A meno di un anno di distanza dalla nascita del Museo dell’Arte Recuperata (MARec), il nuovo museo diocesano dell’Arcidiocesi di Camerino e San Severino Marche, nato nel giugno del 2022, venerdì 14 aprile verrà presentato il volume dedicato alle opere del MARec, alla presenza dell’ Arcivescovo Mons. Francesco Massara nella sede del Museo MARec a San Severino Marche alle ore 17.00. A cura di Barbara Mastrocola, la pubblicazione è un percorso dentro le opere che sintetizza con immagini altamente evocative il senso di questo Museo, cioè quell’anelito di Rinascita che passa anche dal recupero delle opere d’arte, sorprendenti testimonianze dell’antica vivacità, anche economica, dei luoghi che oggi, soprattutto dopo le ferite del sisma, ad una superficiale lettura, ci apparirebbero un po’ emarginati rispetto allo sviluppo che, nelle terre marchigiane, sembra essere avvenuto solo nelle località costiere.

Il Museo ha sede nel palazzo vescovile di San Severino Marche che fin dal terremoto ha accolto circa 3500 beni culturali mobili delle chiese inagibili del territorio dell’Arcidiocesi di Camerino – San Severino Marche. Il MARec è una sorta di “casa temporanea” per i beni storici artistici recuperati dalle chiese dell’Arcidiocesi danneggiate dal sisma del 2016. Le opere d’arte hanno ritrovato finalmente una casa perché questo Museo non è solo un susseguirsi di sale, un posto dove conservare ed esporre dipinti e sculture, ma un luogo vero, dotato di una propria identità. I musei non solo custodiscono capolavori, ma ci raccontano esperienze e, spesso, sempre più spesso, sono essi stessi parte della storia. E la storia che qui abbiamo raccontato è quella delle nostre opere d’arte che, dopo un lungo percorso fatto di spostamenti, catalogazione, depositi temporanei, restauri, finalmente, ritrovano una casa in senso concreto, affettivo, culturale, una dimora dell’anima in attesa di ritornare nei luoghi d’origine.

Per questo è stato essenziale ricostruire il contesto in cui esse sono nate, perché ciò che resta non sono solo i tetti, ma anche affetti, vita vissuta, sogni. Sostanziale è stata, quindi,
la scelta di esporre le opere non in ordine cronologico o tipologico, ma per luogo d’origine, perché prima di tutto gli oggetti d’arte sono parte di un paesaggio collettivamente vissuto,
prima di essere oggetto di competenze erudite, e vivono solo se attorno c’è una comunità attiva. Il Museo ha riscosso l’apprezzamento sia di tanti studiosi, sia della comunità locale
entrambi hanno potuto godere della fruizione di opere che erano chiuse nei depositi fin dall’indomani del sisma. Il progetto museale contempla la creazione di un laboratorio di restauro per tavole, affreschi e sculture danneggiati dal sisma. Fino ad oggi il Museo è stato visitato da 8000 persone e nel luglio scorso il laboratorio di restauro ha ospitato la scuola di alta formazione dell’Istituto centrale per il Restauro di Roma.

Le opere esposte sono rappresentative della splendida arte sacra prodotta da queste terre e per queste terre tra il Duecento e il Settecento. La collezione, suddivisa in 13 sale,
ognuna delle quali prende il nome del luogo di provenienza delle opere, è composta da settanta pezzi in parte restaurati e altri in attesa di esserlo, per cui alcuni di quest’ultimi sono esposti ancora con le velinature apportate nel momento del trasferimento dalle chiese.

Tra i pezzi che caratterizzano l’esposizione sicuramente risaltano le statue lignee rinascimentali di altezza intorno al naturale lavorate in un unico tronco di pioppo o salice o noce salvo il ginocchio o il braccio sporgente che vengono inseriti a parte. Sculture in legno non molto considerate per una certa durezza di lineamenti, certe gote violentemente arrossate più che sfumate, una cura generale semplicistica, ma qui a San Severino Marche c’è da ricredersi per certe finezze naturalistiche del corpo umano. Non solo i muscoli della bocca, le masse muscolari, le pieghe dell’adipe, ma le eccezionali reti di vene sulle gambe, le braccia, il torace di Cristo Crocifisso e dei San Sebastiano. Tra i più pregevoli il San Sebastiano del 1490 proveniente da una frazione di Caldarola, Valcimarra. Infine un autentico gioiello è la tavola di Lorenzo d’Alessandro del 1491 conosciuta come Madonna del Monte che fonde finezza gotica e plasticità mediterranea.

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