di Giacomo Alimenti

Chiesa prepositale parrocchiale di San Salvatore in San Giovanni. Per i maceratesi: “la Collegiata”. Un titolo impegnativo, certo, quello che si deduce dalle carte d’archivio, ma anche rappresentativo di una storia lunga oltre sette secoli. Risalgono infatti alla metà del XIII secolo le prime attestazioni di un tempio dedicato a San Giovanni, all’incirca sul sedime di quello attuale.

«Dell’ospedale annesso, tenuto dai Gerosolimitani – afferma Mariella Troscè, da mesi impegnata insieme ad Ivano Palmucci nello studio storico della fabbrica – si ha nozione fin dal 1232». Il 31 agosto 1561 il complesso fu affidato alla Compagnia di Gesù da Pio IV, atto poi confermato da Pio V con bolla del 17 gennaio 1565. Ai Gesuiti si deve, tra l’altro, l’istituzione della Congregazione dei Nobili, deputata all’esposizione del Santissimo Sacramento in chiesa negli ultimi tre giorni di Carnevale. Il loro oratorio, pur trasformato, permane tuttora: è l’odierna Sala Castiglioni della Biblioteca Comunale “Mozzi-Borgetti”. Così come si conservano le cappelle dei Mercanti e degli Artisti sotto San Giovanni e dei Contadini preso la Piaggia della Biblioteca, che presto torneranno a servizio della Città.

Il 12 marzo dell’Anno Santo 1600 la svolta: sui disegni del padre barnabita Rosato Rosati si diede avvio alla costruzione della nuova chiesa: il governatore della Marca cardinale Ottavio Bandini arcivescovo di Fermo pose la prima pietra. I lavori durarono oltre centocinquant’anni: nel 1762, finalmente, si chiuse la cupola, benché la chiesa fosse già stata solennemente consacrata l’11 agosto 1721 per le mani del vescovo di Macerata e Tolentino Alessandro Varano. Come ebbe a scrivere Raffaele Foglietti, «riuscì la più bella e più ricca che si abbia qui in Macerata, per marmi, decorazioni, pitture».

Presbiterio: apposizione di una benda in fibra di carbonio su di una lesione appena risarcita sul catino absidale
Presbiterio: apposizione di una benda in fibra di carbonio su di una lesione appena risarcita sul catino absidale

Chiusa ormai da alcuni anni, è attualmente in fase di restauro. «In realtà – riferisce il geometra Marco Mancini, titolare dell’Alma Restauri Srl di Tolentino – due sono i cantieri al momento attivi in San Giovanni. Da più di un anno eravamo impegnati col restauro della chiesa e dal mese di febbraio siamo a lavoro anche nei locali parrocchiali, dove abbiamo iniziato il recupero di un primo stralcio funzionale». E proprio il restauro della chiesa costituisce l’aspetto più delicato dell’operazione, come illustra il progettista e direttore dei lavori, l’ingegnere Francesco Losego di Belforte del Chienti: «Al di là dei danni seguiti agli eventi sismici che hanno interessato l’Umbria e le Marche tra il 1997 e il 1998, molti dei fenomeni di degrado, anche gravi, che affliggono la fabbrica sono da imputarsi in gran parte all’assenza di un piano di manutenzione organico e globale, che negli ultimi decenni ha pesato sull’immobile, rendendo necessario l’intervento di restauro. In tal senso quest’ultimo serve a poco, se fine a se stesso, ma acquista realmente valore nel momento in cui diviene propedeutico a un pieno utilizzo, programmatico e programmato, del bene in questione. L’esempio della vicina San Filippo mi sembra emblematico».

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Presbiterio: dettaglio degli angeli che sostengono il medaglio centrale, post operam

«Come abbiamo potuto riscontrare sui ponteggi – aggiunge Pierpaolo Mariani, che insieme a Mariapia Topa sta lavorando sul restauro degli apparati decorativi – la reiterata e prolungata percolazione delle acque meteoriche all’interno dello stabile e la conseguente imbibizione delle murature, aveva finito per dilavarle, sciogliendo spesso il legante contenuto negli intonaci e rovinando gli apparati decorativi. Questo processo si è rivelato particolarmente nefasto per la conservazione degli affreschi del Fanelli, ma anche pericoloso nel caso degli stucchi; gli elementi infatti, venuta meno la solidità degli intonaci, e dunque dell’adesione alle murature, per gravità di tanto in tanto precipitavano, con tutti i rischi che questo comportava».

