Porto Recanati andrà al voto l’oramai prossimo 5 giugno. I tabelloni elettorali sfoggiano la lunga sequenza di candidati. Sei liste per un paese di 13mila abitanti. Se non venissimo da un anno di gestione commissariale e se l’atmosfera non fosse quella velenosa che invece si respira, si potrebbe pensare a un soprassalto di fervore democratico e partecipativo. Ma purtroppo nulla autorizza a coltivare pensieri positivi.

L’anno di tregua assicurato dalla gestione del commissario Passerotti non è bastato a stemperare ambizioni personali e rivalità, né è stato utilizzato per ritessere convergenze ed elaborare progetti che mirassero alla condivisione più vasta. Continua l’accanimento su posizioni particolaristiche e non affiora in nessuno la consapevolezza che il problema principale, a monte di tutti gli altri, è la frammentazione, l’arroccamento altezzoso e miope, l’indisponibilità a far passare in secondo piano il proprio interesse rispetto a quello della città.

Ciascuno presidia il proprio orticello senza neppure cercare di sollevare lo sguardo per valutare la possibilità di allargare orizzonti e costruire convergenze. Le lacerazioni e i personalismi continuano a imperversare lasciando ben poco spazio alla speranza che si giri finalmente pagina. Finora si è visto ben poco approfondimento dei problemi, non c’è confronto e ricerca di condivisione sulla base di progetti ragionati, seri, liberi da aspettative di tornaconti personali. Si va a un voto in cui, complice il sistema elettorale maggioritario applicato ai comuni fino a 15mila abitanti, ogni candidato sindaco e la rispettiva lista si giocheranno il tutto per tutto: chi prevarrà anche solo per un voto, incasserà l’intero piatto, 10 consiglieri. Le altre cinque liste si divideranno i rimanenti 6 consiglieri. E la prossima amministrazione quasi inesorabilmente sarà quindi espressione di una piccola frazione della cittadinanza.

A tutto ciò ormai, depositate le liste, non c’è rimedio. Tuttavia nulla vieta che la saggezza mancata finora torni ad affacciarsi, sia pure all’ultimo. Nulla impedisce che a partire da adesso si possa imprimere alla campagna elettorale una sterzata che le faccia imboccare una strada finalmente limpida e dalla quale vengano rimossi trabocchetti, volgarità, astio personale, egoismi. Nelle liste, grazie anche alla legge, sono numerose le donne. La loro presenza in politica si accompagna spesso a concretezza, generosità e sguardo rivolto al futuro: facciano sentire la loro voce pretendendo che si cambi registro e si lavori per un paese in cui ci si possa tornare a sentire tutti assieme comunità, a prescindere dalle simpatie per questa o quella parte politica.

Non sono pie illusioni e chiacchiere da ingenui che non sanno come “funziona” la politica. È l’idea di tanti che non si rassegnano a ridurre il confronto sulla gestione della cosa pubblica a una corrida, lasciando in secondo piano, quasi fossero dettagli trascurabili, la sostanza dei problemi e le idee per risolverli.

Alla fine, tutto sarà nelle mani degli elettori, nella speranza che il clima respirato non li induca a disertare le urne. Se l’insieme dei candidati è stato al di sotto delle aspettative, aumenta la responsabilità dell’elettorato “attivo”, cioè di chi andrà a votare. A loro spetta valutare e scegliere le persone, cercando quelle che diano speranze concrete di far ripartire la città, facendo crescere la coesione e la partecipazione. Serve una buona politica, fatta da gente per bene, disposta e impegnata a dialogare con tutti, anche con gli avversari, mai considerati nemici. Finora non si è fatto, ma questo è proprio il miglior motivo per cambiare strada. Solo così a vincere non sarà solo una lista ma, finalmente, tutta Porto Recanati.

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