Nel pieno del Giorno della Memoria, in cui risale alla gola la drammaticità del male di cui la storia, anche attuale, si macchia indelebilmente, mi sono sorte alcune riflessioni che mi distolgono dalla rabbia verso i colpevoli e dalla disperazione per la mia incapacità.

Fiorella e Angelica Calò
Fiorella e Angelica Calò

Mi permetto di esternare questo percorso che mi insiste in testa: da un lato le immagini tremende che molti video ripropongono dell’apertura dei campi di concentramento; dall’altro i colori e i sorrisi di molti giovani, su un palcoscenico. Sono i volti della Compagnia dell’Arcobaleno, provenienti da Israele, guidati da Angelica Calò, così come li ricordo in un stessa ricorrenza qualche anno fa, nel 2007, a Tolentino (invitati dal Circolo Colsalvatico), mentre danzano e recitano il dramma di Anna Frank, Ann  in the sky, da loro stessi rielaborato. Si tratta di assistere, parallelamente, alla tragedia e al suo stesso superamento già nella rappresentazione, grazie alla presenza sul palco, fianco a fianco, di ragazzi ebrei, palestinesi, arabi, cristiani, musulmani.

La Calò, con loro, non presenta tanto il dramma vissuto dai padri e dai nonni, piuttosto è l’avvio di un cammino che fa immaginare come il male non sia la sola possibilità per l’umanità. Angelica è la figlia di Fiorella, bambina di 7 anni nell’ottobre del 1943, scampata con altri quaranta ebrei romani al rastrellamento ed internamento nei campi di sterminio. “Vedi Angelica – le aveva detto – oggi siamo diventati 350, un piccolo popolo”, raccontandole di come qualcuno li aveva accolti, protetti e nascosti insieme agli altri.

Tullio Colsalvatico negli anni Quaranta
Tullio Colsalvatico negli anni Quaranta

Tullio Colsalvatico, uno dei tanti Giusti fra le Nazioni scoperti negli anni, aveva loro trovato nascondiglio nelle nostre montagne intorno a Fiastra: documenti falsi, cibo (sordo ai richiami del Comune che gli chiedeva la ragione del consumo di tanta farina, essendo solo con la moglie Cersinda). Un fatto di cui Colsalvatico mai parlò, scoperto a oltre 25 anni dalla sua morte, perché gli bastava il riconoscimento che poteva dare a se stesso di essersi comportato da uomo (una storia che forse varrà la pena ricordare con più dettaglio in futuro, anche in questi spazi).

Di fronte alla Shoah non mi basta il giudizio netto e inequivocabile sui responsabili storici. Non tutti furono così. Non tutti cedettero all’indifferenza. Pochi forse, ma sufficienti a rompere il buio totale, si mossero. Così come quei ragazzi di Israele non hanno ceduto alla frattura imposta al loro cuore, il quale desidera il bene per sé e per gli altri.

il documento che Tullio Colsalvatico procurò per Cesare di Tivoli, ebreo, padre di Fiorella Calò, con nome e provenienza falsi
Il documento che Tullio Colsalvatico procurò per Cesare di Tivoli, ebreo, padre di Fiorella Calò, con nome e provenienza falsi

Si sono messi insieme ai “nemici”. Hanno costruito un’esperienza “corale”, di pace. Non mi basta il giudizio netto e inequivocabile sui responsabili storici perché “non è difficile essere come loro… “. Quasi martellanti le parole di Claudio Chieffo nella sua Nuova Auschvitz, che aprono al grido consapevole della possibilità del male (“la banalità del male” della Arendt), se il mondo che costruiamo risponde solo alla nostra idea, al nostro progetto.


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