Cooperative Learning, inclusione, tempo pieno, istruzione professionale, ricerca, insegnante facilitatore sono parole dell’oggi nella scuola. Sono anche parole che ci rimandano proprio a Barbiana dove l’insegnamento cooperativo era di casa, dove la classe era destrutturata, dove la priorità verso i più deboli aveva le sue fondamenta, dove l’officina era luogo di formazione e di aiuto, dove l’insegnante era un facilitatore.

A distanza di tanti anni la lezione profetica di Lettere ad una Professoressa trova valore pur nei cambiamenti sociali; cambiano i protagonisti ma rimangono ancora centrali i bisogni educativi. Provo ad immaginare don Milani oggi e lo vedo in mezzo a quei banchi a ferro di cavallo tra ragazzi con vari colori della pelle in una delle disagiate periferie delle nostre grandi città per donare quella “Parola” che può rendere liberi e dare dignità.  Lo immagino scrivere “Lettera ad un Ministro del Merito” per chiedere se lo Stato ha rimosso «gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese» come scritto nell’articolo 3 della nostra Costituzione. Lo vedo con il computer o con il cellulare educare alla lettura critica dei giornali e decodificare i messaggi che oggi attraverso la rete raggiungono tutti.

A Barbiana, il simbolo del metodo di Don Lorenzo è ancora lì vivo come il mio ricordo quando al Campo nazionale di Azione Cattolica a Prato, un giovane sacerdote di Fermo, laureato in psicologia e di quelli che si sporcavano le mani nelle fragilità delle vite giovanili, don Francesco Monti, recentemente scomparso, propose a me e ad una mia amica di Porto San Giorgio di andare, nell’unico pomeriggio libero che ci era stato concesso, a Barbiana.

Ero felice, avevo già letto Lettere ad una professoressa, Esperienze Pastorali e l’Obbedienza non è più una virtù, testi suggeriti da don Luigi Taliani, il nostro grande don allora Assistente diocesano dell’Acr e viceparroco della mia parrocchia di Santa Croce. Barbiana è una Frazione del Comune di Vicchio, si va verso Borgo San Lorenzo dopo un breve percorso su strada asfaltata si raggiunge Barberino di Mugello, lungo la strada si nota un piccolo cartello stradale scritto a mano e l’indicazione Barbiana. La strada è imbrecciata stretta e tortuosa, prima degli ultimi chilometri si decide che forse è meglio andare a piedi visto che è sempre più in salita, stretta e scomoda. Adesso vi hanno fatto dei percorsi anche se per gli ultimi tre chilometri si consiglia di andare a piedi. Si può immaginare come poteva essere ai tempi di Don Milani senza acqua ed elettricità, stringe il cuore al pensiero di come abbiano potuto punire così un giovane sacerdote che aveva come suo dato morale essere testimone del Risorto abbracciando gli ultimi, i più poveri.

Per i cristiani don Lorenzo è soprattutto un testimone autentico di Gesù e del messaggio evangelico come nel Duecento lo fu Francesco d’Assisi. Per tutti gli altri, Milani rappresenta soprattutto un altro modo di fare scuola. Da una piccola finestra della canonica è affacciata Eda fedele perpetua e sorella che lo seguì fino alla morte. La incontriamo con una emozione infinita e le chiediamo di vedere la scuola. Entriamo in quello stanzone, I CARE il cartello con il suo famoso motto è affisso su una porta, stampe dei suoi scritti e un simbolo significativo di una scuola diversa a quel tempo: il grande tavolone di legno fatto dagli stessi scolari, anzi dai “ragazzi”. Didattica senza banchi, tutti intorno a un tavolo. Un modello di scuola dove si lavorava insieme su un testo, e sotto la guida, attenta e maieutica, dell’insegnante. Una scuola che si fondava sul fare esperienza e sulla conoscenza per formare adulti consapevoli. Un suo ex alunno in una intervista dirà che tre sono le cose fondamentali del suo insegnamento: «la coerenza tra quello che si dice e quello che si fa; l’amore per gli ultimi e l’importanza di lottare per il loro riscatto; il richiamo a non essere mai superficiali, ma ad approfondire sempre le cose. Barbiana è stata una vera e propria scuola di vita. Una scuola diversa, in cui era centrale l’esperienza, il partire dalla concretezza. Studiavamo le stelle e l’astronomia, ma l’astrolabio lo costruivamo noi, solo per fare un esempio».

È quello che la scuola ancora oggi non riesce a fare con una didattica ancora solo attenta al Programma, immersa nella burocrazia più che sulla ricerca di metodi e strategie per dare risposte alla vita reale. Una conoscenza che spesso non si lega alla vita, che fa ancora fatica ad accogliere le fragilità e a includere il disagio. Il metodo “Barbiana” è lontanissimo dalla retorica neoliberista della meritocrazia. Don Lorenzo pensa che «Una scuola che seleziona distrugge la cultura. Ai poveri toglie il mezzo d’espressione. Ai ricchi toglie la conoscenza delle cose» e «non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali», una scuola, la sua, che punta all’alfabetizzazione di tutti «La parola è la chiave fatata che apre ogni porta», una scuola che non mira alla creazione di una nuova classe dirigente, ma di una massa cosciente. Una scuola il cui fine ultimo è la formazione del cittadino sovrano di domani. Una scuola, invece la nostra, dove l’inserimento di ragazzi extracomunitari ha creato spesso problemi invece di essere una risorsa e ancora le sue parole a farci riflettere «Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri».

Una scuola e un metodo severo e radicale il suo dove i ragazzi erano impegnati tutto il giorno, tutti i giorni dell’anno, non c’era la ricreazione, considerata inutile e uno sperpero del tempo. Si praticava la tecnica della scrittura collettiva; si leggevano i quotidiani, si discutevano e si scriveva insieme il commento. Erano previste conferenze e incontri settimanali con sindacalisti, politici, intellettuali. I primi a porre domande agli intervenuti dovevano essere i più semplici. Un insegnamento volto a compensare quelle differenze di classe che nella scuola pubblica italiana avevano fortemente penalizzato i ragazzi più poveri e provenienti da contesti di disagio. Barbiana era una scuola totale, un impegno volto all’emancipazione a alla realizzazione dell’uguaglianza.

Di una rilettura aggiornata di don Milani c’è bisogno anche oggi, ha ancora tanto da suggerire per rendere efficace e formativa la Scuola Italiana che ancora si divide in scuole di serie A e di serie B, dove, pur a parità di stipendio, c’è il discrimine tra l’insegnante di liceo e quello di un professionale come se questa fosse la misura di un valore, dove ancora fa fatica a farsi strada che non c’è antitesi tra cultura classica e cultura scientifica e tecnica. Nella rilettura di Don Milani forse si riuscirebbe a mettere definitivamente fine alla cultura di gentiliana memoria ed entrare veramente nel nuovo Millennio anche nella scuola.

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