In questi giorni molte persone mi hanno chiesto una dichiarazione o di prendere una posizione ufficiale in riferimento al Family Day, il raduno del 30 gennaio che ha come obiettivo almeno la modifica, se non il ritiro del DDL Cirinnà.

Per questo mi sono deciso a scrivere, ma vorrei evitare che qualcuno prendesse le mie parole come una via facile per scaricarsi della responsabilità seria di discernere in coscienza ciò che è bene, un dovere personale di ogni cristiano. Quello che ho capito e che condivido di cuore del progetto di Papa Francesco per la Chiesa Italiana, come mi è apparso chiaro nel maggio scorso e soprattutto nel suo discorso che ho udito a Firenze, è che il Pontefice punta a responsabilizzare i laici e le loro aggregazioni, che dovranno imparare a essere un po’ meno clericali. Diceva alla CEI a Maggio 2015: «I laici che hanno una formazione cristiana autentica non dovrebbero aver bisogno del vescovo pilota, o del monsignore pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo». Perciò sta ai laici curare «la capacità di incontro e di dialogo per favorire l’amicizia sociale» nel Paese. Ma questo, ha ribadito a Firenze, senza essere timidi nel difendere il popolo dalle colonizzazioni ideologiche. Bisogna «dare una risposta chiara davanti alle minacce che emergono all’ interno del dibattito pubblico: è questa una delle forme del contributo specifico dei credenti alla costruzione della società comune. I credenti sono cittadini».

Al vescovo compete leggere alla luce del Vangelo i segni dei tempi, per poi trovare insieme a tutti i cristiani e anche a tutti gli uomini di buona volontà, le vie giuste che realizzano il bene comune

Perciò lo schema secondo cui un vescovo dovrebbe pensare e decidere al posto del suo popolo, per guidarlo come fosse un esercito, non mi appartiene. Credo che a me competa leggere alla luce del Vangelo i segni dei tempi, per poi trovare insieme a tutti i cristiani e anche a tutti gli uomini di buona volontà, le vie giuste che realizzano il bene comune.
Prima di tutto cerchiamo di guardare ai fatti. Il DDL Cirinnà in buona sostanza cerca di risolvere i problemi di un numero molto ridotto di italiani, che entro la loro unione dello stesso sesso vorrebbero godere dei diritti che la Costituzione riconosce alla famiglia e chiedono sia loro riconosciuto di poter avere anche dei figli, con inseminazione artificiale o “utero in affitto”, poiché non sono in grado di generarli naturalmente.

Noto senza polemiche il fatto che, per accontentare questa richiesta, si impegna a lungo la macchina legislativa dello Stato, facendo ritardare la soluzione di problemi che riguardano tantissimi italiani e sembrano molto più urgenti: il lavoro, la sanità, l’ambiente, la sicurezza…

La problematica è vista poi tutta dal punto di vista del desiderio di questi singoli. Si parla molto di rivendicazione di diritti e poco di assunzione di doveri verso la società. Non si tiene in alcun conto il bene di un bambino che deve nascere, né la squallida realtà dell’utero in affitto che avvilisce la dignità della donna sfruttando le più deboli e le più povere.

In questa legge si guarda tutto dal punto di vista del desiderio di singoli. Si parla molto di diritti e poco di doveri

Questo mi fa dire che il DDL Cirinnà nasce da una visione della vita sociale che non condivido, proprio alla luce del Vangelo. La diversità sessuale è infatti un dono di Dio e una ricchezza. La differenza complementare di padre e madre, secondo la maggioranza degli psicologi, aiuta i figli a crescere ricevendo stimoli preziosi e attenzioni più grandi. Il legame tra madre gestante e figlio è tanto profondo che le emozioni o i traumi della donna segnano nel bene e nel male la psiche del feto per tutta la vita dopo la nascita. Quella e solo quella è la sua madre naturale ed è scritto indelebilmente nel suo DNA e nel suo intimo, tanto che nel tempo per molti bambini adottati la ricerca della madre naturale diventa un imperativo intimo che segna la vita. Con queste cose non si scherza, se non si vuol creare in futuro una quantità di sofferenza innocente difficilmente immaginabile!

La famiglia che genera figli, li alleva e costruisce un ambiente sociale sereno e attento ai malati e agli anziani merita di essere tutelata, distinta e privilegiata su ogni altra unione

La mia domanda semplice è: come risolvere i buoni desideri di mutuo soccorso e di rispetto della vita e delle inclinazioni sessuali delle persone, nell’attenzione primaria ai più deboli e in una logica di bene comune? Il DDL Cirinnà mi sembra una legge i cui vizi originari le impediscono di rispondere a questa domanda. La si potrà migliorare? Non sono un tecnico in grado di elaborare una risposta certa, ma ho i miei dubbi. La si potrà sostituire con una legge sulle unioni civili che non accontenti tutte le richieste dei gruppi LGBT, ma cerchi di fare qualcosa di buono e saggio, nella tutela anche delle persone con diversi orientamenti sessuali? Penso di sì, ricordando che nella vita sociale ci sono diritti e doveri e che si riceve anche in base al bene che si produce. Una famiglia che genera figli, li alleva e costruisce un ambiente sociale sereno e attento ai malati e agli anziani, immette nella vita sociale una somma di beni così grande che merita di essere tutelata, distinta e privilegiata su ogni altra unione, per restituirle almeno un po’ di ciò che dona all’intera società. È questa la lezione ancora attuale della nostra Costituzione.

Manifestare “contro” qualcuno è poco evangelico. Confrontarsi con chi è in buona fede è sempre positivo

Manifestare “contro” qualcuno mi sembra poco evangelico. Scendere in piazza per difendere i valori, i piccoli, i deboli chiedendo che si facciano leggi giuste e sagge mi sembra una cosa buona non solo per i credenti, ma per tutti gli uomini di buona volontà.
Se c’è qualcuno verso il quale sono sicuramente “contro”, sono quelli che da una parte e dall’altra pensano di strumentalizzare un tema così serio per guadagnare visibilità pubblica e consenso politico a buon mercato. Se tali persone esistono, sono certo che ne renderanno conto a Dio.

Verso tutti gli altri, purché in buona fede, sono aperto al confronto in un dialogo le cui regole ha tracciato Papa Francesco sempre nel discorso di Firenze:«Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria “fetta” della torta comune. Non è questo che intendo. Ma è cercare il bene comune per tutti. Discutere insieme, pensare alle soluzioni migliori per tutti. Molte volte l’incontro si trova coinvolto nel conflitto. Nel dialogo si dà il conflitto: è logico e prevedibile che sia così. E non dobbiamo temerlo né ignorarlo ma accettarlo. “Accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo” (Evangelii Gaudium, 227)… Ricordatevi inoltre che il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà. E senza paura di compiere l’esodo necessario ad ogni autentico dialogo».

+ Nazzareno Marconi

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