Le ragioni del SI e quelle del NO. Cosa avviene in caso di vittoria dell’uno o dell’altro o nel caso non venga raggiunto il quorum? Una spiegazione in pillole.

Il quesito del referendum trivelle del 17 aprile prossimo è piuttosto tecnico, e questo potrebbe scoraggiare il voto. Ma, anche alla luce di quanto affermato dalla CEI sull’importanza che «la questione ambientale sia dibattuta per favorirne una soluzione appropriata alla luce dell’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco», occorre tener presente che «gli slogan non funzionano» e che il quesito referendario punta a una scelta di campo in tema di energia. Questo referendum ha una rilevanza politico-sociale, riguarda la questione ambientale e quindi riguarda tutti.

Le ragioni di chi è a favore del SI: Secondo i vari comitati “No-Triv”, appoggiati dalle nove regioni, tra cui le Marche, che hanno promosso il referendum e da associazioni ambientaliste come il WWF e Greenpeace, le trivellazioni andrebbero fermate per evitare rischi ambientali e sanitari. Gli aderenti ai comitati per il SI hanno sostenuto che le piattaforme e le trivellazioni recherebbero danno anche al turismo. Fermo restando che le nuove trivellazioni e la costruzione di altre piattaforme sono già vietate per legge, votando SI al referendum verrà impedito lo sfruttamento delle trivellazioni già esistenti. I comitati per il SI sostengono che un disastro ambientale in caso di gravi malfunzionamenti di uno degli impianti sia comunque possibile. Se al referendum del 17 aprile vincesse il SI, entro alcuni anni le concessioni verrebbero a scadere e pertanto l’attività estrattiva verrebbe a cessare.

Cosa succede in caso di vittoria del SI: Una vittoria del SI al referendum impedirà l’ulteriore sfruttamento degli impianti già esistenti. Tale vittoria avrebbe un effetto politico e simbolico ben più forte dello specifico referendario, spingendo la politica a fare quei passi verso le energie rinnovabili che in altri Paesi europei sono stati fatti negli anni passati e che in Italia sono al palo, o quasi.

Le ragioni di chi è a favore del NO: Secondo le associazioni e i comitati in difesa del NO, l’Italia sarà poi costretta (nel caso di vittoria del SI) ad importare dall’estero il petrolio e il gas che estraiamo dalle trivellazioni oggetto del referendum. Inoltre ritengono che non c’è pericolo ambientale nelle località dove sussistono le trivelle. C’è un’altra obiezione, più generale, che i sostenitori del NO (o del mancato quorum) avanzano. È quella del fabbisogno energetico. Le trivellazioni nel mare italiano, in particolare quelle entro le 12 miglia oggetto del referendum, estraggono principalmente gas metano coprendo circa il 10% del fabbisogno nazionale. In misura minore si estrae petrolio. In prospettiva anche i sostenitori del NO auspicano la crescita dell’utilizzo delle energie verdi ma nel frattempo, a loro avviso, non si può rinunciare a quello che abbiamo. Andrebbe sostituito da corrispondenti importazioni.

Cosa succede in caso di vittoria del NO o del mancato raggiungimento del quorum: Con l’eventuale vittoria del NO o il mancato raggiungimento del quorum (cioè se non partecipa al voto almeno il 50% più uno dei cittadini elettori aventi diritto), la legge attualmente in vigore non sarebbe abrogata e le attività di ricerca ed estrazione non avrebbero una data di scadenza certa, ma potrebbero proseguire fino all’esaurimento dei giacimenti interessati. Le concessioni attualmente in essere avevano una durata di trent’anni con la possibilità di due successive proroghe, di dieci e di cinque anni che, in caso di vittoria del NO, potrebbero essere concesse, prolungando così il periodo di attività delle trivellazioni.

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