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Cupola: dettaglio della colomba raggiata sul cupolino della lanterna, post operam

Perciò dal maggio del 2015 è iniziato il consolidamento delle decorazioni a stucco in corrispondenza della cupola emisferica, ora concluso. Questa, tra l’altro, è uno degli elementi caratterizzanti lo skyline di Macerata, tra le prime emergenze che scorge l’occhio di chi viene da Roma. «La soluzione concordata, in accordo con la committenza diocesana, con la Direzione lavori e con la Sovrintendenza competente – spiega Mariapia Topa – è stata di ancorare nuovamente gli stucchi alle murature portanti tramite barre di resina. Ogni elemento è stato così controllato e, dove necessario, vincolato. Scelte importati sono maturate anche in merito alle cromie della cupola, così come dell’intera chiesa».

In effetti San Giovanni sta cambiando pelle, o meglio, si sta riappropriando della facies “originale”. Interventi concentrati nella prima metà dell’800 per opera dei Canonici di San Salvatore, trasferitisi qui a seguito della soppressione napoleonica, ne avevano infatti snaturato l’aspetto settecentesco, pittando le pareti di celeste, chiudendo gli ingressi laterali sul presbiterio per collocarvi il coro per la recita dell’Ufficio Divino, o spostando l’organo in controfacciata. Il lavoro che si sta compiendo è volto, dove possibile, a recuperare la percezione della chiesa barocca. Ecco allora che sulla lanterna della cupola è riapparsa, ora policroma, la colomba dello Spirito Santo, coronata da una raggiera. In luogo del celeste sono riemerse due tonalità di grigio, una più scura ed una più chiara, mentre fasce e paraste sono tornate gialle, come dorate. Sofisticata anche la coloritura del presbiterio: non più il forte stacco tra lo sfondo e le figure plasmate, ma un tutt’uno quasi confuso, come a suggerire un’atmosfera sfumata, interrotta di tanto in tanto dall’irrompere subitaneo, come in un rapimento estatico, dei colori lucenti e caldi degli affreschi: rappresentazioni potenti delle scene dell’Apocalisse e della vita del Battista.

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Cupola: dettaglio della vela del re Davide, post operam

Attualmente si stanno concludendo le vele della cupola, in ognuna delle quali si osservano un Patriarca, un Evangelista, un Dottore della Chiesa d’Occidente e un Dottore della Chiesa d’Oriente.

«Attendiamo con una certa ansietà la riapertura della chiesa», ha dichiarato don Gianluca Merlini, parroco di San Giovanni. «La parrocchia, insieme alla Fondazione Carima, sta profondendo tutto il suo impegno affinché questo accada quanto prima. Ma il nostro desiderio è che tutto il complesso parrocchiale, certo in fasi successive, torni a servizio della comunità dei fedeli e della città tutta, certo in complementarità con la Rettoria di San Filippo Neri, nell’ambito dell’Unità Pastorale del Centro Storico. Questo recupero, ancora più ampiamente, si inscrive nel progetto del Distretto Culturale Evoluto “I Cammini Lauretani”, di cui la Parrocchia di San Giovanni è partner insieme a tanti altri soggetti afferenti al mondo ecclesiale come a quello civile».

Un obiettivo ambizioso, dunque, ma che costituirebbe il naturale completamento di Piazza Vittorio Veneto, su cui già affaccia la Biblioteca Comunale con le sue eleganti sale antiche e le sue pregevoli raccolte, il Palazzo Ricci col Museo dell’Arte italiana del Novecento e la Galleria dell’Accademia di Belle Arti di Macerata e, non ultima, la chiesa di San Filippo. Attendiamo, dunque.

Le immagini sono riprodotte  per gentile concessione dell’Alma Restauri Srl

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