) che spesso coloro che vengono considerati “scarti” dalla società, racchiudono nella loro anima ricchezze spirituali importanti, non solo per la loro esistenza, ma anche per coloro che ruotano intorno ad essi.
La realizzazione di questo libro – aspetto che preme sottolineare – evidenzia anche un altro concetto: l’amore evangelico per il prossimo che si sostanzia nel lavoro svolto dai Volontari per concretizzare l’aspirazione di Antonio. Loro hanno “incarnato” le sue problematiche, hanno “scoperchiato il tetto” della casa dove si trova Gesù. E ciò diviene testimonianza attiva del Vangelo e dimostrazione, in una società sempre più orientata all’egocentrismo, che scegliere di percorrere, controcorrente, la via della solidarietà porta risultati concreti, sia dal punto di vista umano, sia dal punto di vista spirituale.

Un’ultima nota: il beato Novarese ha sempre detto ai malati (e proprio da qui è partita l’adesione convinta di Sanapo al CVS) che loro non debbono essere solo i terminali della compassione altrui, quindi dei “soggetti passivi”, ma debbono diventare “soggetti attivi”, cioè lavorare all’interno della Chiesa e della società per portare, pur con i limiti fisici, il loro contributo alla costruzione del Regno. Come farlo? Semplice: una volta compreso che il dolore e la sofferenza “offerti” e vissuti in grazia di Dio, hanno un valore redentivo per sé e per gli altri, i malati possono diventare “catechisti” per gli altri malati o sofferenti e spiegare loro questa “vocazione particolare”.

Non solo, come dimostrato dalla vicenda di Sanapo, i malati che vivono questa spiritualità diventano anche testimoni del Vangelo per i “sani”, fino al punto di spingerli a “scoperchiare il tetto”. (R.S.)

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